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lunedì 30 ottobre 2017

Tornio improvvisato

Devo sostituire dei bruttissimi manici di plastica da una serie di lime e raspe da legno che ho trovato d'occasione in un mercatino dell'usato. Non voglio nemmeno informarmi di quanto costino dei manichi di legno decenti, per cui mi sono dovuto arrangiare alla meglio. Per contenere una spesa che non posso affrontare, recupero alcuni tronchetti di un vecchio nocciòlo, dal diametro adeguato e li taglio alla lunghezza desiderata che sia adatta alle mie mani (e morte sicura a chi prova ad usare i miei attrezzi). Devo poi tornirli per ridurli di diametro e dare la forma anatomica che meglio si adatta alle mie mani (e solo alle mie).
In rete è pieno di tutorial su come fare i manici degli attrezzi ma quasi tutti richiedono un tornio da legno.... ed io non ce l'ho. So solo che devo far ruotare il pezzo su un asse longitudinale e con uno scalpello cercare di fare il lavoro. Prendo allora un vecchio trapano, lo fisso ad un supporto che campeggiava da tempo per terra e lo fisso con due morsetti ad un piano. Con un altro pezzo di legno precedentemente utilizzato per coprire delle manopole di un fornello, mi creo la base di appoggio dello scalpello (fortunatamente è dell'altezza giusta). Mi manca solo la contropunta... prendo un triangolo di legno che sorreggeva uno scaffale e lo avvito al piano. Come soluzione di emergenza, implementata in 3 minuti netti, sembra funzionare... non senza problemi. Specialmente nella fase iniziale, il tronco che non è ovviamente cilindrico fa vibrare il trapano. Quest'ultimo poi ha un gioco eccessivo nell'asse longitudinale (ovviamente è fatto per ruotare a spinta). Ad ogni modo, non senza difficoltà, ci sono riuscito lo stesso a tornire dei manici decenti, su misura...e comunque ho per le mani una base di recupero di un macchinario pubblicitario che sorreggeva i rotoli di vinile... dovrò solo trovare due cuscinetti e sto pensando di costruirmene uno, un pò meno ghetto-style. Vedremo.  Alla prossima (che nel frattempo la distro ubuntu 17.10 mi freeza la macchina e non riesco quasi a lavorare decentemente 😟). 

P.S. la merla è in casa. Ripeto: la merla è in casa.

venerdì 13 ottobre 2017

Natale di legno

prototipo natalizio
Non ho soldi per gli addobbi natalizi, e poi al natale che è una festività religiosa non ci credo poi molto. Stare assieme un giorno all'anno per scambiarsi auguri ai quali nè il mittente nè il destinatario ci credono veramente, preferendo l'ipocrita convenzione, è un clichè borghese. Ma dato che la compagna ci tiene alle tradizioni e preferisce quelle più sane e meno bigotte del nord europa dove risiedo...ecco che ho deciso di aggirare l'ostacolo della povertà e creare qualcosa di unico con le mie mani ossute e tremolanti. Credo che il tempo dedicato alla creazione di questo prototipo, preliminare ad una piccola serie, possa significare qualcosa di più per chi lo riceverà. Nelle intenzioni, vorrebbe essere un albero di natale. Il legno c'è, è di oleandro (quello avevo, di recupero ovviamente). Mancano le foglie ma è un albero stilizzato per cui ci può stare. Alla fantasia del ricevente poi addobbarlo come meglio crederà. 
Per realizzarlo bastano dei bacchettini diritti, un trapano con punta da 3 a 5 (dipende dai legnetti) ed una forbice per potature, più dello spago grezzo. 
Si tagliano i pezzettini a varie misure e si assembla il tutto con dello spago di canapa (niente di sintetico per carità!). Già il prototipo è assemblato maluccio ma sbagliando si impara. I fori è meglio farli obliqui con un angolo che segue l'inclinazione della forma finale (meglio aiutarsi con un template di carta). I vari elementi, tagliati alle estremità ad angolo, è meglio inserirli in modo che le estremità siano inclinate dal verso giusto ed i fori è meglio svasarli per infilare meglio lo spago. Ecco, svelato i trucchi del mestiere ora non resta che andare in qualche negozio a vedere quanto costano quelli in vendita. Io non voglio saperlo, tenendo a mente il discorso già fatto per i cuori di legno. Con questa realizzazione inoltre voglio esortare i soliti unani (quelli che fanno a gara col vicino a chi ha l'albero più grosso e più addobbato con i led cinesi) a non comperare mai più pini od abeti vivi destinati poi a morire. Se proprio volete festeggiare qualcosa perchè farlo uccidendo degli organismi viventi? Alla prossima, stupidi idioti. 

P.s.  Il lupo ha perso il pelo. Ripeto: il lupo ha perso il pelo. 

