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mercoledì 8 settembre 2021

Florabest FGS 10/9 mod. IAN 41808 (conversione da Ni-Mh a Li-Ion)

Mi sono deciso, dopo l'autopsia di questo Florabest 10/9 modello 41808,  di proseguire gli esperimenti per verificare se è possibile sostituire le batterie al Ni-Mh con un paio di Li-Ion 18650 al litio. 

Schema elettrico FGS 10/9: Ho ricavato, seguendo i fili, un paio di schemi per facilitare i collegamenti. Quello presente nel modello di fabbrica è il seguente:

Schema elettrico conversione al litio: Con la conversione al litio invece occorre prevedere alcune modifiche (poche per altro). Per la ricarica delle batterie sfruttiamo il trasformatore già in dotazione che eroga 9 volts in alternata. Con un ponte raddrizzatore ed un 7809 ci creiamo la tensione continua necessaria al BMS, da piazzare all'interno del contenitore delle celle o in caso di indisponibilità, un LM317 può andare benissimo. Lo schema dei collegamenti potrebbe essere il seguente: 


Per gli assorbimenti di corrente del BMS, in configurazione ricarica batterie, dovremmo essere dentro i limiti. Il 7809 supporta sino ad 1Ampère, mentre la corrente di ricarica regolata dal BMS dovrebbe attestarsi dai 200 ai 350mA, sotto i limiti, per cui... niente aletta di raffreddamento (errore...vedi aggiornamenti nel seguito). Ci sarà poi da "bestemmiare" per creare dei riempitivi che tengano in posizione le molle di contatto e per modificare il contenitore delle vecchie batterie al fine di alloggiare quelle al litio. Un altra serie di "bestemmie" in aramaico saranno necessarie nel selezionare i componenti elettronici del circuito di ricarica, sarà una bellissima sfida. Per quanto concerne il BMS occorre fare un paio di considerazioni per il suo dimensionamento. Dato che ormai tutti i bms in commercio, quelli cinesi, sono in grado di limitare la corrente in uscita al valore di progettazione, conviene sceglierne uno che sia di poco superiore al massimo assorbimento del motore a pieno carico. Meglio far intervenire il circuito di cut-off del BMS che rischiare di bruciare il motore, quest'ultimo difficilmente reperibile come ricambio (e sicuramente molto più costoso).

Realizzazione: Devo ancora realizzare delle prove pratiche, per vedere se con 8,4 volts (batterie a piena carica) il motore ce la può fare sotto sforzo (e sino a che punto). Prima di fare questo, dovrei dare una pulita, lucidata e lubrificata alle cesoie che, al momento, sono durissime a causa di un pò di ruggine, nonostante una parte sia trattata con l'anneritore e l'altra verniciata (male). Un'affilata a pietra e via. Più le cesoie saranno affilate e lucidate e minore sarà l'attrito, con conseguente vantaggio per i consumi del motore e dell'autonomia dell'elettro utensile. Per l'anneritore, visto che non ce l'ho ed è costoso più del rene che mi rimane, provo col ferox in grado di reagire chimicamente col metallo e creare una patina protettiva. Sconsiglio l'annerimento con l'olio, in quanto non è mai consigliabile "scottare" le lame temperate (però prima o poi dovrò fare delle prove).  

Me la sto prendendo comoda nel procedere, nessuno mi corre dietro. Ad ogni decisione che devo prendere, mi ritaglio il tempo per ragionarci su, per capire se ci possono essere delle soluzioni migliori. Ad esempio, se due 18650 non saranno sufficienti, potrei provare con tre in serie (cambiando BMS) ed un DC/DC converter regolabile, che mi riporti la tensione da 12 a 9,6 volts, sempre da inserire nel contenitore delle batterie....dovrebbe starci senza grossi problemi. L'obiettivo è di non alterare l'aspetto esteriore dell'apparecchio e contenere al massimo la spesa per la conversione. 

Come sempre, "prendere con le pinze" gli schemi pubblicati, potrebbero contenere errori che non correggerò nel post. Mancano ancora i risultati pratici...stay tuned. Alla prossima.

La medusa mangia i pescetti. Ripeto: La medusa mangia i pescetti. 

Aggiornamento 12 luglio 2021 - Funzionaaaaaa, è vivoooooo!! OK, l'assemblaggio del pacco batterie non ha dato i problemi ipotizzati, spazio ne rimane per eventuali upgrade (2S 2P per aumentare l'autonomia). L'unico neo è che il led rosso rimane acceso con le batterie inserite. Basterebbe uno spinotto con interruttore che esclude il led quando disinserito il cavo dell'alimentatore di ricarica (trovarne uno di recupero la  vedo dura ma non demordo). Ora manca da rifare le ruote di supporto e l'attrezzo è pronto per tornare operativo a nuova vita. Happy gardening!


Aggiornamento 14 luglio 2021 - Ed anche le ruote di supporto sono state realizzate. Ho preso un foglio di plastica (originariamente un espositore da negozio) dello spessore di 3mm e l'ho sagomato. Alla base ho incollato con la bicomponente due tubicini di alluminio (allargati con un taglio longitudinale) e dentro i quali ho fatto passare un perno recuperato da una stampante ad aghi. Le due ruote gommate (perfette) provengono dalla stessa stampante, dal rullo trascina carta. Ora si passa al collaudo sul campo. 

Aggiornamento del 26 agosto 2021. Dopo un periodo di utilizzo, un problema. Il 7809 è andato in fumo, cotto e bruciato, segno che le considerazioni precedenti sull'assorbimento di corrente in fase di ricarica erano errate. Ora ho deciso di realizzare un carica batterie esterno, togliendo dall'interno della cesoia i componenti elettronici, lasciando solo i collegamenti motore/batteria/interruttore e presa di ricarica. Per l'alimentatore sto ancora frugando nel ciarpame  di recupero per verificare se ne trovo uno da 9 volts 3-5 ampère (teniamoci larghi dai, a 6 volts in configurazione 2S, l'assorbimento di ricarica è di 1,85Ampère). In caso negativo, l'idea è quella di recuperare un vecchio alimentatore da portatile a 19 volts e collegarci uno step down DC-Dc converter da 3 ampère (ce l'ho!). Così posso utilizzarlo anche per l'arpirapolvere in corso di conversione che utilizza la stessa tensione e lo stesso BMS. L'unico "problema" sarà trovare un contenitore a prova di massaia...stay tuned.

Aggiornamento 30 agosto 2021: il contenitore per l'alimentatore l'ho trovato, una scatolina nera che ne conteneva un altro. Devo solo addattarlo un pò. Da una prima prova al volo, il DC DC converter sembra funzionare bene, anche se l'integrato LM2596S-ADJ scalda da matti. Il led rosso l'ho eliminato, non mi serve... dai che ci siamo. 

Aggiornamento 9/9/2021: l'originale proprietario ha trovato le ruote... vabbè, mi ero arrangiato ma appena le recupero, credo userò le originali. Ho terminato l'assemblaggio dell'alimentatore di ricarica. Ho recuperato l'alimentatore di un vecchio Acer a 19 volts 5Ampère ed in serie ho collegato uno step down converter cinese da 3Ampère, regolato a 8,9 volts (appena sotto la soglia di tensione per la ricarica, specifica per il BMS utilizzato). Collego il tutto e le batterie si ricaricano sino a 3,7 volts...poi tutto si spegne. Non ho compreso se sia dovuto al BMS che non si fida a caricare di più (boh), al massimo raggiungo 7,7volts totali. Poi ho un problemino non da poco... appena accendo la cesoia, la tensione droppa a zero come se ci fosse un corto... sospettando un assorbimento anomalo (o l'intervento del BMS che va in protezione) o un corto circuito interno, provo ad alimentare la cesoia con un alimentatore da banco, per verificare una volta per tutte gli assorbimenti di corrente del motore.

Alimentazione 9 volts limitati ad 1Ampère, a vuoto misuro l'assorimento del led rosso, 140mA. Allo spunto di avviamento, noto un picco di 1A, mentre a motore avviato l'assorbimento si attesta a 0,950Ampère. 

Alimentazione 7,4volts (3,7x2) stavolta con limitazione a 3Ampère. All'avvio noto un brevissimo picco che varia a volte sino a 2,5A o 1,1Ampère per poi attestarsi su 0,828 Ampère. Dovremmo esserci, anche se misurare la corrente in questo modo non è il massimo. 

Provo allora a ricaricare il pacco batterie con l'alimentatore da banco. Imposto la tensione di ricarica a 9 volts limitati a 3Ampère. La tensione droppa a 8,8 volts e dopo un pò l'alimentatore sembra spegnersi brevemente (un paio di secondi) per poi riaccendersi. Aumento la corrente di limitazione a 5Ampère. La tensione rimane stabile a 9 volts ma la frequenza di spegnimento e riaccensione si fa più rapida, erogando una corrente che si attesta sui 3,5Ampère. Non va bene. Il DCDC step down converter è da 3A nominali e così mi sa che gli sto tirando il collo... dovrò inventarmi un limitatore di corrente in uscita, stand alone, a parte.... altra complicazione, altra sfida.

