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mercoledì 10 aprile 2024

Princess mod.152006 riparazione cestello per il pane

 ...e già che c'ero, dopo la rigenerazione della macchina del pane (Princess mod.152006), con sostituzione guarnizioni, boccole, perni, cinghia, rondelle in PTFE e riverniciatura della camera di cottura, mi viene proprio la voglia di raccogliere la sfida e riparare anche il cestello per la cottura del pane. 

Già, quello in dotazione è proprio andato, distrutto, disintegrato. Il perno che trascina la pala impastatrice si sfila da solo, il cestello perde e di utilizzarlo manco a parlarne... usuratissimo oltre ogni limite. Una rapida ricerca in rete e nessuno ad oggi sembra si sia cimentato a documentare la riparazione, per cui tocca mettere a frutto esperienza, manualità, fantasia e coraggio di affrontare anche questa sfida (senza tutorial come spesso mi accade), col rischio di rompere tutto e dover spendere circa più di trenta euri, per tre (tante sono le macchine da rigenerare e revisionare).


Fase 1 - rimuovere l'aggancio inferiore dal cestello. La parte inferiore del cestello del pane è fissata con tre rivetti a pressione, in alluminio e testa piatta. Con un flessibile, o con un rotary tool accessoriato con tanta pazienza, si lima la parte sporgente sino ad arrivare al supporto. Poi occorre riempire la parte interna con del materiale adatto a controbattere dei colpetti dati dalla parte opposta con un bulino. L'importante è evitare di tentare di far saltare i rivetti a martellate e deformare la base del cestello che è di lamierino sottile e deve restare piatta al fine di evitare poi infiltrazioni di liquidi che potrebbero fuoriuscire. 

 

 


Fase 2 - reperire i pezzi di ricambio. Qui sono stato abbastanza fortunato. Su ebai ho trovato un kit completo di pala, perno, guarnizione in silicone rosso, rondelle varie... ad un prezzo esagerato rispetto ai pezzi che si trovano in cina. Ho però preferito acquistare qui piuttosto che aspettare un mese e scoprire che magari i pezzi non vanno bene. Su aliexpress infatti la descrizione dei prodotti in alcuni casi non è poi sufficientemente esaustiva, si spende poco ma è facile ordinare qualcosa che poi si rivela non idoneo. 

Fase3 - pulizia della parte esterna del cestello. Questa operazione è facoltativa se si è sempre proceduto con un lavaggio accurato dopo ogni utilizzo. Da dire però che rimuovere ad ogni uso l'ingiallimento richiederebbe l'utilizzo in quantità industriale di prodotti che non si trovano poi così a buon mercato. Ho optato per una bomboletta di Fornet spray SCHIUMA. Si spruzza, si lascia agire e poi si strofina per bene, ripetendo eventualmente l'operazione se necessario più volte in caso di sporco ostinato. Con una spugnetta leggermente abrasiva si possono ottenere dei buoni risultati.

Fase 4 - riverniciatura (se necessario) del cestello. Per la parte esterna si può optare per la stessa vernice utilizzata per la camera di cottura, documentata nel post precedente. Per la parte interna (non necessaria nel mio caso) occorre procurarsi della vernice food grade, garantita per i contenitori destinati agli alimenti e contemporaneamente che resista ad alte temperature. Con un pò di pazienza si trova qualcosa ma dai costi non proprio accessibili.  


Fase 5 - rimontaggio dell'aggancio al cestello. Qui occorre stare un pò attenti a non fare il mio stesso errore. L'aggancio ha tre punti di fissaggio che però vanno correttamente allineati, altrimenti poi non si riesce più ad agganciare il cestello nella camera di cottura. Quindi, si posiziona l'aggancio dentro la macchinetta e si prova ad appoggiare il cestello per verificare se i fori sono allineati. Trovata la posizione corretta ci si segna la posizione con un pennarello e si procede con rimontare le parti di ricambio, posizionando correttamente le rondelle in PTFE, la rondella elastica in silicone rosso che poi fissa il perno trascina pala al corpo dell'aggancio. Non è obbligatorio ma io ho optato con stendere un sottile strato di grasso per alte temperature fra le parti in attrito, escludendo di lubrificare la guarnizione rossa che si trova più vicina alla base in prossimità del cestello destinato a contenere gli ingredienti... vorrei proprio evitare contaminazioni. Ho inoltre provveduto a stendere un abbondante strato di sigillane siliconico per le teste dei motori (tipo Motorsil) attorno al foro centrale ed attorno ai fori dei rivetti, in modo da assicurare la tenuta stagna della base del cestello. Si procede con il montaggio dei rivetti. Dopo averli inseriti occorre batterli con un martello in modo che la parte cilindrica si ingrossi un pò e non escano dalla loro sede. Occhio che sono molto teneri. Per farlo, occorre appoggiare l'interno su un qualcosa che fa da controbattuta, altrimenti si sfonda il cestello ed addio riparazione. ALTERNATIVA: tre bulloni M4 con testa svasata, preferibilmente in acciaio inox e tre dadi. stringendo molto bene e fare il modo che il silicone si appiattisca e sigilli per bene. In questo modo posso riparare e rigenerare infinite volte. Dimenticavo, la boccola in ottone dentro la quale gira il perno trascina pala impastatrice va sostituita con lo stesso sistema e stesso attrezzo autocostruito del post precedente.

Fase 6 - test di tenuta. Si riempie il cestello di acqua e lo si appoggia su della carta assorbente per mettere in evidenza eventuali perdite. Per essere sicuri si può procedere anche con inserire il cestello nella macchinetta ed avviare un programma per impastare e verificare la tenuta dell'anello in silicone nel quale gira il perno. Come scrupolo finale si procede con una simulazione di cottura (solo ACQUA), anche per "cuocere" il silicone e la vernice ed eliminare le ultime sostanze volatili (e pussolenti)

Fase 7 - festeggiamenti (solo in caso di esito positivo). Ci si dà delle pacche sulle spalle, ci si auto complimenta (tanto i proprietari non hanno idea che sei bravo), si riflette sul livello di autostima che sale verso vette sulle quali in pochi riescono a salire. A conti fatti per ogni cestello ho speso cica 10 euri, trenta in tutto, mooooolto meno dei quasi 100 euri che avrei speso prendendoli nuovi. 

Conclusioni: che dire? sono soddisfatto, ho accumulato ulteriore esperienza che credo non verrà mai utilizzata da quegli unani che preferiscono buttare e comperare il nuovo. Da dire che le macchinette per il pane riscuotono un certo successo per un breve periodo e spesso vengono riposte in qualche anfratto per pigrizia, dato che il pane lo trovi al supermercato, già cotto, pronto da consumare e dura mlto di più di quello fatto in casa (dio solo sa cosa ci mettono per farlo restare ancora morbido dopo 10 giorni). Se siete insoddisfatti della vostra o non utilizzatela, valutate di regalarla a me che so come usarle. Grazie in anticipo. Alla prossima. 

P.S. Le scarpe sono tutte destre, la camicia è asciutta da stirare. Ripeto: Le scarpe sono tutte destre, la camicia è asciutta da stirare.

Princess mod.152006 macchina per il pane (riparazione)


Più che di una riparazione, sarebbe corretto parlare di rigenerazione, ma veniamo alla cronaca dei fatti. Era il 26 febbraio 2018 quando scrissi della riparazione di una macchina per il pane (Princess Breadmaker Wake up modello 152006, da 600 watt e 09Kg di capacità a vasca singola). Qualche anno prima di quella data, l'utilizzatrice ne prese 3, in offertona, a meno di 50 euri cadauna (prezzo di soglia oltre il quale decise di non sforare). Quindi più di 5 anni di onorato servizio, molto intenso devo dire, con picco di utilizzo complusivo durante la maledetta pandeminchia. Usate, usatissime a tal punto che a Dicembre 2023) un paio hanno smesso di funzionare nell'arco di qualche giorno l'una dall'altra (Traggeddiaaaaa!!!). 