martedì 3 ottobre 2017

Cuore di legno

Di quanto sia meravigliosa e bizzarra la natura è inutile scriverci ancora su. E' periodo di fare scorta di legna per la stufa, giusto per boicottare anche la fornitura del maledetto gas turco, russo o americano (ci manca quello cinese?). Ciocco dopo ciocco, quattro quintali passati per le mani, con la schiena a pezzi, le delicatissime dita da programmatore doloranti ma con la soddisfazione a mille pensando al calduccio nelle fredde sere invernali, salta all'occhio una forma particolare. Un cuore! Si, lo so, forse galoppo troppo con la fantasia ma, in sezione, il ciocco sembra proprio un cuore ed il risultato è assolutamente un pezzo UNICO sul pianeta. E per non pensare al mal di schiena durante il trasferimento del prezioso combustibile dai bancali alla legnaia del padrone che mi ospita, i pensieri corrono... dei sottobicchieri?, portacandele? profuma-armadi?  decorazioni per il natale? 
Intanto vediamo di pensare agli attrezzi che servono: un segaccio, carta vetrata, una morsa da falegname, eventualmente un paio di scalpelli da legno, determinazione, fantasia e olio di gomito. Non dovrebbe servire altro e gli ingredienti ci sono. 
Fatto a fettine il pezzo (a mano), si cerca di aggiustare leggermente la forma, togliendo le sbavature  (a mano) senza però stravolgere la forma che mamma natura ha conferito al tronco, giusto per lasciare il merito a chi ha fatto la maggior parte del lavoro. La corteccia la lascio, conferisce un aspetto più rustico e natuale. Una carteggiata per togliere gli spigoli e rendere più armonioso il pezzo finito ed il gioco è fatto, niente impregnanti o vernici. Nel pezzo che rimane, quello più alto (troppo difficile tenerlo fermo nella morsa), pratichiamo un foro con una forstner (che ormai si trovano anche al Lidl),  per farci stare una candela. Finito. Massimo un ora di svago ed il risultato c'è. Il tutto va regalato al padrone che gentilmente mi ha concesso il privilegio e l'onore di dedicargli una giornata di fatica e sudore, giusto per ricordarmi che oggi, per lavorare quasi "agratis", si deve pure pagare per ricambiare il favore ricevuto. 
E questi cuori di legno ci servono soprattutto a tutti noi, per ricordarci che di questi tempi i cuori della maggior parte degli unani si sono induriti ed inariditi per sempre, per ammorbidirsi solo una volta all'anno, a natale... ma per finta. Alla prossima, ma anche no.

P.S. il ramarro è verde. Ripeto: il ramarro è verde

venerdì 29 settembre 2017

Porta incenso fai da te

Una cosuccia facile facile e veloce. Qualche giorno fa al supermercato ho messo le mani su dei bacchettini di incenso profumato (quei bacchettini che bruciano lentamente) e ne ho preso uno (una confezione intendo), giusto per profumare l'ambiente malsano in cui soggiorno temporaneamente come ospite e per tenere lontani i ragni. Accanto alla moltitudine di scelte dai nomi più improbabili (da cosa odorerà un incenso all'aroma "cupìdo"??), proposti come accessori trovo le tavolette porta bacchettini... tre euro e cinquanta!! Cazzo!!!! una tavolettina di tre millimetri di spessore, microscopica a TREEUROECINQUANTA!!!! mavaffanculo!
Torno a casa incazzato come al solito, brontolando ed inveendo mentalmente contro le multinazionali del male e faccio un salto in guardino... un asse di un vecchio bancale ormai marcio mi chiama e mi supplica di conferirgli nuova dignità... lo accontento. Lo taglio in due parti uguali ed al centro, con uno scalpello da legno pratico l'incavo porta cenere. Un forellino obliquo fa da alloggiamento per il bacchettino. Una mano di impregnante all'acqua effetto cerato, dopo carteggiatura, sigilla i pori ed assicura una maggior durata al materiale. Fatto. Spesa praticamente zero. Sette euro che restano in tasca mia. Meglio in tasca mia che in mano a certi commercianti di m*rda. 
Intento tutto tronfio ad osservare l'opera d'arte appena realizzata, inizio come al solito a riflettere con me stesso. Magari l'oggetto in vendita che non ho acquistato era stato realizzato a mano da uno straniero affamato, sfruttato e senza casa. Magari era pagato un pugno di riso per 18 ore di duro lavoro e sta morendo di fame, forse... ecco... se me lo avesse proposto direttamente il povero..gli avrei dato trenta euro, altro che tre e cinquanta al commerciante.
Ma facendo da me, boicotto si il consumismo ma forse danneggio gli indifesi sfruttati ma comunque tenuti in vita dal sistema... meglio vivi che morti no? NO. la cosa è un pò più complessa ma non mi va di spiegarlo a certe menti vuote. Di sicuro il mio "fai da me" porta nel lungo periodo dei vantaggi alla società e non lo vado certo a spiegare a chi ci vorrebbe bulimici di consumo e spesa, a chi peggio ci crede nei consumi infiniti o a chi non ha voglia di ascoltare e mi chiama zecca comunista (senza rendersi conto che per me è un complimento). 
Magari in futuro inizierò a produrmeli da me i bacchettini profumati, tutti con elementi naturali al 100% e reperibili senza spesa, magari... ora che mi viene in mente, magari lo farò prima o poi. Anche perchè non ricordo dove e quando l'ho letto ma il fumetto che esce dai bacchettini profumati mi sa che non è molto salutare...non si sa esattamente cosa si sta bruciando perchè nella confezione non c'è alcuna indicazione, zero! Ed alla salute, almeno a quella un pò ci tengo. Alla prossima, branco di consumatori senza cervello. 

P.S. La tigre ha perso le strisce ed il bufalo è cornuto. Ripeto:  La tigre ha perso le strisce ed il bufalo è cornuto.

sabato 5 settembre 2015

DIY clothes hangers

Una cosuccia da nulla, fatta al volo ma utile per appendere le cose che sono in giro per casa. Un asse di legno di scarto, tre ganci tagliati da un porta spezie, altri due in metallo brunito e tre targhette identificative, in ottone marchiato. Una mano di impregnante e colla epossidica per fissare il tutto. Dove troverà posto ancora non lo so in quanto è l'ennesimo regalo costruito nei momenti di "tempo libero", che ormai per me stesso ne resta davvero poco ma preferisco così. L'affetto, l'attenzione per chi si ama, si dimostra anche con queste piccole cose. Sempre meglio che un "ti amo" detto ormai come luogo comune, un clichè per unani imbecilli in crisi ipologorroica. Vabbè, mi fa comunque piacere tenere in moto i neuroni e soprattutto la manualità, che con l'occasione ne approfitto per tenere efficienti gli attrezzi ed i macchinari (pulizia, affilatura, ingrassaggio...). Alla prossima.