Quindi? mi sa comunque che forse le due celle utilizzate (usate) sono da sostituire con qualcosa di nuovo, almeno per toglierci qualsiasi dubbio. Per provare il pacco batterie misuro la resistenza della cesoia assemblata, 2 ohm circa. Collego al pacco batterie una resistenza di potenza da 3ohm, dovrei misurare circa 2,5Ampère... in pratica il pacco eroga 2,2Ampère a 7,8 volts.  Con la resistenza di carico collegata la tensione droppa da 7,8 a 7,3 volts... ma allora le batterie sono ok! Cosa succede allora? non riesco a capire perchè con la cartuccia batteria assemblata, se accendo la cesoia il led si spegne e non succede nulla quando accendo. Forse un corto quando avvito il tutto? magari chiudendo il guscio della cesoia ho pizzicato qualche filo? Prima di ri-smontare il tutto per l'ennesima volta, collego al volo il pacco batterie con dei ponticelli e verifico.... la cesoia parte e funziona perfettamente...ma allora? checcaxo c'è che non va? devo avere qualche problema di contatto intermittente... infatti....il problema c'è. Le due lamelle + e - sono montate su un supporto che in origine ospitava le vecchie batterie Ni-mh. Il supporto è mobile, costruito in modo da essere tolto. Le vecchie batterie, per come erano assemblate, fungevano da "riempitivo di spinta". Senza quelle il contatto non era ben fermo e ciò spiega i problemi di funzionamento intermittente. Un abbondante pioggia di termocolla pare abbia risolto tutti i problemi. Ora la corrente di ricarica (a batterie quasi cariche) si attesta inizialmente a 1,2A e scende progressivamente, lentamente (ultima lettura 0,853A). Ancora non mi spiego come mai prima la ricarica richiedeva più di 3A...boh, mistero. Spero di aver risolto il problema, considerato che la cesoia mi serve per rifinire una siepe maledetta che sporge in strada. Al prossimo aggiornamento (se servirà).

I falchi volano ed i piccioni sono nel nido. Ripeto: I falchi volano ed i piccioni sono nel nido.

venerdì 18 giugno 2021

Black & Decker FV7201-H1 (riparazione - parte 2)

Mentre aspetto mi arrivino dalla cina alcuni pezzi, cerco di appprofondire l'autopsia sull'aspira briciole Black & Decker attualmente dissezionato ai minimi termini sul tavolo del bunker lab (vedi prima parte Black & Decker FV7201-H1). Ne approfitto per lavare le parti plastiche, con acqua e sapone, dalla micro polvere che le annerisce all'interno, già che ci sono, nel miraggio di riportarlo a nuovo. La cosa figa è che tutte le parti sono separabili ai minimi termini, senza trucchi o trabocchetti meccanici che tanto complicano la vita a tecnici e riparatori.

Ho deciso di approfondire un dubbio che mi è venuto. Le batterie incluse sono completamente morte, zero volts. Nell'iniziare a pensare ai dati tecnici per progettare un carica batterie al litio, ho necessità di alcuni dati aggiuntivi e con l'occasione misuro la tensione di alimentazione dell'alimentatore a muro in dotazione.

L'alimentatore: I dati di targa stampigliati nel contenitore plastico del trasformatore  indicano 10Volts AC mentre la misurazione col tester mi dà 12 volts AC... poco male. All'interno della base di ricarica dell'aspirabriciole non c'è alcun regolatore, nulla... la tensione a 12 volts alternata viene applicata direttamente alla basetta switch, raddrizzata a semionda da un diodo 1N4001S (1A general purpose silicon rectifier) ed applicata direttamete ai capi delle batterie in serie... nient'altro... e poi viene da chiedersi come mai certi elettrodomesticfi a batteria durano poco... mi sarei aspettato qualcosa di più serio, magari minimale, ma almeno un limitatore di corrente di ricarica con un vetusto LM317 mi pare il minimo sindacale. Vabbè, meglio così. Ad una misurazione del diodo, scopro che è interrotto (guasto) e si spiega come mai le batterie sono morte del tutto, nonostante l'apparecchio sia rimasto attaccato in carica per lungo tempo... forse le batterie sono ancora buone...

Black & Decker switch FV7201

Il motore: La dicitura stampigliata riporta 63403 Johnson 3D3911 con diametro esterno di 35mm. Una rapida googlata mi restituisce una serie di motorini di varie sigle con caratteristiche diverse ma alla fine si trova il sito ufficiale del produttore (link al produttore Johnson Electric ). Ovviamente la sigla stampigliata sul motore non corrisponde a quelle riportate a catalogo ed occorre andare un pò ad intuito. L'unico che si avvicina come caratteristiche dovrebbe essere il seguente:

  • part number HC613G-011
  • diametro 35,8mm 
  • 7,2Volts 
  • Stall Torque nMn 198,0 
  • no load speed 27500 rpm
  • 143Watt

....ma non mi pare corretto... 143 watt a 7,2 volts P=VI I=P/V = 143/7,2= 19,86A non mi pare questo, 20 ampère? 27mila giri? Mi pare tantino, per cui scrivo direttamente al produttore per avere il Datasheet che mi servirà per tunizzare al meglio l'alimentatore, le batterie, e di conseguenza il circuito di ricarica... se non mi risponderà, proverò con misure dirette.  Nel frattempo mi sto divertendo con google translate, che a volte ne combina davvero di divertenti.

Ah...questo post è provvisorio, frutto di ragionamenti liberi e quasi certamente sbagliati.... retrofit in corso...stay tuned (parte 3). 

P.S. La gatta è morta. ripeto: la gatta è morta.

lunedì 8 luglio 2019

Accumulatori compulsivi ed unani

La caratteristica essenziale del disturbo da accumulo (Hoarding Disorder) è la persistente difficoltà di gettare via o separarsi dai propri beni, a prescindere dal loro valore reale.
Ho trovato questa definizione che mi ha incuriosito. E' noto che sono affetto, seppur in modo molto lieve, da questo "disturbo". Non so perchè poi sia un "disturbo" e per chi. Forse per coloro che conformati ed omologati in una società conformista si sono adeguati solo per obbedienza derivante dalla sindrome dello zerbino?  
Disturbo qualcuno quando conservo qualcosa che poi va riparato o restaurato o riciclato o trasformato o migliorato? Forse sì, sicuramente "disturbo" i mafiosi delle discariche o chi si arricchisce con il consumismo compulsivo altrui.  Forse il "disturbo" si manifesta quando si arriva al limite, ovvero quando si manifestano seri problemi di mobilità ed igiene, solo su questo posso essere d'accordo. 
Ma la cosa che più mi irrita è il riferimento al "valore reale". Chi ha deciso a quanto ammonta il "valore reale" degli oggetti accumulati??? Il valore reale è forse determinato dai soliti idioti che misurano la vita con il valore economico dei beni posseduti? Lasciamo stare il valore affettivo, che ha a che fare più con i bei ricordi . Parliamo del "valore reale"... che non ha alcun senso e che sicuramente è una stima estremamente soggettiva. Il valore di un oggetto è sempre soggettivo e non calcolato da un agenzia di rating o da un perito estimatore, il quale quest'ultimo lo fa sulla base di precisi criteri economici di mercato correlati al livello di corruzione personale. 
Ciò che è diventato MIO, l'oggetto sul quale vanto dei diritti di proprietà, che ho acquistato con i miei soldi, con il mio tempo e che non ho intenzione di vendere, ha un valore MIO, esclusivo, personale, privato, indiscutibile, insindacabile ed inopinabile. Io vedo cose che voi unani non potete vedere, in quanto unani dell'unanità (trad."umani ridotti").
Faccio un esempio così è più semplice e la semplicità è il pane degli unani sempliciotti. Prendiamo ad esempio un vecchio tagliaerba elettrico destinato alla discarica. L'unano vede un vecchio attrezzo che "funziona male" rispetto ad un nuovo modello nuovo di fabbrica con mille mila funzioni in più. L'unano nel vecchio vede solo difetti e motivi per disfarsene, e se ne disfa, io invece lo accumulo perchè vedo oltre. Vedo un motore da riutilizzare per altre funzioni, vedo una lama in acciaio che può diventare coltello, machete o altro attrezzo da taglio, vedo una fioriera, vedo un copri rubinetto esterno da giardino, vedo dei fili conduttori, vedo dadi e bulloni, vedo dei tubi in ferro da tagliare e saldare assieme per creare altri oggetti a costo zero per me e per l'ambiente, vedo il divertimento di trasformare, progettare, riutilizzare, risparmiare... quante cose si perde l'unano. Preferisco essere definito "disturbato" che apparentemente "sano" come un unano (per definizione diversamente sano). Alla prossima, ma anche no.