Dai sintomi, si capisce che è solo un problema di cinghia (il motore gira ma la pala resta ferma), per cui vale la pena di pensare ad una rapida sostituzione a costo contenuto e continuare a panificare come non ci fosse un domani (ma anche per pizze, dolci e yogurt). Ordino le cinghie di ricambio su ebai e tutto orgoglioso aspetto che arrivino...semplice no?

Sembra facile ma... le sorprese che rendono questo intervento un evento mitico ed epico non mancano. Porto le due creature morte nel "lavoratorio", un bunker segreto non segnato nelle mappe ed al riparo da occhi troppo indiscreti, ed armato di buona volontà inizio pian piano a smontarle. 



Smontaggio
: Per comodità e praticità, è meglio iniziare con togliere il coperchio. Dietro alla macchina c'è un copri cerniera, sfilabile facendo delicatamente leva con un cacciavite piatto. Poi si procede con togliere la parte metallica interna, così è possibile accedere anche al vetro ed alla finestrella di plastica trasparente per pulire meglio il tutto (occhio che il vetro non cada, potrebbe rompersi in quanto vetro temprato). Il coperchio così liberato viene via con facilità. In questo modo sarà più facile pulire perfettamente il tutto.


Rimozione vasca di cottur
a: Ci si concentra poi nel togliere la vasca di cottura, fissata alla base con 8 viti filettate più una che fissa la resistenza di cottura alla vasca. Non togliere la vite in prossimità della resistenza (dove entra verso l'elettronica di comando) in quanto è quella che tiene i fusibili termici all'interno e per rimetterla è necessario smontare completamente l'apparecchio. Se si osserva bene, la camera di cottura è costruita in modo da sfilarsi verso l'altro mentre la resistenza resta al suo posto.  Qui comunque iniziano i problemi. Anni di utilizzo scorretto hanno prodotto lo sversamento sul fondo di liquidi e farina che con il tempo, oltre ad arrugginire la lamiera, hanno prodotto una serie di incrostazioni sia sulla testa delle viti che attorno al perno con le 4 punte che fanno girare la pala del cestello. 


Quindi, prima di togliere le viti è opportuno procurarsi uno spazzolino cinese con le setole in ottone e tentare di togliere le croste e mettere in evidenza il doppio taglio della testa delle viti (a croce ed a taglio). Togliere quelle viti con la resistenza installata non è semplicissimo. serve un cacciavite adatto con un gambo lungo, superiore alla profondità della camera di cottura. Ad ogni modo si riesce a toglierle....sempre che le incrostazioni e la ruggine non abbiano fatto danni. Nel mio caso, un paio non sono proprio riuscito a toglierle ed ho dovuto limare la testa con una punta abrasiva del rotary tool. In prossimità del foro della vite c'è l'altro foro che si allinea con una piccola protuberanza della base su cui poggia la camera di cottura. Ho pensato di forare la base in corrispondenza della protuberanza e spostare la vite in quanto con la punta abrasiva è facile danneggiare la lamiera sottile. Pazienza, in ogni caso, anche se dovessero mancare un paio di viti non dovrebbero esserci problemi. 

La camera di cottura la si deve far scorrere verso l'alto e sfilarla completamente. Non è un operazione facilissima in quanto, essendo costruita con un lamierino abbastanza sottile, occorre evitare che si deformi incastrandosi, essendo la tolleranza quasi a zero (è fissata sotto, sopra non deve lasciare fessure). 


Sfilata la camera di cottura si passa col togliere l'involucro esterno, ricordandosi prima di sfilare il connettore del pannello frontale che alloggia i pulsanti ed il display. Poi si capovolge in tutto (con una pioggia di briciole carbonizzate) e si tolgono due viti di sicurezza con testa three wing ed altre tre con testa a taglio/croce. 


Qui arriva la parte più furba. Rimettendo in piedi l'apparecchio si notano tre agganci ad arpione nel lato verso la camera di cottura. Occorre inserire dei foglietti di plastica rigida ma flessibile fra la base e l'involucro esterno, in modo da sganciarli contemporaneamente. Ci si aiuta un pò facendo leva con un cacciavite a testa piatta, spingendo i foglietti di plastica con forza, senza sollecitare troppo e rischiare di rompere (ma non bastavano le viti del fondo a tenere tutto assieme? boh). Disimpegnati gli agganci si tira e si sganciano automaticamente anche i fermi dalla parte opposta. 


Per accedere alla ruota dentata trascinata dalla cinghia che va al motore, occorre svitare la base metallica che sorregge l'attacco girevole del cestello, il motore, l'elettronica e la resistenza...via tutto, che le viti sono a vista e non ci si può sbagliare. 

Per una delle due macchinette il difetto è evidente...la cinghia è strappata, ma per l'altra....la cinghia di trasmissione è leggermente usurata ma è uscita dalle pulegge dentate... come mai?  Le pulegge sono flangiate, com'è possibile? 


Le sorprese non finiscono mai quando si cerca di riparare qualcosa. Da subito si fa strada il sospetto che il problema fosse la ruota dentata solidale al perno che fa girare la pala di mescolamento. Provo a farla girare a vuoto e mi accorgo del problema...la ruota "balla" sul suo asse in modo troppo evidente, in misura tale che la cinghia, nell'uso quotidiano, ha iniziato ad andare su e giù, spezzandosi una e sfilandosi l'altra. C'è qualcosa nel perno ed occorre toglierlo per capire meglio.

Un bullone autobloccante tiene in sede la puleggia grande, solidale al perno che all'altra estremità aggancia il cestello che contiene la pala. E' sufficiente svitarlo, occhio alle rondelle ed alla placchetta metallica e la ruota viene via senza difficoltà. Rimane così il perno con la parte terminale filettata. Verso la base porta perno c'è una rondella di fermo che va spinta via dal suo incavo in modo da liberare il perno. Quest'ultimo gira dentro una boccola in ottone (credo, potrebbe essere bronzo o rame, non sono riuscito a capire). Resta da togliere per ultimo il supporto del perno trascina pala, svitando tre viti accessibili nella parte superiore. Alla fine, tolto tutto, si resta così con la lamiera nuda, la base di supporto pronta da spazzolare e pulire per bene. 


OK, maaa... il problema??
immagina, un perno di acciaio tenuto in tensione da una cinghia che va ad un motore, che ruota dentro un tubo di ottone.... per anni, almeno due volte alla settimana... USURA! che altro? La boccola è talmente consumata che il perno balla in modo troppo esagerato. Con i pezzi in mano provo a fare delle misure, aiutandomi con un calibro ed un micrometro. Il primo perno misura da 7,94 a 7,89 millimetri (5 decimi di differenza nelle parti estreme della boccola) mentre il secondo va da 7,88 a 7,86, ovvero molto più consumato del primo ma in modo più "uniforme" (solo 2 decimi di differenza). La boccola numero 1 misura un diametro interno alle estremità di 8,15 e 8,58mm (meno di mezzo millimetro di differenza!!) mentre la boccola numero 2 va da 8 a 7,95mm, molto meno usurata della prima (solo 5 decimi di millimetro o mezzo millimetro se è più facile da capire). E' evidente che un meccanismo è usuratissimo (quello nel quale la cinghia è caduta invece di rompersi) mentre il secondo è un pò malandato ma comunque usurato oltre il tollerabile.

Bene, ottimo... con un difetto del genere, il 99% dei riparatori ufficiali rinuncia, ovvero avvisa il proprietario che costa più la riparazione che la macchinetta incassando però il diritto di chiamata. Ottima notizia per il capitalismo che ci vorrebbe tutti a consumare e buttare in un loop infinito. Ma io sono un ninja hacker e le sfide mi piacciono troppo. Decido di approfittare di questa occasione per tesare i miei limiti, raccogliere la sfida, impiegare il mio tempo per imparare e sviluppare sempre più delle abilità uniche, rarissime e mai monetizzate. 