Il rosmarino è sempreverde. ripeto: il rosmarino è sempre verde.  

venerdì 4 settembre 2015

DIY Breadbox

Da quando alla compagna ho "regalato" una macchinetta per fare il pane (futura recensione credo) è stato un esplodere di pagnotte buonissime e particolari, come se piovesse. Ma dove mettere delle pagnotte enormi? all'aria? no. A fettte? no. Dentro quelle orribili scatolette che vendono? no. Ecco che da tempo per fermare le continue frecciatine, richieste, insistenze, petulanze, rilievi, battute ecc.ecc... mi decido di intervenire, anche per evitare l'acquisto di un cesto che a meno di 40 euro non si trova nulla (e francamente sono bruttini). Serve qualcosa che protegga dall'aria e dalla luce, che il pane fatto in casa, se si usano le farine ed i lieviti giusti (ma questo è un segreto), dura una settimana (ed è ancora fragrante). 
Allora, pannelli di multistrato (costano relativamente poco e pannelli di recupero al momento non ne ho oltre ad essere difficili da trovare)... troppo facile inchiodarli, banalissimo unirli con la colla... l'oggetto deve anche arredare, deve stare in una cucina frequentatissima e non deve essere brutto. Quindi? incastri a coda di rondine, fatti a manina, senza utilizzare frese, CNC, sagome... alla vecchia maniera insomma. Sega, scalpello, un attrezzino per segnare il legno realizzato con il perno del carrello di una stampante a getto... il risultato non è malaccio per essere la prima volta, serve solo pazienza e molto tempo, quel tempo che in nome di una fretta ingiustificata non sappiamo più impiegare bene. Fondo e coperchio vanno incastrati realizzando una scanalatura sul bordo (aumenta la superfice  di incollaggio) Si chiude il tutto e poi con la sega circolare si taglia il coperchio (così è perfettamente a misura). Due cerniere in ottone avvitate (previa realizzazione dell'intaglio per la loro "scomparsa" e si pensa alle maniglie. 
Maniglie... troppo banale comperare quelle già pronte. Serve qualcosa di unico, mai visto, del resto che senso ha copiare? Allora mi viene un idea. Delle maniglie di corda (canapa grezza) conferiscono l'aspetto desiderato. Per fissarle? Pensa e ripensa, non volendo infilarle dentro un foro e fare all'interno un banalissimo nodo (che dato il diametro sarebbe stato enorme) opto per l'utilizzo di alcuni giunti a "T" di rame da idraulica. Ci infilo il pezzo di corda e termino le sue estremità con dei cappucci terminali, sempre utilizzati per gli impianti idraulici, diametro 14mm. Un pò di colla epossidica bicomponente ed è fatta. 
Per fissare e  fermare le "T" alla cassa...foro, intagli radiali e ribattitura a martello che il rame è abbastanza tenero... da lì non si muoveranno più. 
Per conferire un aspetto vissuto, usato, "antico", vintage (anche se il tempo farà il resto).... trattamento all'aceto bianco con paglietta di acciaio (vedi post precedente)... poi due mani di impregnante all'acqua e passaggio con carta vetrata fina (per ottenere una specie di effetto decapato), inisistendo su alcuni punti per dare un aspetto "consumato" alla cassa. Toccherà alla compagna pensare al rivestimento interno in stoffa...
Il risultato in foto è decisamente inferiore a quello dal vivo... un vero capolavoro (IMHO), grezzo al punto giusto (non deve sembrare un oggetto industriale fatto in serie), un pezzo unico... sono più che soddisfattisimo. Purtroppo ho promesso di regalarlo, per cui me ne dovrò privare ma, che diamine, posso sempre farne un altro. Alla prossima. 

P.S. le foglie sono ancora verdi. Ripeto: le foglie sono ancora verdi. 

DIY stools (again)