P.S. il ramarro è verde. ripeto: il ramarro è verde.

sabato 18 giugno 2016

Q1617-60001 HP scanner motor assembly

Autopsia di un unità motore di uno scanner, disassemblato da una stampante HP PSC1315 All-In-One. Si tratta del motore facente parte dell'unità di trascinamento del sensore CIS di uno scanner passato a miglior vita. La curiosità e l'idea di riutilizzarlo per qualche applicazione robotica, mi hanno spinto a riportarlo in vita, più che altro a scopo "didattico" e per impratichirmi con la realizzazione di esperimenti nell'ottica "impara l'arte e metti da parte". L'unica foto "dettagliata" dell'unità, in rete, sembra essere disponibile a questo indirizzo.
Intanto partiamo da alcune sigle. L'unità motore ha il part code HP Q1617-60001 (fa parte dell'asssembly  Q1647-60256) ed è compatibile con molte stampanti simili a quella da cui proviene. Per una lista completa dei modelli compatibili, basta visitare partsurfer.hp.com, per accorgersi che il pezzo non è venduto al pubblico come parte di ricambio (forse ai centri autorizzati).
Codice motore: FC130SA - BD063Z08, alimentato a 5 volts, desunti da prove sperimentali. Si parte dalla tensione più bassa e la si aumenta sino a valori "umani", lontani dalla soglia di distruzione. Alcuni motorini a 5 volts non si avviano nemmeno. Questo invece a 5 volts gira ad una velocità che a orecchio è compatibile con quella a cui viaggiava lo scanner, per cui... 5 volts come valore standard e non facciamoci venire altri dubbi.
Lo schema è facilmente ricostruibile seguendo le piste del PCB che ospita il motore. Il segnale che avvisa il processore che l'unità scanner è in movimento (ed in quale direzione) si basa su un doppio sensore a fototransistor e led ad infrarossi. Una rotellina forata, solidale all'asse del motore, interrompe il fascio di luce e alternativamente manda in conduzione/interdizione i fototransistors per produrre in uscita un segnale analogico che viene successivamente campionato e trattato dal microprocessore. Le resistenze inserite nel circuito ci facilitano l'esercizio di calcolo delle correnti e dei valori. La corrente del led ad infrarosso è di 50mA (compatibile con i valori di massima applicabili a questa tipologia di sensore). La corrente di collettore calcolata grossolanamente con la resistenza di emettitore da 1kohm, dovrebbe essere di 10 mA, anche questa compatibile con la stragrande maggioranza degli opto-interruttori a forcella (max value 30/40mA). Per cui....5 volts è l'alimentazione corretta. 
Per visualizzare il segnale in uscita, prelevato dall'emettitore dei fototransistor, se non si dispone di un oscilloscopio, è sufficiente collegare un led rosso con una resistenza in serie da 220ohm (5% 1/4Watt, chi non ce l'ha nel cassetto?), in grado di limitare la corrente a circa 15mA e non rischiare di bruciare i fototransistor. Il segnale prelevato all'emettitore del fototransistor dovrebbe attestarsi sui 3,16 volts, compatibili per la maggior parte dei processori attualmente in uso (Arduino, Raspberry, ecc...). Ok, quasi ci siamo. La tabella del segnale in uscita, prelevato dai due collettori, per una rotazione in senso orario è la seguente:
00
10
11
01
mentre nel senso contrario 
00
01
11
10
Con una semplice routine software (esercizio e compitino da fare a casa) non è difficilissimo interpretare il senso di rotazione del'asse del motorino ed agire di conseguenza. 
Bene, manca la piedinatura del connettore che può essere rimosso o lasciato al suo posto se si è conservato il cavo flessibile piatto. Se si guarda il PCB lato saldature tenendo a destra il connettore, numerando dall'alto verso il basso i punti di saldatura avremo la seguente disposizione:
1 Motore
2 Motore
3 Massa
4 Alimentazione +5 volts (anodo e collettore comune)
5 segnale 1
6 segnale 2
Seguendo le piste è possibile ricavare la piedinatura del sensore a forcella entro cui gira l'interruttore ottico del fascio di luce infrarossa.
Ok, ci siamo. Abbiamo tutti gli elementi per riutilizzare l'oggetto o per modificarlo a piacere. Come? Un idea strampalata può essere quella di un retrofit della stampante, sostituendo la mother board con processore, interfaccia e firmware proprietario e realizzare una stampante open source. Magari, finalmente, potrebbe essere possibile stampare anche con un colore assente senza dover sostituire tutta la cartuccia. O divertirsi a scannerizzare solo con la luce blu o verde (utile per scovare o evidenziare particolari colori, tipo i ghost dot che marchiano le nostre stampe a nostra insaputa) o magari inserendo dei led UV in aggiunta o in sostituzione ai tre già presenti nel CIS (già analizzato nei post precedenti). Esperimenti in corso, ci sarà da divertirsi. Alla prossima.

P.S. Piove governo ladro. Ripeto: Piove governo ladro.


giovedì 31 marzo 2016

Riparare, non buttare!

E' dall'apertura di questo diario che sostengo caparbiamente la politica del fai da te, della riparazione spinta, del retrofit, del ri-uso e nei casi peggiori della ricostruzione di parti rotte. Le motivazioni sono facilmente comprensibili anche ai più resistenti. 
Parto da questo articolo http://www.repubblica.it/ambiente/2016/03/29/news/riciclo_lobby_riparatori-136500057/#gallery-slider=136502080 per alcuni ragionamenti. 

Se sostenere il diritto di disporre di oggetti regolarmente acquistati è scarosanto, lo è altrettanto opporsi a qualsiasi legislazione, impedimento o politica che vorrebbe impedircelo. 

Per queste motivazioni, negli stati uniti, è nata la Repair Association https://repair.org/ alla quale si può aderire a partire da 50 dollari. E' in realtà una associazione nata dal sito https://www.ifixit.com/ comunità di riparazione on-line che però vende anche attrezzature e strumenti pubblicizzati all'interno dei tutorial liberamente accessibili (nulla con non si possa fare anche senza).
Ma nel vostro paese... c'è qualcosa di simile? No. La situazione è ben diversa. Da voi è ancora molto forte il suggerimento "conviene buttare e comprare nuovo". Ho sempre rifiutato un suggerimento simile (anche qui dove vivo), dimostrandone la falsità e soprattutto chi sia in realtà il fruitore della "convenienza" suggerita. 

C'è da dire che, complice l'ignoranza diffusa, la superficialità indotta, il bisogno percepito, l'acquiescenza di consumatori proni alle frottole e l'avidità di certi commercianti illuminati dal profitto spinto, il tutto condito da subdole politiche che tendono a metterci l'uno contro l'altro (riuscendoci benissimo), l'ostacolo maggiore che impedisce una solida costruzione di una rete di persone consapevoli, disposte a difendere apertamente un diritto indiscutibile e non mediabile, è rappresentato dall'ignoranza, dalla pigrizia, dall'invidia, comunque da tutta una serie di elementi che non possono essere certo annoverati fra le virtù. 

In un paese popolato in maggioranza da unani schifosi, per dimostrare quello che sostengo, coloro i quali decidono di riparare sono additati ed etichettati come hacker (per alcuni un indice di criminalità), pirati, smanettoni, cantinari, gente pericolosa che è contro il "progresso" (di cosa?), elementi pericolosi per l'economia (di chi?). 

E' facile intuire chi sia il responsabile di diffondere tali epiteti... chi ha interesse a sostenere il consumo spinto, dai produttori ai commercianti sino alla fine del ciclo dove troviamo solo discariche ed inceneritori, per non parlare di quelli che trattano le materie prime. 

Il processo di acquisto, uso e fine vita del prodotto è solo una piccola parte del ciclo di vita di un oggetto. Prima e dopo ci sono una serie di processi che a ben vedere sono dannosissimi per tutti noi ma di cui si parla poco e che solitamente vengono ignorati dai più. 

Diversamente, se si affronta l'argomento, la macchina del fango riparte e si viene etichettati come sognatori, utopisti, ecologisti, attivisti, antagonisti (anche a queste parole si tende a dare una connotazione negativa) o peggio terroristi o ecoterroristi. Sembra che avere idee diverse dalla massa provochi delle reazioni incontrollate da parte di chi non si sa di preciso, ma che riesce sempre a far sentire la sua voce sopra tutte le altre, inducendo timori e paure irrazionali... ma efficaci. 

Ed ecco che allora ci viene in mente una domanda... riuscirete mai nel vostro paese a creare un associazione di riparatori?, una lobby pulita (si lo so, è un ossimoro) che abbia l'obiettivo di poter esercitare un diritto? non credo, a meno che sottostante ad essa non ci sia l'interesse politco ed economico degli stessi che spingono i consumi inconsapevoli. Secondo me non avete scampo. 

Ma una soluzione c'è?? Forse si. Smettiamola di ragionare in termini numerici, di associazioni, di gruppi sui social, di raccolte firme o di soldi (oops... crowdfunding fa più figo), di partiti, di qualsiasi cosa che puzza tanto da gruppo di pecore che si sentono sole ed isolate alla ricerca di un leader o di un guru a cui votarsi come guida spirituale. 

Iniziamo a rimboccarci le maniche ed inziamo a FARE! senza nessuno che comandi, diriga, coordini. Ognuno di noi è un essere pensante (lo so non è proprio vero). Il resto viene da sè e lo dimostrano recenti studi (senza fonte, andarevela a cercare) che sostengono come l'evoluzione è frutto della cooperazione e non della competizione. E non è necessario saper navigare nella darknet per trovare le istruzioni, gli schemi, i tutorial (ovvero la pappa pronta per i pigri), bastano un pò di volontà, conoscenze, senso pratico, intelligenza... non è una cosa da tutti ma la selezione naturale farà il resto, ne resteranno soltanto pochi. Ciao imbecilli. 