Lavaggio e ripristino. OK.  si parte con spazzole,sgrassanti e prodotti specifici, non abrasivi, vernici e solventi vari.


Prima operazione
, un lavaggio completo alle parti con sgrassante ed acqua calda, per togliere i residui di olio, farina, latte rinsecchito, sale, curcuma, semini di girasole, cumino, lino, sesamo, noci, nocciole e via dicendo.  

Seconda operazione, si passa alla base metallica ed alle camere di cottura. Prima passata con fornet spray e 30 minuti di attesa a far sì che agisca. Una bella passata con paglietta e le macchie brune spariscono.  


Terza operazione
, la base va passata con la spazzola metallica montata su un trapano, per togliere ruggine ed incrostazioni più resistenti. 

Quarta operazione: Si lava il tutto con l'acetone e si spruzza una vernice che resiste alle alte temperature, 800 gradi sono più che sufficienti in quanto con la cottura non si dovrebbero superare i 200/250 gradi. 

 


Purtroppo la ruggine che si è formata a macchie in corrispondenza dei cumuli di farina bruciata (igroscopica) ha butterato la base rovinando la superficie riducendola a buccia d'arancia. Non ho passato lo stucco da carrozzeria solo perchè non so come si comporterebbe alle temperature alte del forno sotto lo strato di vernice. Nel dubbio da ignoranza preferisco verniciare senza stuccare le imperfezioni, ma alla fine è venuto un risultato più che soddisfacente.

Quinta operazione: Ed ora viene la parte più difficile... sostituire le boccole con due grandi paure 1) trovare le boccole di ricambio 2) togliere quelle usurate e inserire quelle nuove senza rompere nulla. 


Già, le vecchie boccole sono inserite a pressione nel porta cestello di impasto che sembra fatto di Zama, ovvero una lega di zinco in elevata percentuale, unito a piccole quantità di alluminio, magnesio e rame.  Maledetta zama che si spacca con niente e non si può saldare. Se si rompe, niente ricambio e di acquistare una macchina donatrice....non si trova al momento e resterebbe comunque il rischio che presenti lo stesso problema di usura della boccola. 

Trovare le boccole, ovvero un delirio. I cinesi te le vendono a sacchi per pochi spiccioli ma il problema è indovinare le misure giuste, ovvero diametro interno, esterno ed altezza. Ogni commerciante usa il proprio modo per classificarle e non si riesce a capire una sega. La mia ha un diametro interno di 8mm (indicata con una d minuscola o id inner diameter, un diametro esterno da 12mm (indicata con una D maiuscola o od outer diameter) ed un altezza di 14mm (L o H in alcuni siti). Quindi a me servirebbe una boccola che correttamente dovrebbe essere indicata come 8x12x14. Nei siti cinesi  non è così ma sti deficienti non mettono nemmeno una didascalia nelle foto, ovvero ti fanno vedere la foto della stessa boccola (sempre quella) da 5 angolazioni diverse ma niente didascalia che ti indichi le misure...rinuncio, non mi va di litigare con i cinesi.

Decido di provare con le italiche "ferramente" (plurale di ferramenta), quelle che si sono digitalizzate, che hanno "lecommers".... un altro delirio peggio del primo. Descrizioni inutili o insufficienti, foto pietose o mancanti, richiesta dei dati completi della carta di credito (compreso il CCV), vengono più dubbi che certezze su cosa si sta acquistando ed il sospetto che deriva dalla richiesta del commerciante dei dati della carta di credito (preferibile se è il sistema di pagamento a chiedermeli, non il commerciante) alimenta la certezza che certi professionisti della truffa da me non avranno un centesimo. Opto quindi per un fornitore tedesco, ampio catalogo, configuratore di prodotto, vendita anche di un pezzo a privato... 3 minuti, scelgo una boccola di bronzo, l'acquisto è fatto e vaffanculo ai commercianti itagliani con le pezze al chiulo. 


Togliere le boccole
: qui ci siamo. Lasciare le boccole usurate e sostituire solo le cinghie, significa che in poco tempo la macchina si rompe nuovamente (e fare una figuraccia di me*da). Occorre ripristinare a nuovo il supporto del perno che fa girare la pala per l'impasto. Come? Con quello che si ha in casa ci si costruisce un estrattore su misura (dando senso alla tonnellata di dadi, bulloni e tubi vari accumulati negli anni). Il principio è semplice. Occorre spingere la boccola appoggiando una contro spinta sul pezzo che la alloggia. Ho optato per l'uso di un bullone filettato M7 e due tubi di diametro uno uguale a quello della boccola e l'altro pari al supporto della stessa. In pratica due tubi che entrano uno nell'altro, chiusi fra due rondelloni che equalizzano la pressione. Il foro di alloggiamento è da 12mm per cui serve un tubicino  con diametro esterno leggermente inferiore a 12 e diametro interno leggermente superiore a 7mm. L'altro tubicino deve avere un diametro interno leggermente superiore ai 12mm della boccola e si deve poggiare sulla flangia in zama tramite un altro rondellone. Si ferma il bullone nella morsa a banco e si stringe il dado all'altra estremità, lentamente senza esagerare, ed il gioco è fatto....success!! well done!!. Per l'inserimento della boccola nuova si usano i due tubicini ed una morsa, magari scaldando la zama (che si dilata) e congelando la nuova boccola (che si restringe), agevolando l'inserimento.  Un nano trucco da hacher... se non si ha un tubo per cui le misure non combaciano, si pratica un intaglio longitudinale in modo che, stringendo o allargando, si arrivi alla misura desiderata, funziona, io ho dovuto fare così col tubicino di alluminio che si vede in foto.


Rimontaggio: qui si presenta il solito problema. Preso dalla curiosità, pur usando un classificatore a scomparti per le viti, spesso mi dimentico qualcosa, qualche vite o qualche rondella... vabbè, stavolta è andata bene e non ho avanzato nemmeno un pezzettino. Utile documentare con delle foto o meglio con un filmato le operazioni di smontaggio. Nel mio caso niente filmato, preferisco costringere le persone a leggere e ragionare con la propria testa e mandare a quel paese chi chiede "maggiori informazioni" solo per pigrizia, per limitazioni cerebrali causate da uso eccessivo di sostanze psicotrope o solo a causa della natura ingenerosa che a campione sceglie delle vittime a caso lucrando sulla distribuzione asimmetrica di neuroni. Un accortezza... è il caso di mettere nell'accoppiamento perno/boccola un pò di grasso resistente alle alte temperature, giusto un pò per limitare frizione, attriti e cigolii. Se si riesce a reperirle, è il caso di sostituire le rondelline sottili in PTFE poste in corrispondenza della boccola (magari resistenti alle alte temperature). Le ho trovate dai cinesi ovviamente. 


Collaudo
: prima di passare alla prova di cottura, si prova a vuoto il movimento della cinghia, si cerca di verificare il gioco del perno nella boccola, si verifica che non ci siano rumori strani o cigolii e si cerca di indovinare la tensione della cinghia. Poi è il caso di eseguire un paio di cotture a vuoto, per far sì che le ultime parti volatili della camera di cottura evaporino del tutto (si sa mai). Si verifica che tutto funzioni e che la puzza di solvente sia ridotta a zero e si passa alla consegna. 

Quanto costa? Partiamo dal diritto di chiamata. Consiste nel corrispettivo che si deve pagare ad un tecnico per il semplice fatto che si sia recato presso il domicilio del cliente, in caso di guasti e malfunzionamenti del prodotto, a prescindere dal fatto che abbia eseguito o meno operazioni di riparazione sull'oggetto della chiamata. Nel mio caso è zero, sono un hobbysta non un tecnico. L'ammontare medio del diritto di chiamata varia a seconda di molti fattori e può variare dai 30 ai 170 euro a seconda dell'elettrodomestico. E' anche il caso di prevedere, se necessario, l'acquisto di un cestello nuovo. Le parti in movimento, usurate non garantiscono la tenuta dei liquidi.