Altri tre sgabelli, dopo il primo, realizzati dal recupero di altrettante sedie da salotto, brutte come il peccato, alle quali è stata conferita nuova dignità. Il primo prototipo lo abbiamo già visto in un post precedente. Qui documentiamo gli ultimi due. Il secondo è proprio grezzo, privo di particolari lavorazioni, per cui vedremo in futuro se sarà il caso di documentarlo. 
Procedura di recupero:
Spagliatura: la seduta delle sedie era in finta pelle, una crosta anni settanta, marrone, sintetica, tenuta ai bordi con delle finte borchie di finto ottone. Dentro, molle di acciaio (in attesa di futuro riutilizzo), paglia, pezzi di stoffa, ovatta di scarto, pezzettini di vera pelle (chissà come mai nascosta all'interno). Si capovolge la sedia e si inizia col togliere le borchie sul bordo facendo leva con un cacciavite piatto e sottile. Poi, tolto il telo di chiusura, si tagliano le corde che tengono unite fra loro le molle. si procede poi con rimuovere la quantità industriale di punti metallici. Alcuni di loro, specialmente quelli che fissano le corde, sono conficcati profondamente nel legno e la corda impedisce di fare leva col cacciavite. Con una fiamma (io uso quella per caramellare lo zucchero sulla crema gialla) si brucia la corda facendo attenzione a non incendiare la casa, incenerendo la canapa. In questo modo si riesce a creare uno spazio ove infilare il cacciavite. Con una pinza si tolgono tutti i punti sollevati dal cacciavite e rimane lo scheletro di legno della sedia.
Taglio e ridimensionamento. Si elminina lo schienale (solitamente inclinato riapetto alle gambe della sedia) alla stessa altezza delle due gambe frontali. Con raspa e carta vetrata si arrotondano le parti terminali (opzionale). Si eliminano i rinforzi angolari triangolari, inchiodati in prossimità del giunto gambe/seduta (se si riesce a non romperli in quanto inchiodati con chiodi senza testa, meglio recuperarli per il ri-assemblaggio). Con un martello di gomma si scollano i pezzi fra loro in modo da rimanere con gambe e traversine separati fra loro (per una più efficace eventuale pulitura dalla vernice). Si eliminano eventuali fregi orripilanti e si ricostruiscono, con i pezzi rimossi, le traversine mancanti. La sedia va accorciata da un lato altrimenti risulta troppo larga per uno sgabello (ma se vuole uno sgabello quadrato...lavoro in meno). Io ho accorciato su misura in modo che la nuova dimensione sia leggermente più grande del mio piede (per avere un appoggio sicuro quando lo si utilizza). Nella seconda foto si vede il tenone (che avanza) ove era incastrato un traversino largo con degli orribili fregi.
Pulitura: (opzionale) con carta vetrata si rimuove colore e vernice in modo da riportare a legno tutti i pezzi. In questa fase è possibile evidenziare l'eventuale presenza di punti metallici dimenticati. 
Rifacimento tenoni: in 4 punti (in prossimità del taglio di accorciatura) occorre ricostruire gli incastri a tenone. Sega piatta, scalpelli, raspa, carta vetrata, manina ferma e misure corrette. Occhio alle dimensioni che una volta re-incollato il tutto lo sgabello si presume dovrà tenere il proprio peso e dovrà risultare fermo e stabile. 
Incollaggio e riassemblaggio: si rimonta il tutto, con abbondante colla, avendo cura di tenere tutto in squadra a 90°. Con dei morsetti si stringe la struttura e si attende che la colla (da falegname) asciughi (24 ore per sicurezza). 
Rifacimento seduta: si recuperano delle assi da bancale o qualsiasi altra cosa possa essere giudicata adatta e dopo aver tagliato a misura (più o meno) si incolla e si fissa con delle viti (svasare il foro per affogare la testa della vite). Se la dimensione della seduta è larga, è il caso di inserire un traversino di rinforzo, specie se il legno utilizzato è pieno di fori che lo indeboliscono o è talmente "vecchio" che sorgono dubbi sulla sua tenuta. Calcolare che dovrà tenere almeno 100Kg (il proprio corpo ed il peso degli oggetti che si stanno per riporre in alto se si usa lo sgabello per arrivarci).
Finitura (opzionale): la soluzione più economica consiste nell'immergere per 24/48 ore della paglietta di acciaio (quella per pulire e raschiare le pentole non smaltate) dentro dell'aceto bianco. Il liquido di risulta va spennellato sul legno sverniciato. Immediatamente non accade nulla, ma... dopo qualche ora il legno acquista un aspetto ingrigito, come se fosse rimasto all'aperto da tempo... stupendo. Altre finiture, previo uso di impregnante per il legno da bancale)... a piacimento (de gustibus). Nell'ultima foto si nota dove il legno è trattato con l'aceto e dove no.

Ecco, finito. Una giornata di lavoro ed una sedia orripilante, destinata alla discarica, ritorna a miglior vita, pronta per essere riutilizzata (l'ambiente ringrazia, gli unani non so, non credo) e francamente, con l'arredamento giusto, ci sta bene anche in casa. Non si butta nulla ma occorre uno sforzo di fantasia per riutilizzare (sforzo ed unani è un ossimoro). Alla prossima.

P.s. il cuculo canta e la merla mangia l'uva. Ripeto: il cuculo canta e la merla mangia l'uva.

martedì 21 luglio 2015

Coltellaccio da cucina (riparazione manico)

No, non mi sto preparando ad un probabilissimo e forse imminente attacco di zombie, per quello ho difese ben più sofisticate. Si sa mai, ho paura degli zombie e se ne vedono parecchi in giro, in fila al centro commerciale, al cinema, nei bar, sono ovunque, li si riconosce dallo sguardo assente e dalla più totale vacuità di pensiero. Sono la maggioranza, siamo circondati, occorre essere preparati. Scherzo.
E' solo che da anni mi ritrovo per le mani la lama di un vecchio coltello da cucina, con il manico spezzato. Mi ero da sempre ripromesso di mettermi di impegno e resuscitarlo, non per la cucina ma solo per appuntire i sostegni dei pomodori coltivati in guardino (l'accetta è troppo pesante per lavoretti di questo tipo). Ed è venuto il momento di farlo. Un pò di tutorial su iutùb e mi invento il mio sistema. Mi manca la sega a nastro, per cui di fare due metà da unire all'acciao nemmeno a parlarne. Così ho preso un asse di legno a sezione quadrata ed ho inciso a mano una scanalatura longitudinale per infilarci la lama (sino alla profondità che serve a garantire un adeguato supporto), con successiva foratura. Eseguiti i fori sul manico si passa al punteruolo per segnare sulla lama i due punti di foratura corrispondenti (punta dura per acciaio ovviamente, chi non ce l'ha?). Poi si ritagliano due pezzettini di ottone da infilare nei fori. Poi si mescola un pò di colla epossidica bicomponente e si incolla il tutto. Alla fine si scartavetra il tutto e si passa una buona mano di impregnante, cera d'api. Ultimo passaggio...lucidatura dell'acciao e affilatura a rasoio... giusto per collaudare il supporto appena acquistato che pare funziona da dio. 
La lama è un buon pezzo di acciaio e vale la pena di recuperarlo. Alla prossima. 