P.s. le orecchie, gli occhi e le mani sono il doppio delle bocche. Ripeto: le orecchie, gli occhi e le mani sono il doppio delle bocche.

martedì 21 aprile 2015

Saldatrice fai da te con MOT (parte 1)


E' periodo di trasformatori e... e... è venuto il momento di iniziare la costruzione della saldatrice a punti con un MOT (Microvawe Oven Transformer) ossia il trasformatore del forno a microonde. 
Per la verità, da tempo, si trovano in rete un sacco di soluzioni, non è una novità, per cui voglio documentare qui le "difficoltà" incontrate,  poco mi importa delle brutte figure, sono pazzo, per cui. 
Allora, andiamo con ordine. Il trasformatore proviene da un forno a microonde buttato da un ristorante, produttore DONG YANG Power Systems Co, LTD DMC-M Class 200 YS-450. Non certo un modello economico, che ormai si trovano a meno di 40 euro dai cinesi, anche se è di produzione cinese. L'ho tenuto proprio per questo, fatto a pezzi e recuperato il recuperabile, compresa la ventola, i microinterruttori, il condensatore ad alta tensione (quest'ultimo da sperimentare). Il magnetron e relativo magnete l'ho buttato. Sì, contiene quel collarino rosa che è una sostanza altamente tossica, velenosa, per cui preferisco rinunciare al magnete toroidale e tenermi la salute. Non scherzo, non è nemmeno da toccare per nessun motivo (#sapevatelo). 
Il trasformatore va modificato, per ottenere sul secondario una bassa tensione ma una corrente poderosa, sufficiente a fondere in pochi secondi dei piccoli lamierini da saldare assieme. Con due trasformatori modificati messi in serie o parallelo, è possibile ottenere anche una saldatrice ad elettrodo, opportunamente ventilata ovviamente perchè non si scaldi troppo e lo smalto del rame sugli avvolgimenti vada a farsi friggere (diventa scuro e perde le sue capacità isolanti).
Come si fa a riconoscere l'avvolgimento da togliere? E' quello con il filo più sottile e maggior numero di spire (è un trasformatore che "alza" la tensione e non come quelli tradizionali degli alimentatori che la abbassano). Per cui è quello usato come "primario" a 230V da tenere, quello con meno spire e filo più grosso. Per togliere il secondario ci sono varie scuole di pensiero. C'è chi taglia con un flessibile le lamelle in corrispondenza della saldatura e poi risalda il tutto dopo aver pulito per bene l'interno. Altri invece tagliano, sempre con il flessibile, il secondario facendo bene attenzione a non rovinare il primario. Il primo sistema è più "pulito" e sicuro ed assicura la costruzione del secondario più facilmente. Il secondo metodo è più rischioso e difficoltoso ma almeno non si deve usare una saldatrice che magari uno nemmeno ce l'ha. Io ho preferito tagliare delicatamente col simildr*mel e disco diamantato l'avvolgimento e sfilare pian piano il tutto, compreso l'avvolgimento ausiliario ed alcune lamelle aggiuntive poste fra primario e secondario del MOT. Ci ho messo di più, certo, ma nessuno mi corre dietro. 
Ora devo trovare il filo per rifare il secondario... non so dove recuperarlo... qualche cantiere? boh, vedremo. I collegamenti e gli elettrodi prevedo di farli con delle barre di alluminio, meno costose, più facilmente reperibili e comunque sempre un buon conduttore, al limite ho dei profili di ottone...valuterò il dafarsi. Per il supporto penso di utilizzare una vecchia colonnina porta trapano (quelle da hobbisti che sono delle vere ciofeche). Così mi assicuro un movimento lineare nella discesa dell'elettrodo superiore e non radiale come per la versione a cerniera. Inizialmente opterò per un collegamento grezzo... voglio verificare fino a cosa riesco a saldare. Se tutto mi soddisfa procederò con un contenitore adeguato, e se mi gira...lo faccio portatile per saldature al volo (in giardino serve sempre una puntatrice per i supporti dei pomodori e delle melanzane. Come primo progetto? devo saldare dei fili di ferro per crearmi delle grucce su misura da usare nell'asciuga biancheria a sacco, quella ad aria calda. Vedremo. Alla prossima. 
P.S. L'involtino plimavela è plonto. Ripeto: L'involtino plimavela è plonto.

venerdì 10 aprile 2015

NE555P Monostabile (Timer)

Un apparecchiatura "elettromedicale" (il virgolettato è d'obbligo) dismessa, è una preziosa fonte di cose da recuperare. Una cessata attività di un poliambulatorio mi ha lasciato in eredità solo le apparecchiature guaste, irrecuperabili, da rottamare. Un laser ad infrarossi per la cura dei dolori artritici o post-trauma... l'unico problema era un diodo spezzato in prossimità di un selettore allentato. Il medico a furia di smanettare la manopola, girando oltre il necessario, ha torto i fili all'interno con conseguente rottura meccanica. Di riparare...nemmeno a parlarne in quanto non so che farmene di un apparecchio del genere (almeno il laser fosse stato visibile...), anche se mi alletta molto la soluzione adottata per il montaggio del diodo laser...un tubo metallico con pulsantino.  Smontare e recuperare? certo che sì.
Non posso nascondere il mio stupore quando l'ho aperta. Collegamenti con fili volanti, basette preforate... da un apparecchio per la terapia del dolore con laser ad infrarosso mi sarei aspettato di più. Impossibile risalire al fornitore (ad oggi scomparso, i suppose, dal mercato). Sicuramente un prodotto artigianale, risalente alla fine degli anni 70 od 80 e sicuramente fuori norma, non con quelle attuali che hanno solo complicato la vita ai produttori e lievitato il loro costo oltre il tollerabile.  La "fortuna" sta nel fatto che per fortuna in questo apparecchio i circuiti sono stati realizzati modularmente, su basette artigianali separate l'una dall'altra. La prima che ho rimesso in funzione è equipaggiata con un NE555P,.. la più semplice... dopo aver ricostruito il circuito a mano seguendo le piste, sono riuscito a capire come collegare i morsetti con i componenti mancanti. Risultato? un temporizzatore in configurazione monostabile. Ton per un certo tempo e poi off, con reset manuale.
Due pulsanti, uno di start ed uno di reset, più un potenziometro che ho stabilito da 300K per assicurarmi tempi lunghi nella temporizzazione. Ho recuperato due microswitch provenienti da chissà dove più un vecchio potenziometro (minimo ha trent'anni) che non sembra ossidato (funziona). 
Il tempo di accensione si calcola con la formula Ton=1,1 RC dove la resistenza è quella collegata al piedino Discharge (7) e C è il condensatore collegato al piedino Thresold (6). Nulla vieta di inserire un potenziometro da 1Mohm per tempi biblici, calcolabili dalla tabella presente nel datasheet dell'integrato (entrambi facilmente reperibili in rete). 
Un piccolo relè a 12 volts (privo di transistor di pilotaggio in quanto assorbe meno dei 200mA che il 555 è in grado di supportare) mi pilota due deviatori, utili per accendere un paio di lampade o in parallelo per carichi più importanti, o magari per la solita luce scale che restando accesa si mangia silentemente i miei risparmi. Possibili modifiche? sicuramente si... un sensore PIR per avviare la temporizzazione, una fotocellula per impedire che la luce si accenda di giorno o quando l'illuminazione è già sufficiente, un reset comandato da remoto...unico limite...la mancanza di fantasia. Ah, la resistenza in serie al led, da 10K a mio avviso, se so volesse portate il Led on su un pannello frontale, andrebbe diminuita alprossimo valore inferiore disponibile per renderlo un pò più luminoso.
Ora devo solo trovare un contenitore adeguato... mi sa che dovrò tornare a frugare nel garbage, qualcosa salterà fuori sicuramente. Lo schema? davvero? in rete si trovano un infinità di progetti già pronti, perchè replicarli? solo per qualche click in più? naaaa. Alla prossima. 

P.S. il bacchetto è di legno. Ripeto: il bacchetto è di legno. 