La cinghia
: occorre fare attenzione. La Princess mod 152006 può richiedere due misure diverse, 570 o 540 millimetri di diametro (nel mio caso 540mm). Per misurare il diametro si schiaccia a metà la cinghia ponendola su un righello. Costo medio dai 13 euro in sù.

La boccola: quelle in bronzo, mercato tedesco da multinazionale dei ricambi, dai 4 euro circa in sù, più spedizione. Se si scelgono quelle in bronzo auto lubrificate in grafite, si parte dai 12/13 euro circa (prezzo variabile in base alle misure) ma non credo valga la pena di spendere così tanto, anche se sono praticamente eterne.

Tempo di riparazione o rigenerazione: per la sola riparazione, fatta la dovuta pratica, massimo un ora solo per la sostituzione della cinghia ed una pulizia sommaria e grossolana. Per la rigenerazione le cose cambiano. Una giornata totale fra lavaggio, spazzolatura, rimozione di eventuali viti bloccate, verniciatura a due mani di base e camera di cottura con vernice speciale, estrazione ed inserimento della boccola, rimontaggio, imprinting e collaudo... a fare in fretta, molto in fretta, una giornata intera non di meno. Il costo medio della riparazione di un elettrodomestico è compreso tra 109,22 e 250,37 euro, con un costo medio di 179,28 euro. Ipotizzando una riparazione al risparmio in questo caso possiamo calcolare (un pò a spanne) un costo totale di 126 euro... senza le tasse ovviamente...comunque più del prezzo attuale della macchinetta... ma se si opta per il baratto tempo=cibo (o tempo x tempo) la convenienza è notevole (e fanchiulo ai maledetti soldi). Sono poco meno di 20 euro di parti di ricambio. Quanto calcolare la manodopera rapportata al cibo? dipende, non c'è una tariffa precisa. Il calcolo è demandato dalla capacità di negoziazione, dal livello di gratitudine del proprietario e dall'empatia che si innesca nel rapporto "cliente/riparatore". Fate voi e fate i bravi.


Conclusioni
: due macchinette per il pane praticamente nuove di fabbrica, pronte a fare il loro dovere per altri anni a venire, anzi migliorate dalle boccole in bronzo e dalla riverniciatura. Alcune parti in plastica sono irrimediabilmente ingiallite ma è bene che sia così, ci si ricorda che nulla è eterno e va usato con cura per farlo durare il più a lungo possibile, contrastando il consumismo che sta lentamente divorando il pianeta ormai a corto di materie prime. Stiamo usando questo pianeta come una pattumiera e non ce n'è un altro dove andare. Io la mia parte l'ho fatta e sono in pace con me stesso, oltre che soddisfattissimo di aver reso felice una persona che mi ringrazierà con pane e pizza a vita...spero (almeno non morirò di fame). Alla prossima.

P.S. il topo è uscito e la rana gracida. Ripeto: il topo è uscito e la rana gracida.



giovedì 27 ottobre 2022

Occhiali cinesi (riparazione plastica)

Devo tornare sull'argomento, già trattato, per documentare l'evoluzione degli interventi di riparazione su oggetti di scarso valore (scarso per i benestanti ovviamente). Non potendomi permettere delle lenti progressive, dato che un rene l'ho già speso e quello rimasto mi serve proprio, devo ripiegare su soluzioni fai da te, ovvero aggiungere degli occhialini per amplificare la gradazione prescritta dall'oculista ed ovviare la presbiopia che colpisce tutti a partire dai 50anni di età. 

Se qualche anno fa si potevano trovare degli occhialini di plastica ad un paio di euri, oggi, stranamente, le cose sono cambiate... dai cinesi gli occhialini costano mooolto di più, sempre meno di quelli che si trovano in farmacia (che sono fatti sempre in "ciaina" ovviamente). Ci si accorge così che la speculazione è trasversale e che nel tanto osannato commercio, linfa dei popoli, si infilano avidi approfittatori senza scrupoli. 

Fatto sta che, disquisizioni sulla qualità a parte, in caso di rottura occorre valutare bene se si può riparare o meno. Per chi come me ha il testone grosso come un cocomero XXL, quando mi tolgo gli occhialini per metterli sopra la testa, le aste si allargano e la sollecitazione provoca inevitabilmente la rottura (plastichetta). Ma, essendosi sparsa la voce che io tento di riparare tutto, anche l'impossibile, stavolta mi arrivano un paio di occhiali non miei, presi sempre dai cinesi, e che val la pena di considerare.

Il primo presenta la classica cerniera dell'asta spezzata. Soluzione? supercolla! A ben ragionare, ho pensato anche di creare un rinforzo metallico, affogando nella plastica un filo di rame riscaldato dalla corrente elettrica. Purtroppo le tolleranze in gioco sono molto ristrette e le dimensioni della cerniera davvero minuscole, per cui desisto. Con la supercolla si riesce ad attaccare le due parti in modo abbastanza solido. Nel caso non si riesca a far combaciare perfettamente le parti (quasi sempre), si procede con una limetta e pazientemente si modella l'asta in modo che entri nella cerniera. Un accorgimento furbo è quello di mettere un pò di grasso lubrificante per agevolare l'attrito ed impedire che delle aste troppo dure da aprire si rompano per "fatica".  

Il secondo modello di occhialino è di quelli pieghevoli, molto comodi da portare in giro nella loro custodia. In questo caso si è rotto il ponte che unisce le due lenti, in prossimità di un asola dentro la quale passa la vitina di fissaggio. In questo caso è più pratico ricostruire il pezzo, a mano. Si parte da un foglietto di plastica tagliato a misura. Ho utilizzato un supporto delle batterie alcaline rimasto orfano dopo la conversione al litio....perfetto, dello spessore giusto (che chiulo). Si unisce il pezzo rotto con del bi-adesivo al pezzettino da sagomare e lo si usa come dima. Con una limetta poi si sagoma sino ad arrivare a filo dell'originale, ottenendo così il pezzo nuovo delle stesse dimensioni dell'originale. 

Per forare il ponte così ottenuto, lo si infila nell'alloggiamento dove dovrà stare e con un trapanino a penna (catturato all'Aldi) si praticano i due forellini delle viti di fissaggio (punta da 1,2mm). Perfetto. Date le dimensioni minuscole, occorre aiutarsi con una piccola morsa da banco, meglio se di precisione. Io sono riuscito comunque a forarmi un dito oltre che infilare la punta del trapano sotto l'unghia... niente maale faccia di maiaale, fatto nieente faccia di serpeente. 

Si prova lo snodo e se del caso si aggiustano le dimensioni con dei colpetti di lima, mettendo alla fine un pò di grasso lubrificante. Fatto e sono pure soddisfatto. 

Un trucchetto: come fare se il foro della vitina non tiene più a causa di togli e metti ripetuti? Si cerca di riempire il foro con del bicarbonato in polvere (o anche pomice finissima o cotone o...) e si gocciola un pò di supercolla. Si ricrea il forellino delle dimensioni giuste e la modifica terrà come il cemento. Alla prossima. 

P.S. Il bue è grasso. Ripeto: Il bue è grasso.

martedì 25 ottobre 2022

Riparazione parti in plastica

Stanchezza (tanta), fretta (troppa), l'età che avanza ed un uso quotidiano... tutti elementi che preludono la rottura degli oggetti che usiamo e manipoliamo ogni giorno. Qualche giorno fa è stato il turno di una bacinella per il bucato, oggi un porta vivande che serve per la pausa pranzo in un azienda dal braccino corto che non prevede la mensa aziendale (<modalità padrone on>fottetevi schifosi dipendenti, arrangiatevi<modalità padrone off>). 