P.S. sangui e suga vanno al bar. Ripeto: sangui e suga vanno al bar.

lunedì 6 luglio 2015

sgabello post-atomico

Hai presente quando devi prendere qualcosa a cui non riesci ad arrivare e ti manca sempre "uno scalino" a portata di mano? pochi centimetri magari e ti manca sempre una scaletta a portata di mano. ecco, lo so, ci si arrangia salendo sulle sedie imbottite o su quelle girevoli con le ruote, su una bacinella, su un contenitore progettato per altri usi, sempre in precario equilibrio col rischio di cadere (ed a volte accade con conseguenze a volte gravi). ecco, serve allora qualcosa che non occupi spazio, che si possa riporre tra un mobile ed una poltrona, qualcosa di leggero, maneggevole, pratico... ecco, si va al brico più vicino e si comperano quelle scalette pieghevoli. Il guaio, oltre che costano, è che sono brutte peggio di una multipla e con l'aredo di casa non si intonano per niente, per cui finiscono sempre in uno sgabuzzino ripieno di cianfrusaglie da togliere alla vista e quando serve, la pigrizia ci scoraggia ad andare a prenderla. 
Mi ritrovo con 4 sedie destinate alla discarica, cassone legno trattato all'ecocentro, immediatamente intercettate in extremis e riadattate allo scopo. Un comodo sgabellino in stile post atomico (usabile anche per una seduta), grezzo quel che basta per non urtare troppo l'estetica, leggero e poco ingombrante, utilizzabile anche come piano di appoggio se serve. 
Tolte le imbottiture, le molle di acciaio (da riusare ancora non so come e dove), il rivestimento in finta pelle, le borchie di ottone, gli spaghi, la paglia, l'ovatta.... un lavoraccio soprattutto per la quantità industriale di punti metallici.... 4 ore per sedia, davvero tanto. Un pò di colpi con un martello di gomma e ogni elemeno è smontato e passato con carta vetrata grana 80. Poi...la sedia va accorciata su un lato, dopo aver segato via la spalliera che non serve. Si prendono i 4 montanti orizzontali, li si accorcia e si ricrea il tenone da incastrare nei fori pre esistenti... tutto a mano, scalpello e sega. Una notte in morsa per riassemblare il tutto con un pò di colla da falegname e lo scheletro è fatto. Per la copertura.... assi di bancale avvitati uno ad uno, dopo averli carteggiati un pò e smussato gli spigoli... il look risultante è più che gradevole, almeno a me piace (e piace anche alla compagna che non lo vuole restituire). Ora, nei ritagli di tempo, ne ho altri da fare e piazzare per la casa in attesa che tornino utili, come ieri ad esempio che mi sono montato le zanzariere a striscia sulla porta di ingresso.  La discarica e la municipalizzata dei rifiuti non saranno contenti ma io si. Alla prossima.

P.S. la mucca è zoppa. Ripeto: la mucca è zoppa.

mercoledì 24 giugno 2015

DIY Chisel sharpening jig (work in progress)

E' un work in progress, ovvio. L'accrocchio autocostruito con pezzi di recupero comunque fa la sua parte. Sono stato costretto a costruirmelo per due ragioni, anzi tre. 

  1. Affilare a mano... è una questione di esperienza e manualità che non ho ancora acquisito e non volevo consumare gli scalpelli a furia di passarli sulla mola a smeriglio, sulla carta vetrata, sulla pietra o sulla mola ad acqua, sulle pietre ad olio.
  2. Una brutta esperienza presso un "arrotino" industriale (con tanto di capannone) mi ha davvero deluso, ovvero un peracottaro che mi ha massacrato le punte a tal punto che ora tagliano meno di prima e francamente a me venivano meglio con i miei tentativi.
  3. Non ho soldi per comperare il supporto professionale, le pietre giapponesi e le basi diamantate... costano davvero un pò troppo per un hobbista come me ed il bastardo peracottaro di prima mi ha prosciugato. 