domenica 22 marzo 2015

riciclo creativo lampadine

Cazzeggio, autentico cazzeggio. Sono da tre giorni indeciso se buttare un pò di roba inutilizzata o inutilizzabile dal laboratorio. Non riesco a decidermi. Tutto mi sembra utile, riutilizzabile, riciclabile, migliorabile, trasformabile e per quello che no.... sono curioso di aprire, vedere, provare, capire come funziona... è più forte di me. Così, per derogare quello che vorrei/dovrei fare...mi capita per le mani una vecchia lampadina ad incandescenza (di quelle di una volta dirà qualcuno). Andate in pensione, man mano che si bruciano, terminata la loro vita programmata a morire dopo un tot di ore, occorre sostituirle con quelle a led (meglio di quelle a fluorescenza che fanno letteralmente schifo e inquinano da morire). Ne ho una da 40 watt e mi metto in testa di vuotarla ed utilizzarla come contenitore per ancora non so cosa. Prima di iniziare, è meglio ricordarsi di manipolare la lampadina avvolgendola in un panno o della carta, giusto per evitare, se esplodesse, di tagliarsi le mani o peggio che qualche scheggia finisca negli occhi (quest'ultimi non sono previsti di ricambio). 
Per procedere ho fatto così: con un attrezzo rotante ed una lama diamantata si asporta il contatto centrale, quello solitamente nero dove al centro c'è un bottone metallico. 
Si asporta tutto e si cerca di rendere accessibile l'interno della ghiera filettata.
Con un cacciavite si fa leva sul condotto di aspirazione in modo da farlo saltare via. Poi, sempre con un cacciavite ed un martelletto, si cerca delicatamente di far saltare anche il tubo che supporta i due contatti che sorreggono il filo in tungsteno (quello che attraversato dalla corrente diventa incandescente ed emette luce). 
Sempre con il rotary tool, con una mola abrasiva, si allarga il foro in modo da agevolare l'estrazione di quello che resta all'interno. L'operazione serve anche per poter pulire l'interno ed infilare quello che si riterrà opportuno. Per pulire per bene l'interno, la soluzione migliore è quella di usare della sabbia fina, abrasiva, Si agita per bene e si svuota il tutto, così l'interno rimane pulitissimo, provo di annerimenti.
Ora c'è il problema... che ci faccio con una lampadina vuota?. In rete principalmente si trovano delle idee.
Terrario: prevede la semina e germogliazione di semini di erba o altro... ma se il contenitore non drena l'acqua è facile che le radici possano marcire se si esagera con l'innaffiatura.
Porta fiori: si inserisce un fiore dopo aver creato un supporto in filo di ferro da appendere. Non mi piace recidere i fiori che stanno bene dove sono.
Lume a petrolio. Si riempie di olio da lanterne e si infila uno stoppino dentro la ghiera filettata, in modo che peschi il liquido. Su questa soluzione ho dei dubbi. Lasciamo stare cosa produce nell'aria la combustione di olio o petrolio derivato. Mi preoccupa il calore... anche se il vetro della lampadia è progettto per le alte temperature del filamento interno, ho il timore che il bulbo possa incrinarsi e far fuoriuscire l'olio infiammabile.
Altre idee? perchè no creare un altra lampadina, stavolta a led? magari una lampadina da tavolo, visto che ricreare l'attacco è un pò problematico. Mi sa che proverò quest'ultima soluzione non appena mi verrà l'estro di sperimentare dei circuiti a reattanza capacitiva. Alla prossima.

P.S. nutri la nutria e piazza la pizza. Ripeto: nutri la nutria e piazza la pizza.

domenica 10 aprile 2011

CCD sensore di scansione a linee (parte 2)

C'è un "cinese" a cui devo un favore. Non è stato per nulla facile, ma alla fine ho trovato degli appunti, mai pubblicati in rete, su come tentare di far lavorare il sensore di immagini a contatto (Toshiba CIPS218CF600 - CIS Contact Image Sensor). Alcuni dati li avevo "indovinati" con dei ragionamenti logici, altri invece sono specifici. 

Procediamo con ordine partendo dalla piedinatura del connettore e poi vediamo i segnali da applicare. 
  1. OS Tensione analogica di uscita
  2. Mode (300/600dpi switch)
  3. GND
  4. VOD Power supply
  5. GND
  6. TR (impulso di start)
  7. M (clock)
  8. LEDCA (anodo comune dei tre led RGB)
  9. Led blu
  10. Led verde
  11. Led rosso
  12. GND
Alcune caratteristiche dei segnali da applicare:
La tensione di uscita OS è di 800 mV (tipico) e 1,2 - 1,5V al massimo in condizioni di saturazione non lineare. Il VO tipico è misurato su un foglio bianco riflettente dall'80 al 90% con corrente per ogni led a 20mA e tempo di esposizione di 5mS. In condizioni di nero, il VO è di 40mV.
La modalità 300-600 dpi si ottiene applicando rispettivamente tensione o massa al piedino 2. Se il piedino 2 è a massa la risoluzione selezionata è 600 dpi. Per controllare l'esposizione, basta applicare un PWM ai tre diodi RGB sui quali non dovrà scorrere una corrente superiore ai 20mA.
L'alimentazione tipica del CIS è di 5V (minimo 4,5V massimo 5,5V) con un consumo di 60mA (max 100mA).
La frequenza del clock e del data rate in uscita è minimo 0,1 Mhz e massimo 2.5Mhz. Raccomandato 1Mhz. con ampiezza pari alla tensione di alimentazione. 
Per la lettura di una linea occorre applicare un impulso di start ed aspettare 5 impulsi di clock, trascurare le letture dei successivi 17 impulsi  di clock e successivamente leggere OS ad ogni impulso di clock per 5152 volte (i pixel dell'immagine vera e propria). Quindi per una lettura di una singola riga, occorreranno 5173 impulsi di clock. Si converte la lettura analogica OS in un valore binario e quello sarà il valore dell'intensità luminosa riflessa. Questo ciclo andrà ripetuto tre volte, per la stessa linea di lettura, accendendo alternativamente i led rosso blu e verde se si effettua una scansione a colori. Se si desidera una lettura in BN allora si accendono tutti e tre i led contemporaneamente (luce "bianca") e si legge per un solo ciclo ad ogni riga di lettura. Poi si avanza di una riga e si legge la successiva. E' chiaro che lo step di avanzamento andrà sincronizzato. Si può quindi predisporre un motore passo passo (stepper) o usare un encoder per rilevare il movimento del sensore se si vuole trascinare il CIS a mano. Un encoder di un mouse potrebbe andare bene, anche se va verificata la sensibilità in funzione della necessità di spostamento del sensore rapportata alla risoluzione adottata.
Bene, ce n'è abbastanza per cominciare a fare degli esperimenti e sbattere la testa con un problema mai trattato ad oggi nella pratica. Per pilotare il CIS ho a disposizone la Fox board 832 GNU-linux embedded system. Per generare un clock di 1Mhz dovrò creare un modulo apposito e lavorare a livello di kernel space...mai fatto prima d'ora, per cui mi servirà parecchio tempo per studiare e procedere per tentativi (e non è detto che ci riesca). Al limite proverò alla frequenza più bassa a livello di user space, dove dovrei raggiungere una frequenza di circa 130Khz (sufficienti). Sebbene si trovi della documentazione, devo dire che questa è a volte inutile in quanto imprecisa e poco dettagliata, come questo mio diario del resto. Ma preferisco così, non mi è mai piaciuta la pappa pronta così come odio pigiare bottoni senza sapere cosa sto facendo e cosa succede.
Per la conversione da analogico a digitale, mi sa che dovrò tribolare un pò. Non ne ho "di recupero" per le mani (sembrano abbastanza rari nelle apparecchiature che tratto) e vige l'obbligo di recuperarli da qualche parte, giusto per onorare lo sciopero della spesa e dato che a casa mia vige da anni l'auto embargo volontario. Ne ho trovato un paio in una scheda di un vecchissimo hard disk ma la tensione di alimentazione è a 12 volts e mi sa che è troppo "lento". Pensavo anche di usare un convertitore AD preso da una mother board di un paio di PC. Sono i chip codec audio (AC97) ma credo che siano troppo lenti anche questi in quanto progettati per le frequenze audio e noi siamo un pò oltre la gamma delle frequenze udibili. Vedrò cosa inventarmi, devo indagare. Un alternativa (un ripiego) potrebbe essere la seguente. Chissenenfrega di voler ricostruire uno scanner professionale. Se applico il segnale analogico (opportunamente amplificato) direttamente su una porta logica di input (3,3volts tolerant), quest'ultima interpreterà il valore binario in base alle soglie dichiarate nel datasheet. O zero o uno, o bianco o nero e basta. In caso di uso come sensore lineare generico potrebbe andare bene. Immaginiamo, per assurdo, un sensore che mi deve dire a che livello è posizionata una tapparella, oppure per indicare i gradi di apertura di un varco (un cancello ad esempio), o il posizionamento di un carrello o, ancora, il livello di un liquido con precisione "millimetrica"... in questi casi mi basta lo zero o l'uno ed i toni di grigio che vadano a farsi f*ttere, tanto alla fine quelli che se ne stanno un pò di quà ed un pò di là non mi sono mai piaciuti tanto, maledetti opportunisti. Alla prossima.

P.S. La gallina ha fatto l'uovo nero. Ripeto: La gallina ha fatto l'uovo nero.