Il contenitore cade a terra ed il coperchio si scheggia. Il coperchio trasparente di questo porta vivande è fatto di una plastica rigida, molto simile al coperchio dei CD o DVD. Basta un colpetto ed essendo poco elastica si scheggia in più punti. 

Il primo pensiero è quello di usare la super colla cianoacrilica. Per un pò può anche funzionare, ma cè un problema. Il porta vivande deve contenere alimenti (cibo)... mettereste l'insalata a contatto con una colla che rilascia vapori tossici? io no di certo. Ed allora?

Tutorialando in giro, si scopre che esistono delle specie di "pistole" che riscaldano un filamento metallico di varie forme da affogare nella plastica per irrigidirla. Ottima idea. I più poveri si sono ingegnati con le pistole salda stagno (per l'elettronica analogica), altri con pinza, accendino e le graffette che si usano per pinzare assieme i fogli di carta. Altre soluzioni prevedono di affogare delle retine metalliche ed altre di procedere con la fusione delle parti con delle punte speciali riscaldate alla giusta temperatura, magari usando del materiale di apporto. 

Sia chiaro... graffe sagomate, retine metalliche, pistole riscaldanti, materiali.... costo? non mi interessa, preferisco ingegnarmi da solo e non spendere nulla. Tempo fa ho acquistato un pirografo per legno con a corredo una serie di punte. Una in particolare, a scalpello, mi sembra adatta.

Fatto riscaldare il pirografo, lo si appoggia sulla crepa e con dei movimenti alternativi si cerca di fondere le due parti in modo che la plastica quando si raffredda, unisce le due parti in modo stabile.  

Funziona...a patto che:

  • non si deve esagerare con la temperatura ed indugiare nei movimenti
  • non si deve premere troppo altrimenti si fora il pezzo

Con molta manualità ed esperienza su delle parti sacrificali, si riescono ad ottenere dei buoni risultati, meccanicamente parlando, considerando che questo coperchio è molto sottile. Per l'estetica è un altro discorso. Inevitabilmente si vengono a creare delle asperità. Queste sono livellabili con dei rapidissimi movimenti dell'utensile, appoggiando la punta piatta, cercando di spianare il più possibile. Per quanto si riesca a ridurre le asperità della saldatura, sarà comunque inevitabile "rovinare" le due parti assemblate. C'è poi il problema, in questo caso, della trasparenza della plastica.

Per esagerare si potrebbe procedere con dei passaggi a carta vetrata da 120 grit sino a 1000grit per poi lucidare la parte a specchio... comunque il crepo si vedrà, per cui arrangiamoci con saldatura e stop, basta che meccanicamente il coperchio tenga. Le riparazioni invisibili lasciamole ai giapponesi ed alle loro tecniche millenarie.

Questo porta vivande però, per come è fatto, ha un altro problema. Il tappo grigio, dotato di una guarnizione siliconica trasparente, non sta su e cade all'interno della ciotola bianca quando si richiude il coperchio... allora? nessun problema. si toglie la guarnizione ed attorno al tappo si incolla del nastro alluminio, quanto basta a creare lo spessore necessario ad allargare il diametro interno e garantire la tenuta. Fatto, funziona. Alla prossima.

P.S. la dispensa è chiusa. Ripeto: la dispensa è chiusa.

 

mercoledì 30 marzo 2022

Una rara bicicletta d'epoca (Bianchi - restauro)

Sono tempi davvero brutti ed il peggio deve ancora arrivare. Con l'aumento dei costi del carburante all'utente finale, con conseguente affollamento di ciclisti dell'ultimo minuto, è presumibile che ci sarà un aumento delle richieste di biciclette. All'aumentare della domanda consegue naturalmente un aumento degli utenti e di conseguenza dei furti (e degli incidenti), è statisticamente provato. Per le commissioni che devo svolgere sul territorio, che richiedono l'abbandono in strada del mezzo, in rastrelliere installate in posti nascosti (dove non intralciano ovviamente) è meglio girare con una bicicletta vecchia, scassata ed arrugginita, sperando nella fortuna di  imbattersi in quella tipologia di ladri che rubano solo biciclette di lusso, per dei poveracci disonesti che vorrebbero ma non possono. Purtroppo esistono anche delinquenti ed incivili che prendono la prima bici che gli capita a tiro, solo per uno spostamento e poi la abbandonano chissà dove. Sperare che i vigili poi pensino di adoperarsi per avvisare del ritrovamento è una vana speranza... figuriamoci. 

Ecco che allora per evitare di girare con la mia MTB attrezzata (che per me è come per gli altri l'automobile), mi viene in mente di dotarmi di un mezzo di trasporto quasi a costo zero, usa e getta, che se me la rubano non ci faccio poi una tragedia, anche se alle cose mi ci affeziono. L'occhio mi cade su una pila di vecchie bici, accatastate ad arrugginire per bene nel solito garage umido che accoglie il ciarpame riposto con l'idea di usarlo un domani, si sa mai... e così ci si dimentica di averlo. Non è stato un facile recupero, specie quando all'oggetto il proprietario associa ricordi che difficilmente è disposto a "cedere" o rinunciare. Alcuni modelli d'epoca sono stati trattenuti con l'idea di un restauro che non ci sarà mai, lasciando in pace la ruggine che nel frattempo, pazientemente, continuerà a fare il suo lavoro. Riesco a recuperare una Bianchi degli anni '60 /'70 un marchio storico, in condizioni pietose. Copertoni andati (ovviamente), sellino sfondato con la pelle rinsecchita, pastiglie dei freni inesistenti che si sbriciolano, ossido ovunque ed una tana per topolini dentro il carter. La bici mi serve abbastanza urgentemente, trovare i pezzi per mè e difficile e non ho molto tempo. Cerco allora un officina dove portare il mezzo e "restaurarlo" solo per ciò che serve per renderlo circolante. Trovare un riparatore di biciclette oggigiorno è davvero difficile. Alcuni trattano solo bici da corsa e mountain bike da 2000 euro in su, altri sono più accomodanti, pigliano di tutto, ma sono dei veri banditi disonesti (e pure nemmeno tanto bravi a fare il loro mestiere). Moltissimi hanno chiuso e proseguono l'attività a nero, a tempo perso, che ci tocca suonare il loro campanello di casa e se non ci conoscono nemmeno ci fanno entrare a casa loro (giustamente direi). 

Allora? cerco in rete e mi imbatto in alcuni artigiani che hanno copiato una mia vecchia idea che avevo messo in pratica. Se la montagna non va da maometto... l'officina mobile, un camper o un furgone attrezzato, parcheggiato un giorno fisso della settimana in un posto strategico di passaggio e gli altri giorni servizio a domicilio. Fantastico, viene lui, ritira il mezzo e lo riporta quando pronto. Affido la bici ad uno di questi e la rara bici Bianchi torna rimessa in sesto. Freni nuovi, sella d'epoca (Royal), gomme, cavi dei freni e manopole bianche. La ruggine l'abbiamo lasciata (è solo superficiale), solo una passata di abrasivo leggero (1000grit), che la patina di vecchio conferisce valore al manufatto (solo da voi in itaglia). Niente impianto elettrico (non la uso all'imbrunire o di notte), tanto la dinamo è esplosa, i fanalini distrutti...non vale la pena di spenderci altri soldi, altrimenti trovavo al supermercato quelle bici di cartone da 70 euro... no, no, a me serve un telaio che duri a lungo, molto a lungo... almeno per l'aspettativa di vita che ho davanti, vista l'età avanzata.

Per quello che manca vedrò pian piano se riuscirò a recuperare qualcosa o riparare degli accessori. Al mercatino dell'usato ogni tanto si trovano delle bancarelle con parti di vecchie bici.... il problema è che certi commercianti approfittatori propongono dei prezzi stellari, meglio di no nel mio caso, non devo spendere, non voglio spendere, non posso spendere. Alla prossima.     