Allora? ci si arrangia come meglio si può, raccattando pezzi quà e là, adattandoli, modificandoli, aggiustandoli. Sono partito da due gambe avanzate da una sedia già modificata a sgabello (bellissima ma niente foto e l'ho già regalato), una barra filettata da 8, due dadi, due cuscinetti di due lettori floppy da 5 1/4, due ruote di legno ricavate con la sega a tazza da uno scarto in multistrato, due gommini forati di una stampante, un elemento di alluminio preso da un antenna Yagi direzionale ed un pò di lavoro di sega, carta vetrata, scalpello non affilato, trapano, pialla, svasatore... senza attrezzi specifici occorre eseguire le lavorazioni a manina e la precisione a volte va a farsi benedire, almeno sino a quando la manualità e l'esperienza non fanno col tempo la loro parte.
A volte la punta del trapano è troppo corta per dei fori passanti o è affilata malino, la sega non taglia bene o non è adatta a tagli profondi, la raspa non raspa, la carta vetrata scarseggia ed occorre riciclare (per l'ennesima volta) quella già riciclata millemila volte, il mandrino del trapano a colonna balla (ferramenta di merda e commerciante bastardo) e non è tanto preciso come servirebbe... vabbè, animo! ci si arrangia con quello che si ha. 
La parte che richiede più attenzione si concentra nel supporto che teve tenere perfettamente in piano ed in squadra lo scalpello rispetto al piano di affilatura (prevedendo lo spazio anche per le lame larghe delle pialle), altrimenti l'affilatura "pende" rispetto alla lunghezza del ferro che deve essere anche perfettamente parallelo con la pietra... la pietra... trovata al brico (non è specificata nemmeno la grana) con due parti...grossa e fina (altri dati non ce ne sono). Per tenerla ferma l'ho circondata con delle assi di bancale invecchiato, il tutto fissato su una base di compensato. Anche questa morsa dovrebbe essere perfettamente in piano (la lama sulla pietra e le ruote sul legno) e perfettamente a filo con la pietra....dovrebbe. Purtroppo la pialletta non funziona (affilata da schifo dal peracottaro) e pertanto anche qui ci si arrangia...per tentativi. Un metodo per compensare i dislivelli dei piani su cui le ruote girano, consiste nel farne correre una delle due (dipende da quale parte pende) su degli spessori temporanei (dei fogli di lamiera, cartoncino, plexyglass...).
Completa "l'attrezzatura" una lastra di granito (recuperata agratis da un amico) su cui ho fissato della carta vetrata a varie finiture da 80 a 1000 per la lucidatura a specchio. 
Per una buona affilatura occorre che la parte piatta dello scalpello sia perfettamente piatta, possibilmente finita a specchio. Un set di scalpelli nuovi (specie per quelli da pochi euro) ha evidenziato che invece non è così ed occorre spianarli appena acquistati, prima di usarli. La parte inclinata del tagliente (22 - 30°) deve essere piatta (possibilmente con finitura a specchio) e non curva come risulta se la si passa sulla smerigliatrice o su quegli attrezzini di plastica dei negozi faidate. Occorre inoltre eliminare la "bava" che si crea con le affilature aggressive dalla parte opposta dell'abrasione. 
Se si seguono queste indicazioni lo scalpello entra nel legno come un ferro caldo nel burro, anche controvena. 
E l'attrezzo? funziona? eh? eh? Si, discretamente devo dire, non è la perfezione ma sicuramente meglio dei tentativi di affilatura manuale. Ovvio che ci sono dei notevoli margini di miglioramento ma l'affilatura a lavoro finito è decisamente accettabile. Non sarà come certi scalpelli giapponesi, ma per quello che devo fare io il risultato per ora mi soddisfa, almeno sino a quando deciderò di realizzare la versione 2....work in progress. Alla prossima.

La mente è in viaggio. Ripeto: la mente è in viaggio.


domenica 12 ottobre 2014

Pasta protettiva per legno

Da un pò, mi ritrovo in un periodo in cui devo distrarmi dalle preoccupazioni inutili che mi assillano. L'unico metodo efficace che conosco, contro la ciclica carenza di soldi, è quello di fare delle cose, possibilmente con le mani e possibilmente che coinvolgano la creatività, giusto per non far avvizzire il cervello ed evitare di diventare come la maggiornanza degli unani che popolano il vostro stupido pianeta. Vorrei riprendere, e lo farò, l'interesse per lo sviluppo software oltre alle attività di reverse engineering che tanto mi appassionano. Ma.... devo contemporaneamente liberare un pò di spazio per predisporre il laboratorio al fine di portare a termine alcuni progetti in sospeso. Un pò di cose alla volta e porterò a termine tutto quello che mi incuriosisce e che mi tiene la mente occupata in cose utili (tipo impara l'arte e mettila da parte). 
Mi ritrovo quindi per le mani dei fogli di cera d'api, quei fogli con le tracce esagonali che si mettono nelle arnie per favorire le api a costruire le cellette dove mettono il loro miele. Il nonno aveva un pezzo di terra enorme (beato lui) e si autoproduceva tutto quello che permetteva alla famiglia di vivere più che decorosamente (il terreno era il suo centro commerciale privato). Io, della generazione del consumismo, non ho le arnie ed avrei delle difficoltà ad "allevare" delle api praticamente in centro al paese dove abito... per cui... la cera d'api a buttarla nemmeno a parlarne. Ne farò delle candele. 
Ma una parte la riuso per produrre una crema protettiva impregnante per il legno. Nei miei lavoretti di falegnameria, un trattamento alla cera d'api è un tocco che conferisce una finitura eccellente. La cera d'api, per essere utilizzata a tale scopo, deve essere mescolata con dell'olio minerale. Non ricordo le dosi, sono andato un pò ad occhio, ma il risultato è una pasta tenera e malleabile anche quando si raffredda. Con una spugnetta, un panno o della carta la si può spalmare finemente sulle superfici in modo da otturare la naturale porosità del legno e proteggerlo dall'umidità, senza usare vernici, solventi o altri prodotti definiti "ecologici", che di ecologico non hanno nulla. L'aspetto finale, dopo che l'olio e la cera si "asciugano" (un paio di giorni) è una superficie satinata, piacevole al tatto, superba. I balsami alla cera d'api che si trovano in commercio costano un occhio della testa. Questa invece, praticamente a costo zero. Me ne sono prodotto un barattolo (a chiusura ermetica) e sicuramente lo userò in futuro evitando l'acquisto di altri prodotti, godendo come un riccio per aver contribuito al tracollo economico di quelle aziende inquinanti che si mascherano dietro l'etichetta dell'ecologia per mere ragioni di markerting...bastardi...alla prossima.