martedì 25 gennaio 2011

Ri-uso

Troppo spesso le idee che mi vengono in mente, vengono poi tradotte sul piano pratico nell'ennesimo business... per gli altri. Mi sa che c'è qualche microspia nel mio bunkerlab e la devo smettere di parlare da solo ad alta voce.  Ma del resto, le idee che ho, sono frutto dell'ovvietà che deriva dall'inevitabile conseguenza di scelte governate dall'unico disgraziato desiderio di fare profitti.
Da "Repubblica" un articolo che cita una nuova "moda". Alcune multinazionali si sono accorte che esistono su questo pianeta delle persone che riescono a rigenerare, riparare, rimettere a nuovo, ingegnarsi per non buttare e risparmiare. Ecco che allora, sempre pronte a danneggiare i più piccoli e togliere loro quello che a volte è una boccata di ossigeno, le multinazionali, i "big", hanno pensato si fare proprio quello che per i deboli è un micro business, trasformandolo egoisticamente in una fonte di guadagno. Ladri di idee, ladri di futuro, ladri e basta. Che le multinazionali siano maledette per l'eternità.
Se fino a qualche anno fa concentravano il loro sforzi per indurre le persone a consumare rapidamente e gettare in discarica con leggerezza, oggi sono concentrati a completare la loro sfera di interesse (il lucro) anche nel settore dell'usato, diventato improvvisamente prezioso...per loro ovviamente. Di noi poveri mortali che importa?
Ma... credono davvero che ce ne staremo con le mani in mano a guardare l'ennesima rapina del lavoro?. Ormai la miniaturizzazione e la tecnologia ci impedisce di produrre in proprio l'hardware (ma non è proprio vero del tutto), ma nulla ci impedisce di scrivere software. Per reagire, concentreremo i nostri sforzi nel settore IT per riscrivere "from scratch" il firmware delle loro apparecchiature tecnologiche. Vedremo quindi, presto, apparecchi "obsoleti" che funzionano meglio, più pratici, più veloci. E' già successo con GNU-linux per i PC, sta accadendo con router e modem o per le console da gioco, accadrà per i telefonini. E' solo questione di tempo. Riusciremo quindi a liberarci per sempre dalle licenze d'uso, il cancro della tecnologia, e disporre liberamente di ciò che ci appartiene di diritto, senza vincoli contrattuali....liberi! Parallelamente, in rete, senza capi e senza arruffapopolo sempre pronti a comandare, la comunità hacker penserà a boicottare certi prodotti osannati dal marketing, ma che in realtà sono delle ciabatte senza valore. La qualità di un prodotto la si verifica dai materiali, dalle scelte progettuali, dalle caratteristiche dei componenti elettronici usati. Solo aprendo, smontando, riparando si può capire se un apparecchio è ben fatto, se alla base ci sono delle buone idee e delle scelte ragionate, giustificate, condivisibili. Il più delle volte ci si accorge che alla base, come obiettivo principale, c'è la massimizzazione del profitto, e mi spiace per quei progettisti che vorrebbero fare di più ma sono costretti a certe scelte scellerate in nome del risparmio sui materiali. Anche il firmware soffre di questa visione miope del progresso. Fior di sviluppatori costretti a consegnare programmi scritti in fretta, già sottopagati ovviamente. I risultati i tecnici li percepiscono ed hanno perfettamente ragione nel modificare, migliorare, smontare e sostituire...sarà per noi ancora più facile continuare a trovare nuovi sbocchi verso nuovi mercati, sino a quando i consumatori non si sveglieranno per reagire... ma per questo non c'è pericolo visto il coma profondo in cui sono stati portati.
Buona fortuna imbecilli. 

P.S. il bagno è sporco e manca la carta. Ripeto: il bagno è sporco e manca la carta.

domenica 14 novembre 2010

Il muccalogio

C'è in giro la pessima abitudine di fare dei regali orrendi. L'anno scorso, a natale, qualcuno ha pensato bene (non so perchè) di regalarmi una sveglia. In realtà è un Muccalogio, ovvero un orologio con quadrante che raffigura due mucche che si baciano...oiboh! ad un geek non bisogna mai regalare dispositivi 1.0 analogici...si offende. Se poi l'oggetto obsoleto è orrendo... vabbè, banniamo anche questa persona nella blacklist e non se ne parla più. Di buttare l'orripilante e vetusto oggetto nemmeno a parlarne per il principio della conservazione dell'energia. 
Oggi ho terminato di sistemare una moltitudine di problemi del nuovo portatile con GNU-linux Ubuntu 10.10 e mi avanzano 3 minuti...giusto per distrarmi. L'occhio mi cade sul muccalogio con le pile scariche, rapito dalla bancarella cinese o da qualche negozio "tutto ad 1 euro" (che se fosse per me li farei chiudere per sempre).
Urge sostituzione del quadrante con qualcosa di più "raffinato" che lo faccia diventare un vero, prezioso ed esclusivo "ovovogio fine '900". Due viti testa a croce, togliamo il superfluo, tipo il finto campanello meccanico, e con Openoffice draw mi disegno al volo un quadrante provvisorio, con tanto di sponsor del mio sito preferito...et voilà, un bellissimo ovovogio 1.0. Prossime implementazioni... l'illuminazione, una unità storage per nascondere bit preziosi e compromettenti, una micro cam per intercettazioni ambientali...quando ne avrò voglia. alla prossima.

P.S. i gatti hanno 1001 vite. Ripeto: i gatti hanno 1001 vite.

martedì 28 settembre 2010

xoscope - oscilloscopio su scheda audio (parte2)

Una serie di errori...che mi hanno costretto a cambiare idea, ma alla fine è finito. Funziona?...non lo so...un sacco di cose potrebbero andare storte, visto che ho utilizzato esclusivamente componenti elettronici di recupero e che potrebbero anche non funzionare... come il ponte di diodi che non svolgeva il suo dovere.
Devo quindi ancora procedere con il collaudo, il cuore batte forte e preferisco concentrarmi nella costruzione delle sonde. Per costruirle, voglio provare ad usare il corpo di una penna a biro che termina a cono in punta (metallica) e sto cercando un puntale di misurazione...un chiodo, un filo di rame o ottone...sto frugando nei cassetti...vorrei anche ammortizzarla con una molla in qualche modo...sto studiando una soluzione che produca un risultato esteticamente "gradevole" o "professionale", giusto per tentare di dimenticare che sono un barbone in pieno sciopero della spesa.

Come sempre, per mio promemoria e per soffocare la mia presunzione ed arroganza latente, preferisco elencare anche gli errori commessi, non me ne vergogno.
Errore1 - Misure del primo contenitore. Dopo il montaggio dei potenziometri, degli interruttori e delle prese BNC mi sono accorto che il tutto non entrava dentro il mini contenitore metallico. Avrei potuto ridurre un pò le dimensioni delle due milllefori. Ho preferito invece optare per un contenitore di un modem ISDN, ricostruendo il pannello frontale dal vassoio di una epson LX800 ad aghi. Non è schermato, lo so, ma potrei optare in futuro, se necessario, di spruzzare un pò di vernice conduttiva all'interno (come si faceva nei PC portatili di una volta);

Errore2 - il 7809 l'ho montato al contrario. Da stupido, ho seguito le specularità grafica dello schema ed ho montato il regolatore dei -12V al contrario, scambiando l'ingresso con l'uscita (si nota nella foto del post precedente)...dopo un paio di minuti ha iniziato a scottare, mentre tentavo di capire cosa non andasse. Dato che c'ero, ho sostituito anche il 7812;

Errore3 - la presa a pannello per il cavo 220 era di tipo diverso da quelle che si trovano oggi. Ho per forza dovuto acquistarne una per pochi centesimi, adattando il foro per le nuove dimensioni. Fortunatamente il passo delle viti non è cambiato;

Errore4 - mi sono dimenticato di collegare a massa il led di segnalazione presenza dei +12V e di collegare l'alimentazione -12V degli integrati con i -12V del primo diodo;

Errore5 - mi sono dimenticato di collegare a massa (e fra di loro) gli elementi presenti nel pannello frontale;

Errore6 - nel girare il regolatore di tensione 7912 (Errore2) ho (ri)erroneamente male interpretato la piedinatura. Guardando un 7812 dal davanti, contando i piedini da sinistra a destra si incontra l'ingresso, la massa e l'uscita. Per il 7912 non c'è la stessa logica. Si incontra per prima la massa, poi l'ingresso e per ultimo l'uscita;

Errore7 - nel connettore che va all'ingresso della scheda audio ho sbagliato a saldare i due pin centrali. Quelli che portano il segnale sono i due pin esterni. 

Ce n'è abbastanza per fare la figura del principiante smanettone. In questa realizzazione, non ho prestato molta attenzione e non mi sono concentrato abbastanza nel controllare, ricontrollare e riricontrollare ad ogni saldatura (come faccio di solito) e l'elenco parla da solo. Mai dare per scontato ciò che si sta facendo. Alla prossima.

P.S.  Il cortile è pulito ed il giardino è in fiore. Ripeto: Il cortile è pulito ed il giardino è in fiore.

domenica 15 novembre 2009

NEC e616V - autopsia


L'impulso di capire e conoscere mi ha assalito all'improvviso, alle spalle, senza preavviso, proprio durante un ritaglio di tempo, mentre ho per le mani un vecchio cellulare NEC mod. e616V della Tre. L'alimentatore è rotto, bruciato e purtroppo irrimediabilmente irreparabile. L'apparecchio è sicuramente funzionante (mi fido di chi me l'ha dato perchè lo conosco) ma è quasi impossibile da aprire. Le viti di chiusura infatti sono quelle con incavo a triangolo e di trovare il cacciavite adatto di quelle dimensioni nei normali circuiti commerciali a prezzi ragionevoli è quasi impossibile. Decido allora di tentare di aprirlo comunque. Impossibile provare ad incastrare un mini cacciavite piatto e tentare di fare leva. Il cacciavite si rompe ed a mali estremi, estremi rimedi. Si prende una punta di trapano che si incastri nel centro del triangolo. Le viti sono affogate nel cover di plastica. Con il dr*mel (o simil-compatibili) le si fa girare velocemente sino a quando non si cola la plastica e si elimina la filettatura della sede. E' un metodo parzialmente distruttivo, per cui se si sta riparando l'apparecchio (senza attrezzatura? orrore!) occorre poi sostituire le viti con altre leggermente più grosse e con una testa normale (torx o a stella). L'apertura del cover non è difficile, è ad incastro. Si tira delicatamente e si fa leva con un attrezzo in plastica (per evitare di rigare o rovinare il cover). Il mio obiettivo è quello di verificare se il display LCD presenta delle sigle che mi possano permettere di ri-utilizzarlo in qualche applicazione, visto che ha delle dimensioni generose (TFT, 65K colori 176 x 240 pixels, 35 x 43 mm). Mi interessano anche le due Cam CMOS da 1.3 Mpixel (CIF 352 x 288 pixels), il micro microfono ed i mini altoparlanti. Anche la tastiera a joystick centrale è interessante da recuperare. L'unico neo sono i connettori dei cavi flat. Hanno un passo maledettamente stretto e dissaldarli è una sfida, nei negozi non si trovano e trovare quelli giusti una vera impresa, specie se servono in modeste quantità. Forse...dai cinesi...devo cercare.