P.S. bici=cici. Ripeto: bici=cici.

giovedì 30 luglio 2020

Pubblicità non gradita

Sono stato vittima di un "offerta" strepitosa, reclamizzata con un poster grande come un lenzuolo matrimoniale, posizionata strategicamente proprio alll'ingresso dell'ipermercato dei poveri, enfatizzata dalla presenza di una quantità industriale di bancali pieni di bottiglie dal contenuto accattivante... sto parlando di una bevanda. Sembrava succo di frutta, o meglio un mix di succhi, tipo mirtillo, mora e mela o melograno e lampone, per non citare zenzero, curcuma, limone e via dicendo nelle varie combinazioni. Per provare ne ho prese una per tipo, incuriosito. Scopro poi che in realtà è solo acqua aromatizzata, un "succo di frutta" diluito in dosi omeopatiche, vabbè... già questo mi ha indotto a desistere per futuri approvvigionamenti
Scioccamente la fretta mi ha intorpidito il cervello impedendomi di leggere gli ingredienti. Allora a casa mi siedo con calma, la mattina presto, ora della colazione che mi suggeriscono deve essere abbondante e che occorre reintegrare i liquidi con generosità. Leggo l'etichetta... "Azzera la sete"... prima menzogna... l'unica cosa che azzera la sete è l'acqua senza additivi, zuccheri o aromi vari che in realtà ne fanno venire di più (e questo i maghi maledetti del marketing lo sanno eccome).
Nel retro un avvertimento "ATTENZIONE! Questo prodotto è altamente dissetante"... c'è da crederci dato il messsaggio così ben enfatizzato?
Seguo le scritte con lo stesso font e trovo  la raccomandazione "SOLO CON INGREDIENTI DI ORIGINE NATURALE" il che lascia forse ad intendere che la concorrenza non sia così scrupolosa ed aggiunga ingredienti "artificiali", "sintetici", dieri quasi inorganici.
Scendo con l'occhio verso le tabelline in font clausola assicurativa, zero grassi, zero proteine, 2,4 grammi di carboidrati che comprendono 1,4 grammi di zucchero (della frutta) che danno alla fine facendo la sottrazione 1 grammo di carboidrati su un litro. ancora più sotto la scritta VEGANOK azienda 0895... approfondiremo cosa significa).
Più a destra sullo stesso piano gli ingredienti in 4 lingue, italiano, tedesco francese ed inglese. acqua, 20% di frutta ovvero per la tipologia "mirtillo mora e mela", succo di mela da succo concentrato al 12%, purea di mirtilli neri concentrata al 4%, purea di more neri concentrata al 4%, concentrato di carota nera e ribes nero (non citati in etichetta frontale), aromi naturali (quali non si sa) e 0,004grammi di sale. Se fossi allergico alla carota o al ribes sarei morto in quanto la bevanda viene pubblicizzata come contenente mirtillo mora e mela e mi aspetto che contenga SOLO mirtillo, mora e mela, non altre schifezze nascoste nel retro dell'etichetta.
Ma poi l'occhio mi cade su un area che avevo ignorato, preso più dalla voglia legittima di sapere cosa stavo bevendo, giusto per la MIA salute, mica per altro.
Leggo:
"Sul serio? Stai leggendo una bevanda?

Cioè stai leggendo una bevanda quando potresti leggere qualunque altra cosa o parlare con persone vere  o vedere comè la vita là fuori? Dai vai a viverla e, se non ti dispiace,  ci piacerebbe venire con te.

E se proprio non vuoi uscire, seguici sui social. Noi per te lo faremmo."
Seguono gli immancabili hashtag, per dare un piglio di modernità e strizzare l'occhiolino ai ggiòvani.

Mi chiado: chi è sto @#!!!%%!!one che si è inventato un uscita del genere? Sto @#!!!%%!!ino che si stupisce se mi metto a leggere gli ingredienti... forse dimentica che quella roba la devo bere io e che ci tengo a sapere cosa ingerisco? Forse ignora che del mio tempo decido io, delle mie priorità decido io, di cosa vale o meno fare lo decido io e solo io, senza imposizioni o suggerimenti idioti. 
Personalmente trovo anche il tempo per le alternative suggerite, ma mi irrita non poco che qualcuno me le proponga come sostitutive alla lettura degli ingredienti. Ho capito che mi stai vendendo dell'acqua aromatizzata ad un prezzo esorbitante (sempre "in offerta" però e qualcuno l'ha definito pure "superdrink"), ma il goffo tentativo di distrarmi dall'appprofondire cosa mi stai proponendo lo trovo veramente denigrante ed offensivo. Spero non sia stato un team di esperti di marketing a partorire questa uscita infelice. Spero non sia stato un AD strafatto di radicchio ad imporre un tale messaggio davvero idiota. Magari la colpa è della solita ultima ruota del carro. Magari la bevanda è destinata ad un target di età nella quale si è "spensierati" ma questo non giustifica. Giovani o vecchi, la cultura dell'approfondimento, la lettura degli ingredienti, la ricerca di cosa fa bene e cosa fa male, l'attenzione alla propria salute dovrebbe essere a mio avviso agevolata e promossa dalle aziende serie. Quelle aziende che in modo trasparente enfatizzano la caratteristiche peculiari del prodotto che reclamizzano, senza bisogno di aggiungere "senza glutine", senza olio di palma, senza litio, senza questo o quell'altro per distrarre su ciò che realmente c'è dentro il cibo o le bevande.
Fatto sta che quel messaggio è sbagliato, stupido, manipolatorio e come singolo consumatore non solo non acquisterò mai più quel prodotto, ma mi guarderò bene dall'aquistare qualsiasi prodotto di quell'azienda...FATWA!! per il resto della mia breve vita. Non sono un "influencer" ma già qualcuno l'ho convinto a seguirmi semplicemente dando il buon esempio e so che la cosa è contagiosa, pensateci.
Concludendo, giusto per non passare per il solito brontolone, propongo io un alternativa, più sana, ecologica, economica. Se proprio vogliamo aromatizzare l'acqua, basta fare degli infusi a freddo mettendoci dentro magari delle foglioline di menta, delle gocce di limone premuto, quanche goccia a piacere di un centrifugato preferito... magari alle stesse percentuali dell'etichetta o a piacere, come piace ad ognuno di noi, più libero di scegliere e libero da questi peracottari magnaschèi. alla prossima.

P.S. Piero ha risparmiato assai. Il pozzo è profondo. Ripeto: Piero ha risparmiato assai. Il pozzo è profondo.

mercoledì 20 maggio 2020

E-cig holder (DIY experiments)

Da un pò di tempo ho cambiato totalmente modello di e-cig, abbandonando definitvamente la serie EGo, causa atomizzatori fragili al minimo starnuto. Con il cambio però ho dovuto inventarmi un porta batterie nuovo, per tenere sempre appeso al collo il dispositivo. Già, tenerle in tasca nemmeno a parlarne, si riempiono di pelucchi e se ci si siede si rischia di spezzare il costosissimo inalatore salva vita. Nel taschino poi decisamente no, se ci si china la si fa cadere a terra. Per non parlare poi di appoggiarla da qualche parte... tempo un paio di distrazioni ed inizia la ricerca...oddio, dove l'ho appoggiata stavolta?. No, è tempo di organizzarsi e costruire un qualcosa che possa essere appeso al collo in modo da poterla avere sempre a portata di mano, anche in auto senza che finisca nel buco nero fra un sedile e l'altro, assieme a centinaia di oggetti smarriti irrimediabilmente (chiavi, bottoni, batterie, monetine, scontrini, gettoni del carrello della spesa, chewingum usati, preservativi, lenti a contatto,  ecc.ecc.).
Di soluzioni ce ne possono venire in mente tantissime, dipende da molti fattori:
  • materiali disponibili in casa,
  • dimensioni di contenitori precedentemente destinati ad altri usi,
  • colore del materiale,
  • rigidezza del supporto,
  • facilità di lavorazione,
  • attrezzi a disposizione
e via dicendo. Ma vediamo cosa mi è venuto in mente nel giro di una mezza giornata.