P.S. i fiori rossi sono profumati. Ripeto: i fiori rossi sono profumati. 

martedì 4 giugno 2013

Viti da legno

Sono un pò di giorni che sto costrunedo una baracca per gli attrezzi, in legno recuperato da dei vecchi bancali che mi sono procurato quà e là. Devo assemblare la struttura e quale miglior metodo che delle viti da legno? (niente colla che all'aperto sotto il sole dura qualche giorno e poi si sfalda). Di viti di recupero ne ho una scatola 4x35mm (diametro 4 lunghezza 35mm). Il problema è che sono quelle filettate interamente e si sa che sono migliori quelle parzialmente filettate in quanto così si riesce a "tirare" il pezzo più in profondità. Vado dal ferramenta, gli porto il campione. La ferramenta, ove saltuariamente mi rifornisco solo perchè è a tiro di bicicletta e solo se ho fretta, è un pò particolare. E' gestita dalla terza generazione...i figli, tutti laureati con tanto di master in "varie ed eventuali" fanno quello che possono, dato che all'università di sicuro nessuno ha spiegato loro la differenza tra un bullone del sei ed una chiave a pappagallo. Mentre ero lì, ho visto consegnare la testa di un decespugliatore da 8 mentre il campione era da 10... fortuna che il babbo se ne è accorto "ad occhio". Quindi...autodidatti e la laurea nel cesso ovviamente (che non si capisce come l'abbiano presa). La mamma, figlia d'arte di suo babbo che ho conosciuto da piccino, dà una mano al bancone e stavolta è toccata a mè. Prende il calibro digitale, misura la vite campione, la annota nel foglio ove poi scarica a mano il magazzino (anche se sul bancone troneggia un computer con tanto di lettore di codici a barre!) e si ritira ai piani alti, nel magazzino inaccessibile ai clienti. Il negozio è una casa privata degli anni 50, enorme, piena di scaffali, stanze, pertugi, cortili interni, scalette, vani adibiti a ripostiglio, da perdersi, pieno zeppo delle cose più impensabili che a cercarle al Brico non si trovano. Con l'occasione acquisto anche delle viti 4x70. La titolare scende dopo alcuni minuti (lasciati trascorrere per dare la possibilità al cliente di curiosare tra la merce esposta (si sa mai che gli venga voglia di acquistare qualcos'altro)) con le due scatole. Pago 19 euri e torno soddisfatto per terminare il lavoro, relegato come compito della domenica. Per mera curiosità, apro le scatole e controllo... un pacco è di viti 4x40 e non 4x35! la punta spunta dalla parte opposta e tra mille bestemmie e maledizioni avverso la commerciante disonseta (ed a tutta la categoria, tanto sono davvero tutti uguali, ci provano) mi tocca mettermi l'animo in pace e preparare il discorso per martedì, dato che è sabato e lunedì è chiuso. 
Torno oggi, carico come una molla per morderla alla giugulare e faccio presente del disguido...nessun problema, dice che me le da giuste stavolta, dopo essersi offerta, sottovoce e girata dall'altra parte, a dire "te le cambio....se vuoi" (come "se voglio"? me le DOVRESTI cambiare!!! ma lascio perdere, sono di animo buono). Chiama il Dott. figlio e lo manda al piano superiore a prendere la scatola giusta con tanto di vite campione in mano. Il ragazzino torna con la scatola e sorpresa!! ancora 4x40!! ma allora sei scemo tu e la tu mamma bischera!! Grandissima testa di c*zzo! ma ti sei laureato un albania assieme al trota?? Altro giro altra corsa e veloce che ora per colpa tua ho pure fretta! Torna con la scatola giusta, non senza aver ricevuto la battuta..."...ma per caso hai un surplus di magazzino di viti da legno 4x40 parzialmente filettate che non riesci a vendere?.." Pago 19 euro e torno soddisfatto a casa. La mia innata onestà, incuclcata a sberle da una dura educazione di una volta, mi vorrebbe obbligato a far presente che per due scatole la volta prima ho pagato la stessa cifra di ora per una scatola sola (ma forse stavolta l'ho pagata il doppio!). Ma al pensiero di essermi in qualche modo "vendicato" da un torto mi convince a desistere. Stavolta è toccato a te, ed a me restano 500 viti "agratis" ma inutilizzabili in magazzino, dovrò trovarci un applicazione prima che arrugginiscano. Alla prossima.

P.S. la vite non da uva. ripeto: la vite non da uva. 

sabato 6 settembre 2008

Supporto batterie e compressore (2a parte)


Finito... o quasi. Come tutte le cose, c'è un buon margine di miglioramento ma per come è venuto sono veramente soddisfatto. Un conpressore, due batterie da 6 volts, un interruttore, dei fili elettrici, un manico di scopa, del legno multistrato, due ruote, due gommini, del plexyglass ed un pò di vernice all'acqua. Non serve poi molto per creare un carrellino da utilizzare per il gonfiaggio delle ruote. L'unica spesa è data dal plexyglass, dalla vernice (che in verità ne ho un barattolo che mi dura da tempo), dai fast-on per i contatti ed ovviamente il compressore. Il resto è tutto materiale riciclato. I perni provengono da una stampante, come pure i due gommini di supporto e le ruote. Le viti sono recuperate dal mio camper (a suo tempo le avevo sostituite con delle viti nuove e quelle "vecchie" messe da parte. Il legno proviene da un espositore da negozio, un mobile che il commerciante stava per buttare mentre passavo per caso e colta l'occasione mi sono offerto di "smaltirlo" per lui. Il manico del carrello è di una vecchia scopa. L'interruttore non ricordo da dove proviene, sicuramente da qualche vecchio pannello di qualche apparecchiatura vintage.

La "carenatura" è tagliata a mano, senza fissaggio della parte curva, appositamente omessa per non appesantire l'estetica. I fianchi trasparenti sono di spessore da 3 millimetri, mentre la parte curva da 1 millimetro., piegata a freddo. Mi manca un profilo ad L per coprire la parte curva e penso alle difficoltà nel piegarlo a tal punto da desistere. Va bene così. Dalle foto si nota ancora un pò di polvere all'interno. Tanta era la fretta di vederlo finito che l'ho montato appena i pezzi erano pronti.