Prima devo procurarmi lo schema dell'apparecchio, ma dato che si tratta di un modello un pò vetusto, dubito che sia in circolazione. Ad ogni modo, con lo schema in mano dovrei riuscire ad avere anche la piedinatura dei flat ed i tipo di segnale necessario ad un retrofit dei componenti per altre applicazioni. Lo schermo grafico per evitare di usare i soliti LCD verdi a caratteri, bellini ma obsoleti. Le due cam CMOS, per qualche microspia portatile customizzata, occultata nei posti più impensabili per la videoregistrazione ambientale. Se si riuscisse ad eliminare il filtro IR, non escludo si possa fare anche una camera termografica ad infrarossi, sarebbe fantastico. Ad ogni modo, alcune foto le ho "rubate" da un altro sito, che frequento spesso e che gentilmente mi ha concesso il permesso di usarle. Nella sezione hardware a volte vengono messi in offerta dei particolari di ricambio obsoleti a prezzi davvero ridicoli (non so come facciano a guadagnarci qualcosa), solo che occorre andarci spesso per accaparrarsi qualche occasione. Tutto materiale utile per riparazioni o semplicemente per qualche riutilizzo diverso da quello cui erano destinati. Ora passo alla ricerca dello schema e se riesco a fare qualcosa non mancherò di divulgare i risultati. Alla prossima.

P.S. Il monolito è a pezzi e manca il motore. Ripeto: Il monolito è a pezzi e manca il motore.

venerdì 11 settembre 2009

LCD e VGA - pinout

Prosegue anche il lavoro di analisi ed autopsia del pannello grafico LCD recuperato dal portatile di marca sconosciuta di cui al post precedente. L'obiettivo è quello di recuperare lo schermo LCD e trovarci un qualsiasi utilizzo pratico, come secondo monitor, come un photo frame o come monitor di sorveglianza e supervisione di processi, abbinato magari ad una cam c.mos recuperata da un telefono cellulare. Una cosa importante è associare i fili che escono dal pannello ai segnali che ci devono essere applicati. Per prima cosa, si prova a googlare dopo aver preso nota del tipo di pannello LCD al fine di reperire un datasheet o qualcosa che possa essere utile. Nel 99% dei casi non si trova nulla per cui occorre aguzzare l'ingegno.
Si cercano intanto delle applications note, anche per schermi diversi per capire quali segnali ci si deve aspettare e come deve essere pilotato il pannello. Quello di cui stiamo parlando è uno schermo monocromatico LCD STN passivo da 10,5 pollici e risoluzione 640X460 sigla EG9012D-NZ-7, un pò datato ma ancora funzionante. Meglio partire con qualcosa di semplice per poi proseguire eventualmente con le cose più complesse. L'unico modo che ho trovato per numerare e classificare i fili è stato quello di seguire i collegamenti dal connettore al processore grafico, dopo aver trovato in rete il datasheet di quest'ultimo. Stiamo parlando di un processore grafico Cirrus Logic CL-GD6245 LCD VGA Controller. Per seguire la continuità connettore - pin del processore ho usato un semplice multimetro come prova diodi (la cicalina suona quando viene trovata continuità). Ho provveduto, per meglio seguire le piste, a dissaldare il connettore maschio saldato sulla mother board usando il dissaldatore ad aria calda autocostruito (che lavora egregiamente).
Per seguire invece le piste che scompaiono negli strati intermedi della mother board, dato che "sfortunatamente" il connettore si trova dal lato opposto del processore e seguirli con la mother board in piedi è estremamente scomodo, ho infilato nei fori passanti un sottilissimo filo di rame in modo da individuare i percorsi utilizzando i puntali del tester su un lato solo. I alcuni casi, per i segnali digitali, ci si sono messe di mezzo delle reti resistive da 33 ohm che non fanno suonare la cicalina del prova diodi. In questi casi basta provare a piazzare i puntali in altri punti sino a quando non si trova un capo del componente e successivamente proseguire con l'altro capo. Il risultato, in meno di un oretta, è più che ottimo.
Finalmente ho la piedinatura del connettore (vedi  foto) che entra nel pannello LCD. Ora occorre capire come organizzarsi per accenderlo e comandarlo. Sono 8 bit, 4 per la metà superiore e 4 per la metà inferiore da sincronizzare con impulso di frame e clock di riga...credo di aver compreso analizzando dei documenti reperiti in rete. Devo prima documentarmi per bene e poi procedere con la progettazione di un sistema a microprocessore per le prime prove. Obiettivo  successivo la conversione di segnali analogici in digitali per trasformare il pannello LCD in un monitor VGA... ci sarà per forza un processore dedicato, basta trovarlo. Alla prossima.
P.S. La tinta della parete nord si asciuga in fretta. ripeto

domenica 6 settembre 2009

e-scooter - Riparazione camera d'aria (III)

Mentre aspetto che reticoli il silicone nell'attrezzo ad aria calda che sto realizzando, procedo con l'assemblaggio del monopattino elettrico. sistemati i cuscinetti dello sterzo, tolta la ruggine e riverniciato il tutto, nel montare la ruota noto che non si gonfia. Procedo quindi a controllare la camera d'aria e mi accorgo di uno squarcio in un punto maledetto. In prossimità della valvola di gonfiaggio, c'è una fessura causata dal peso del monopattino con le ruote sgonfie per lunghissimo tempo. Il condotto è inciso in prossimità del contatto con il cerchione, in misura tale da pensare che "qualcuno" si sia divertito a girare con le gomme a terra. Il punto in questione è uno di quelli che i biciclettai rifiutano di riparare, preferendo la sostituzione della camera d'aria. Premesso che sarebbe effettivamente il caso di buttarla, anche per il fatto che è stata già riparata una volta e la cannuccia di gonfiaggio nella parte metallica è massacrata non si sa per quale causa, ma preferisco tentare di riparare.
I componenti che servono:
Mastice per camere d'aria (anche il bostik va bene)
Pezza preparata (per chi non se le sa fare in casa)
Carta vetrata
Tubo in gomma termo-restringente
Attrezzo per forare il cuoio
Attrezzi per smontare i copertoni

Ho preferito la pezza preparata in quanto ne ho un pò, ma è possibile costruirsi in casa anche queste, tagliando da una camera d'aria di recupero una pezza con i bordi "affilati" da un taglio a 30/45 gradi. Si può fare, mi è stato insegnato molto tempo fa dal mio babbo con la premessa..."impara l'arte e metti da parte", cui ho aggiunto "chi fa da sè fa per tre".
Si prepara il fondo con la carta vetrata, per togliere residui di sporco e per renderla ruvida in modo da migliorare la presa del mastice. Si spalma un primo strato di mastice nel tubicino della valvola. Si aspetta che evapori il solvente e poi ci si infila il tubo termo-restringente. Poi un soffio con il Phon asciugacapelli per stringere la gomma. Mentre il mastice si asciuga un pò, si pratica un foro centrale alla pezza preparata per farci entrare la valvola. Si spalma abbondante mastice nell'area che andrà coperta dalla pezza, compresa una porzione della valvola, e dopo aver aspettato 3-5 minuti che evaporino i solventi puzzolenti del mastice, si applica la pezza e si preme con decisione. Prima di provare a gonfiare si aspetta mezza giornata, anche 24 ore per sicurezza. Domani provo a vedere se la riparazione funziona. A mali estremi, so anche come si fa a cambiare di posto alla valvola... potrebbe essere una soluzione alternativa. Nel frattempo, cerco di sistemare la catena di trasmissione. E' rimasta ferma talmente a lungo che alcuni elementi si sono bloccati a causa della ruggine e faticano a seguire i denti sul perno del motorino. Svitol e grasso al PFTE non sembrano aver effetto...forse con l'uso frequente la cosa si sistemerà. Una piccola modifica al mozzo della ruota posteriore l'ho introdotta per distanziare correttamente il freno a tamburo dalla scodella fissata alla ruota. Funziona. Le batterie sono in carica e domani forse dovrei poter procedere con il primo collaudo provvisorio. Manca la pedana di appoggio per i piedi, l'eliminazione del supporto del sellino (che non voglio), il pannello per la presa di ricarica e per il fusibile principale ed il passaggio per i cavi elettrici, che ancora non so come proteggerli assieme alla centralina ed il motore. Ci penserò. Alla prossima.