E-cig holder prototipo 1
Prototipo 1: Decido di partire con delle cinghie di nylon, recuperate da alcuni marsupi di quelli che si portano in vita e da una borsa griffata, passata di moda da molto tempo, l'importante è che sia materiale di recupero a cui dare nuova dignità.
Inizio intanto a crearmi un modellino di legno, di dimensioni leggermente più grandi del mio dispositivo, giusto per evitare di creare un vano troppo piccolo nel quale l'e-cig si infilerebbe con difficoltà. L'idea è quella di creare un supporto minimale, una specie di sacchetto aperto, che lasci spazio per il cavo di ricarica, per la finestrella del display ed il pulsante di accensione. Ovvio, è un lavoro su misura ma non prevedo di cambiare modello a breve. Per unire le striscie, uso dei ribattini forati, così posso farci passare il laccio in cui infilare la testa. Con un punzone si praticano i fori nelle posizioni volute e si crimpano i ribattini con l'apposita pinza... la pinza... ovviamente in materiale fragilissimo che si rompe appena si inizia ad usare il suo punzone incorporato della misura esatta calcolata sui ribattini in dotazione.

Il primo prototipo mi viene troppo grande e il dispositivo balla all'interno. Forse potrà essere adattato ad un altro modello di batteria più grande che usa la mia compagna. Con la mia no, rischio di perderla. Ne realizzo un altro, con alcune migliorie, con le dimensioni più accurate e la cosa sembra funzionare alla grande (sto eseguendo il collaudo sul campo e sembra andare bene).

Prototipo 2
: Poi, spinto dalla fantasia, provo ad usade del "pellame" recuperato da una borsetta scippata ad un anziana per strada (no dai, scherzo), anche se il colore non mi piace, così provo anche ad usare il lucido da scarpe..uno schifo, meglio di no. Per chiudere l'involucro penso al velcro come soluzione semplice, adattabile e regolabile. La tenuta dipenderà da quanto bene e stretta lo si avvolge attorno alla batteria essendo il fondo aperto...l'attrito ci darà una mano... mancano ancora i fori per display e pulsante, da eseguire su misura. Pare funzionare, a patto di cucire il velcro e non tentare, come fatto inizialmente, di incollarlo con la colla artiglio... tiene ma non abbastanza per l'uso quotidiano. In mancanza nell'hack lab di una macchina da cucire, questo modello è un work in progress, in attesa che vada presso un altro laboratorio segreto dove poter completare il lavoro.

Prototipo 3: Ma non mi fermo qui. Voglio qualcosa facile da realizzare e replicare, esteticamente carino da vedere, semplice da utilizzare, adattabile a millemila modelli di e-cig. Recupero il rivestimento nero della mia mitica valigetta 24ore, acquistata con immenso sacrificio (economico) più di trent'anni fa da studente sbarbato e squattrinato (oggi le cose sono cambiate, la barba mi cresce). Non è pelle ovviamente (magari) ma è morbida, nera, flessibile, resistente. Si parte da un rettangolo alto quanto la batteria e lungo "un pò meno" della circonferenza della batteria. Tutto attorno, a intervalli regolari si praticano i fori e si ribattono gli occhielli. Con un laccio da scarpe poi si chiude il tutto, compresa la parte inferiore. Ho usato la legatura incrociata ma in rete si trovano un infinità di tutorial su come allacciare le scarpe, con effetti estetici davvero interessanti. Si può poi usare la fantasia nello scegliere i colori dei lacci, essendo molto vasta l'offerta. Io uso quelli neri, rigorosamente usati e mai buttati (tanto lo sapevo che prima o poi tornavano utili)... meglio scegliere quelli lunghi da anfibi, presto si fa ad accorciarli.
Prototipo 4: ne ho in mente altre di soluzioni ma per ora mi fermo qui.
Ora sto cercando dove cavolo ho messo quelle palline a molla che servono a fermare i lacci... so di averle conservate ma non ricordo proprio dove cavolo le ho messe... al limite mi inventerò qualcosa di particolare, per ora... annodo.
Ok, alla fine sono soddisfatto. So che qualcuno copierà le mie idee e le farà proprie in cambio di inutilissimi like e so che qualcuno si metterà a produrre porta e-cig da collo, così come accaduto con le mascherine che tanto alimentano il loro mercato nero, alimentato da mille criceto-massaie, fortunate "possessrici"... "possessore"..."possedenti"... che possiedono una macchina da cucire, da troppo tempo riposta in cantina ed utilizzata pochissimo... se ve ne avanza una, vi prego buttatela che la vengo a prendere. Alla prossima.

P.S. la pantegana è nella fogna. Ripeto: la pantegana è nella fogna.

mercoledì 25 marzo 2020

Pietra domestica


"Hai scambiato il mio futuro con una pietra domestica?!!?" E fu così che alla mia veneranda età ho scoperto di non aver mai avuto una pietra domestica, per prendermene cura, darle da mangiare, educarla, insegnarle a nuotare... Poi scopro anche che non è una novità. C'è una spiegazione su wikipedia...pet rock... che tardone che sono. Scopro inoltre che il suo ideatore è diventato milionario, il che mi ha profondamente deluso in quanto, senza saperne nulla, stavo già pensando di produrle in serie e venderle io, ma sono arrivato tardi...peccato.
Fatto sta che sono a ridosso di un paio di compleanni speciali e non ho proprio il becco di un quattrino, quindi di comprarle già fatte... manco a parlarne. Così, ideona, decido di cercare una pietra domestica, speciale, unica, particolare, bellissimissima.
Un pomeriggio di una domenica, invernale ma assolata, quel tiepido sole che ti anticipa il profumo della primavera, ne approfitto per portare i cani, con la compagna, a passeggiare. La scelta della "lochèscion" ricade sul fiume che passa non lontano. Ci si avventura in mezzo ai rovi, dentro ai rami secchi del letto del fiume, fuori dai passaggi convenzionali, andandoci a ficcare dove non passa nessuno mai, dato che la morfologia del territorio cambia ad ogni piena ed a me non piace andare dove vanno tutti gli unani.
Sembrerà strano, ma fra milioni di sassi non è facile trovare quello giusto, quello speciale, da regalare col cuore. La pietra domestica non è per niente facile da trovare, deve essere lei a chiamarti quando passeggiando ci arrivi vicino, lei ti guarda e sembra dire "accudiscimi ti prego" "portami a casa tua"...  Fatto!... in realtà non me la sono sentita di lasciarne altre abbandonate sul greto del fiume, senza una casa calda ed accogliente... così ho preso mamma, papà, figli e nipotini... più una a forma di lumaca... in realtà la lumaca è dentro e devo solo tirarla fuori. 
Per le pietre domestiche portate a casa, ho costruito delle scatole di cartone per contenerle. Recupero dei vecchi porta riviste neri, taglio, piego, incollo et voilà, una bellissima scatola 1.0 col coperchio. Il fondo di paglia, un etichetta carina ed il regalo è pronto, un paio di giornate regalate volentieri. Non sarà una cosa glàm o griffata ma è sempre un regalo, unico, fatto a mano, di riciclo, spero gradito... potaaaaaa. Alla prossima, contagiosi!.