P.S. Il pollo arrosto è cotto. Ripeto: Il pollo arrosto è cotto.

lunedì 31 agosto 2009

LCD e VGA - connessioni

Mi hanno consegnato un portatile preso a calci, calpestato, massacrato chissà per quale ragione. Lo schermo LCD e la mother board si sono salvati dalla furia distruttiva. E' da tempo che sto cercando un sistema per recuperare gli schermi LCD dei computer portatili per farci uno schermo aggiuntivo, collegato alla VGA di un PC o a quella aggiuntiva dei PC portatili come secondo schermo. In rete si trova qualcosa, un paio di progetti spiegati malissimo o schede di interfaccia dal costo astronomico. Allora ho deciso, nelle pause di lavoro, di indagare sul tipo di segnale necessario a comandare l'LCD privo di interfaccia VGA. In mancanza di uno schema dei collegamenti e dello schema del connettore interno, del quale mi risulta non esiste in giro nemmeno uno standard, occorre spingersi oltre i limiti ed inventarsi qualcosa. Un metodo può essere quello di provare ad individuare il chip grafico e trovare la corrispondenza dei fili in uscita verso il connettore. In mancanza del datasheet del processore grafico, meglio lasciar perdere oppure tentare di indovinare utilizzando un pò di esperienza. In questo caso specifico, il processore grafico è un chip della Cirrus Logic siglato CL-GD6245-64VC-A. La sigla è "parlante".
CL indica il produttore (iniziali),
GD = Graphic Display,
6245 = part number
65 = data rate (65MHz)
V = Pack type
C = Temperature (commercial use)
A = Revision
Questi dati li ho desunti dal datasheet di un chip simile della stessa casa produttrice.
Leggendo le specifiche si intuisce che i dati inviati all'LCD sono digitali a 8 o 16 bit. Vanno gestiti inoltre il video e line clock, il frame start pulse ed un segnale di modulazione che francamente non ho ancora capito a cosa serva. Sperando che la piedinatura del processore "simile" reperito in rete non sia differente dal modello in esame, con un tester è possibile seguire i segnali dal chip al connettore e capire così quali segnali inviare a seconda dell'utilizzo che se ne intende fare. Per scovare il significato dei fili, si può fare anche all'inveerso, ossia analizzare il chip posto nel pannello LCD.

Per interfacciare i segnali VGA all'LCD occorre progettare un interfaccia analogico digitale... che per minimizzare l'uso di componenti, è preferibile l'uso di FPGA con lievitazione dei costi di progettazione. Se invece si preferisce usare il pannello LCD direttamente collegato ad un micro processore, allora occorre generarsi la sequenza di dati e segnali tramite software. Anche in questo caso il lavoro è fuori la mia portata, per ora. Per iniziare, mi basterebbe riuscire ad accendere un solo pixel, dove voglio io. Da questo risultato, procedere con la realizzazione di un interfaccia comandata da un processore ad hoc è un "gioco da ragazzi". Se non ho capito male, al pannello occorre mandare fra un impulso di frame e l'altro, in sequenza il valore in byte di ogni singolo pixel del pannello per poi ripartire dal primo all'ultimo. La cosa è semplificata dal fatto che il pannello in questione credo sia monocromatico. Il connettore infatti ha solo 13 fili (massa compresa). Se quindi in teoria fisso a 1 gli 8 bit da inviare in sequenza per ogni pixel, e continuo ad inviare "uni", allora se ho fatto bene i conti dovrei accendere tutti i pixel dell'LCD (o spegnerli). So che il pannello LCD è da 640X480, quindi 307.200 pixel da accendere con 8 bit ciascuno, ovvero 2.457.600 bit da inviare in sequenza...in quanto tempo fra un frame e l'altro?? boh. devo approfondire. So che il processore, per simulare i toni di grigio regola il tempo ON/OFF di accensione e spegnimento di ogni singolo pixel. Occorrerebbe un buon analizzatore di stati digitale e un oscilloscopio da laboratorio per comprendere meglio i processi di invio dati. In mancanza di quello, vorrei provare ad accendere spegnere anche dei pixel a casaccio per iniziare. Credo sarebbe didatticamente un buon inizio per poi sviluppare qualcosa di più evoluto, magari un digital frame che sembra vadano di moda in questo periodo ma a 15 pollici. Vedremo, alla prossima.

P.S. Biancaneve odia i nani. Ripeto: Biancaneve odia i nani.

martedì 25 agosto 2009

e-scooter - Prove tecniche (II)

Giusto per liberare un pò di spazio in laboratorio e man mano dare sfogo ai progetti in corso di sperimentazione, ho deciso di procedere con il modding dello scooter elettrico di cui al post precedente. Ho deciso di eliminare tutte le cianfrusaglie richieste dalla legge, visto che la mancanza dei pedali rende l'aggeggio completamente fuori norma (stupida). Via fanalini, stop, frecce clacson e pannello indicatore a led della velocità e della carica batteria, quest'ultimi due troppo banali ed esteticamente orrendi per essere degni di unamico. Il mezzo non potrà circolare per strada ma in un capannone privato o in un grande cortile si. Per cui si può pensare ad utilizzarlo come monopattino per gli spostamenti veloci in grandi spazi chiusi. Importante quindi eliminare un pò di peso, carrozzeria e carentaura compresa. Telaio nudo senza sellino, così è deciso. Dopo essermi assicurato che il carica batteria fosse funzionante ed aver caricato le due batterie in serie da 12 volts nominali, ho voluto effettuare alcune misurazioni a vuoto. Dopo aver ripristinato i collegamenti essenziali alla centralina sigillata, ecco alcune misure come da elenco che segue:

  • Tensione di ricarica: 28 Volts
  • Tensione batterie appena terminata la carica: 23,8 Volts
  • Tensione batterie dopo 5 minuti di funzionamento: 23,2 Volts
  • Corrente assorbita a regime del motore senza carico 1,2 Ampère
  • Corrente allo spunto (teorica) 3-4 A

Quest'ultimo dato è da prendere con le pinze in quanto desunto dalla misura fatta con uno stupidissimo tester da pochi euro. Il motore è targato 24 volts 14 Ampère 250 Watt, il massimo consentito dalla legislazione (stupida) in vigore attualmente.
Sento la mancanza di un oscilloscopio (nessuno ne ha uno da regalare?) per misurare i transitori all'avvio, l'assorbimento del motore allo spunto, le forme d'onda di alimentazione del motore (sicuramente in PWM). Contrariamente a quanto detto nel post precedente, la manopola dell'acceleratore non è a potenziometro ma ad effetto di hall. Un sensore a tre terminali varia le sue caratteristiche all'avvicinarsi (e allontanarsi) di un piccolo magnete a forma di barretta ricurva inserito nella manopola che gira. Me ne sono reso conto solo smontando il tutto (con l'ansia di non romperlo o di non saperlo rimontare). Da notare una cosa. A manopola rilasciata il perno del motore, in assenza di carico meccanico, gira molto lentamente, segno che a scooter fermo e chiavi inserite su ON, il consumo di corrente, anche se minimo, c'è. Guai quindi a lasciare il mezzo fermo con le chiavi inserite, si rischia dopo un pò di tempo di non ripartire più. Un apposito connettore della centralina prevede la funzione di spegnimento della centralina all'apertura dei contatti. In fase di modding, dato che un interruttore a chiave non ha molto senso, sarà possibile recuperare l'interruttore generale per il fanale davanti per l'avvio o lo spegnimento del motore, magari in serie all'interruttore del freno per staccare il motore in fase di frenata ed evitare surriscaldamenti inutili.
Per la spia di alimentazione, si può recuperare l'indicatore a barretta di led rettangolari collegato direttamente ai poli della batteria, a valle dell'interruttore di alimentazione. Credo, da alcune osservazioni e misure, che abbia una scala di due volt per led, per cui dato che sono montati 5 led in tutto, possa dare un indicazione della carica della batteria da circa 16 a 24 volts. A 16 volts non credo che il motore possa avere coppia sufficiente a muovere il mezzo. Alcuni altri dati per la futura progettazione:

  • Peso del pacco batterie (2 da 12 volts 12A/h in serie): 7,1 Kg
  • Peso del motore a spazzole (24V 14A 250W): 2Kg
  • Peso del solo telaio nudo senza ruote,forcelle, manubrio e sellino: 4Kg
  • Peso accessori (cavi, circuiti, fanali, clacso, ecc...): 1,8 Kg

Dovrei riuscire ad eliminare, in tutto, un paio di chilogrammi a progetto terminato. Magari se un domani riesco a recuperare delle batterie al litio, forse, si potrà risparmiare ancora un pò di peso. Al tutto vanno aggiunti i miei 85Kg e la vedo dura per il motorino.
Ora posso passare alla sabbiatura del telaio per eliminare la ruggine e la cromatura della forcella davanti, ruote e manubrio. Considerato che non ci voglio spendere nemmeno un euro, credo che le parti cromate verranno verniciate di nero come il telaio, previa abbondante passata di ferox antiruggine. Mi mancano i cuscinetti per il manubrio e l'anello distanziatore interno per le sfere... dovrò rivolgermi al mio biciclettaio di fiducia per reperire qualcosa di recupero, sperando che i cinesi non abbiano misure fuori standard. A scopo didattico vorrei progettare un circuito a microprocessore che visualizza dei dati su un display LCD...di recupero ovviamente, ma questa è un altra storia. Alla prossima.

P.S. Alimentare il circuito. Ripeto: Alimentare il circuito.