P.S. Paoli è in salita, Ruggero in piano. Ripeto: Paoli è in salita, Ruggero in piano  

sabato 7 marzo 2020

Scatole e contenitori fai da te

In un post precedente ho realizzato al volo un reggi-smartphone, utilizzando degli scarti di cartone. In realtà il grosso dell'attività si è concentrato nello sperimentare delle tecniche per la realizzazione di contenitori di cartone, delle scatole in grado di contenere tutta la minuteria domestica che altrimenti andrebbe smarrita. Sto parlando di tutti quegli oggettini che girano per casa e che inevitabilmente finiscono, nei casi più ottimistici, tutti assieme alla rinfusa sparpagliati nei cassetti. Di cosa sto parlando? Quale minuteria?: viti e vitine, elastici, pezzi di spago, interruttori, portalampade, guarnizioni per rubinetti, bottoni, inserti per cacciaviti, laccetti chiudi-sacchetti, tappi, batterie, fermacravatte, gemelli, monetine e spiccioli che i negozi ormai non accettano più, gettoni per il carrello della spesa, penne, matite, tasselli da muro, pennarelli, nastro adesivo, colla, soprammobili di m*rda utili solo a prendere polvere, calamite da frigo rotte, souvenir, cartoline, accendini, cuffiette e millemila altre paccottiglie, vado avanti?....
Per chi poi ha la passione per l'elettronica... a cui aggiungere una passione per il recupero ed il riuso... son dolori. Per trovare le cose quando servono, occorre riporle tutte in modo ordinato e coerente. 
Esistono in commercio dei porta minuterie di plastica con tanto di divisori fissi e/o mobili per le minuterie di casa, ma... costano parecchio, non si trova mai quello della misura giusta, non ce ne sono mai abbastanza di uguali ed ad ogni riordino del commerciante arrivano dei modelli diversi che male si impilano l'uno sopra l'altro. Per me che amo le cose tutte in ordine, è un incubo.
Una prima soluzione per risolvere agli inconvenienti di cui sopra, consiste nel recuperare le confezioni di cartone dei prodotti da supermercato (sapone, dentifricio, caffè, integratori, collutorio...) o dei medicinali o di qualsiasi prodotto, avendo cura di aprirli e girarli "il dentro per fuori", giusto per avere all'esterno un contenitore senza scritte colorate. 
Per molto tempo è stata la mia soluzione preferita, agevolata dal fatto che sono un consumatore abitudinario, ovvero, una volta trovato il prodotto che mi aggrada, tendo a ricomperarlo per moltissime volte, ritrovandomi con dei contenitori tutti uguali che alimentano il senso di ordine necessario al mio autismo. Quando voi vedete un rifiuto sotto forma di confezione, io vedo dei contenitori.
Il problema delle "scatole girate" è che spesso nell'aprirle, si strappano male (troppa colla), mentre nel migliore dei casi la nuova incollatura, oltre ad evidenziare il lato un pò strappato, non tiene a lungo, richiedendo altra colla od un rinforzo con un antiestetico nastro adesivo. Per ovviare a tutto ciò, si può pensare di realizzare una serie di template di cartone da piegare, così si risolve per sempre anche il problema delle dimensioni che, nelle scatole già fatte, non vanno mai bene al 100%.
La forma:  si parte da un pezzo unico da piegare ed incollare, uno per la scatola vera e propria e l'altro per il coperchio che si infila sulla sommità. In realtà, a vedere come sono realizzate le confezioni che ci passano per le mani, le soluzioni sono davvero tantissime, basta scegliere quella che più ci piace, copiarla e ridurre od aumentare le dimensioni a piacere, dipende da quanto grande è il cartone di partenza. Sto pensando di realizzarmi un software che agevoli la progettazione, il taglio e l'assemblaggio.
L'alternativa è creare un pezzettino per ogni lato, ne serviranno in tutto 6 (si pensi alle facce di un cubo) a coppie di dimensioni per i parallelepipedi (eh? parallelepipedo??)
Il materiale: Per la scelta del materiale poi c'è l'imbarazzo della scelta. Il cartone ondulato può andare bene, lo si trova in abbondanza anche nei cassonetti della carta da discarica (se il giorno prima non ha piovuto) anche se a volte un pò problematico da piegare esattamente dove si vuole. Se si desidera quello più spesso, senza anima ondulata, ma molto rigido (molto), si può optare per i raccoglitori ad anelli a copertina rigida (a volte coperti da plastica termosaldata ai bordi). Più rigido è e più "difficile" sarà piegarlo. Al limite si possono creare dei tagli a "V" in prossimità delle linee di piega. Il cartone lo si può trovare anche come fondo per le valigette 24ore, quelle più economiche che finiscono più spesso in discarica. Le cassette per la frutta offrono cartone ondulato molto resistente ma di dimensioni ridotte in quanto il fondo, spesso, è forato e quindi inutilizzabile per contenere minuterie.
Gli attrezzi: è sufficiente una forbice, ci si aiuta con un righello lungo ed una matita. Per una maggiore precisione si possono usare i taglierini a lama, le taglierine a ghigliottina (io ne ho rigenerata una tutta arrugginita che stava per essere gettata via), righello a squadra, goniometro, compasso...
La tecnica: Il problema è unire i bordi e tenerli assieme. Il materiale più facile e versatile è la termocolla. Permette un breve tempo di riposizionamento in caso di errori e non richiede tempi lunghi di assemblaggio rispetto alla colla. Serve una pistola per colla a caldo con il dispenser sottile e lungo, per arrivare anche nei posti meno agibili. Una volta piegato il cartone, lo si può eventualmente fermare con delle mollette da hobby o anche con quelle per il bucato. Per facilitare la piega a tre sponde può essere utile, con un punzone di diametro adeguato, effettuare un foro in coincidenza con le tre linee di piega (il foro poi verrà chiuso dalla piegatura e dallo spessore del cartone). Fermate le parti da incollare, si passa una volta con la termocolla e poi si ripassa con la punta della pistola (senza aggiungerne altra colla fusa) per "lisciare" il cordone, facendolo aderire un pò sulle superfici, ottenendo una cosa simile ad un cordone di saldatura MIG su due facce a 90°. Per le giunture a 90° è meglio usare dei supporti in 3D, qualcosa che tenga verticale, orizzontale ed in squadra le tre parti da unire (l'interno di un altra scatola più grande può essere perfetta. Altrimenti ci si costruisce una struttura, sempre di cartone, di riferimento campione... dai, un pò di fantasia ce la vogliamo mettere? Per i giunti "di testa"? sono quelli necessari quando si devono unire due pezzi (a 180°) che stanno su un piano...abbastanza rari, ma se si desidera spingere il recupero.... Se lo spessore del cartone lo permette, si spalma la colla su un bordo e poi si unisce tenendo le parti su un piano orizzontale (meglio uno specchio o vetro così non si corre il rischio che le parti restino incollate al piano di riferimento). Se l'operazione lo permette, meglio passare con una spatola molto calda per spianare il cordone di incollaggio e spalmarlo sulle superfici piane per aumentare la superficie di adesione. 
Per il coperchio si può optare per quello "ad infilare" di dimensioni leggermente più grandi della scatola da chiudere, o la soluzione "a cerniera". La cerniera altro non è che un pezzo di nastro adesivo, nastro isolante, nastro telato (bellissimo) o qualsiasi materiale flessibile che si possa attaccare al cartone senza dover impazzire. In teoria, per i più evoluti, dei micro rivetti a ribattere dovrebbero andare bene se il cartone è abbastanza rigido e compatto. Volendo si possono costruire anche i rinforzi per gli angoli (di cartone o di materiali diversi) e la chiusura, quest'ultima con simil pelle sottile, delle strisce velcro o delle micro calamite che si trovano nelle testine dei lettori CD e DVD.
L'interno delle scatole può essere suddiviso a piacere con delle strisce di cartone (ma anche la plastica sottile può andare, dipende da cosa si ha). 

Con un pò di fantasia, manualità, creatività si possono realizzare delle cose molto interessanti, a costo praticamente zero. Ora devo studiarmi come realizzarmi della termocolla fai da te... altro non è che plastica che fonde a basse temperature... parte la ricerca... he he he... alla prossima.

P.S. Giovanni dice All'alba vincerò. Ripeto: Giovanni dice All'alba vincerò.