Cosa da migliorare? Certo. Una presa per caricare le batterie senza togliere la fiancata, una spia di accensione a led (superflua), un sistema migliorato per far scorrere le ruote senza troppi attriti (non ho scelto le ruote pivotanti appositamente...le trovo scomode), un aggancio per la cannuccia dell'aria, una carenatura piegata in modo da seguire le curve del contenuto. Per quest'ultima soluzione avrei bisogno di un sistema di taglio laser, un sistema di riscaldamento dei fogli di plexyglass ed una sagoma per le piegature. Ho comunque scelto appositamente il case trasparente per poter leggere il manometro del compressore. Direi che sono soddisfatto. Via con un altro lavoro. ciao

P.S. Fermentazione anaerobica dal mucchio verde. Ripeto: Fermentazione anaerobica dal mucchio verde.

giovedì 4 settembre 2008

Supporto batterie e compressore (1a parte)

Fra un lavoro e l'altro, come d'abitudine, sono uso a rilassarmi con qualche piccolo lavoretto che mi rilassi e distragga dallo stress. Da tempo avevo in mente di sistemare una volta per tutte il mini compressore che utilizzo periodicamente per gonfiare le ruote alla mia mitica mountain bike. E' un mini compressore a 12 volts, con presa per accendisigari da auto, adatto (dice il manualetto in cinese) per gonfiare le gomme dell'auto in emergenza. Sarà, ma di gonfiare le gomme dell'auto su cui devo viaggiare proprio non mi fido, se non altro per il manometro che non mi sembra proprio preciso da farci affidamento. Lo uso per la bici, ma è adatto anche per le gomme della moto. E' composto da un motorino in continua e da un pistoncino che pian piano fa il suo dovere. Credo di averlo pagato 12 euro circa al bricofurto dove vado ogni tanto a rifornirmi del materiale che non riesco a recuperare. Dato che la bici non è ancora dotata di accendisigari, ho dovuto arrangiarmi con due batterie da 6 volts collegate in serie, recuperate da un UPS defunto e pronto per la discarica (salvato in tempo). Dato che il mini compressore è abbastanza leggero, usarlo al volo con i fili volanti, non è molto comodo, per cui l'ho fissato con delle piastrine ad "L" su una base di legno. E' rimasto così per un anno. Senza ruote, senza sistema di "trasporto" dalla rimessa al luogo d'utilizzo, pesante ed ingombrante. Oggi mi sono cimentato nella costruzione di un carrello che alloggi batterie, compressore e cavi in modo da poterlo spostare senza difficoltà. Per le ruote ho utilizzato quelle che fanno avanzare la carta dal vassoio di raccolta delle stampanti HP fissate nella parte zigrinata del perno che è stato accorciato a misura. Ho pensato a due alette ad "L" di alluminio per fissarle sotto la base in legno con un foro leggermente più piccolo della parte zigrinata, in modo che il perno stia abbastanza fermo (così le ruote non vanno a grattare sulla base in legno). Non sarà scorrevole come se fosse montato su cuscinetti ma per l'uso che ne devo fare funziona egregiamente. Con la parte di perno rimasta, tagliata a metà, ho realizzato due piedini con la gomma premi carta delle stampanti, in modo da far stare orizzontale il carrellino. Ora sto aspettando che si asciughi la vernice nera (all'acqua ovviamente che è "ecologica"). Posterò altre foto appena pronto. Prima lo monto e poi penso ad abbellirlo e carenarlo come meglio potrò. Ciao.

P.S. Giometto vuole 5 litri di latte. Ripeto: Giometto vuole 5 litri di latte.

martedì 13 maggio 2008

Il pitale del nonno

Fra le "cianfrusaglie" che mi ostino a non buttare, sia per spirito ecologico che per combattere il consumismo dilagante che imperversa in questi tempi, ho trovato un vecchio mobile dall'aspetto strano. Era un pò che campeggiava sugli scaffali della falegnameria di casa. Mi sono sempre chiesto da dove venisse e cosa fosse. Dopo essermi informato presso i parenti, scopro che è il "cesso" che utilizzava mio nonno.
A quei tempi, quando i bisogni si andava a farli all'esterno, avere i servizi in casa era un lusso per pochi ricchi. Quello di cui parlo è il modello che usava prima di installare la tazza con lo sciacquone che utilizzava l'acqua piovana raccolta in una cisterna in granaio (soluzione davvero ecologica). Anche quest'ultima soluzione era una novità all'avanguardia per quei tempi ed un lusso per pochi.
"La tazza" è un cubo di legno, con all'interno un supporto che porta il vaso di porcellana, chiuso da un coperchio esterno incernierato e con all'interno due coperchi rotondi. Nell'indagare, scopro inoltre che quel pirla di mio cognato ha bruciato in un falò delle vecchie imposte di legno della casa di mio nonno, di quelle con cerniere e maniglie in ferro battuto a mano. Deficiente! Ora che in una vecchia casa "ristrutturata" hai le persiane di plastica ed i mobili dell'ikea dovresti sentirti contento ed orgoglioso no? (cretino di un giometra!).
Purtroppo, per il pitale miracolosamente salvato dal piromane, qualcuno ha in precedenza tentato di recuperarlo, passandoci la carta vetrata e togliendo così la patina originale che gli conferiva un aspetto "antico". Il restauratore "faidate" mi ha detto che l'odore "di piscio" era troppo forte ed ha preferito abbandonare (per fortuna) il massacro. Francamente, dopo più di cinquant'anni, non si sente nessun odore. Il pitale è stato per lungo tempo il ristorante dei tarli più grossi del mondo. Un paio di piedini sono corrosi dall'umidità e richiedono una ricostruzione. Le cerniere del coperchio esterno sono in ferro arrugginito, fissate con dei chiodi fatti a mano. Decido di conservare il più possibile, senza eliminare i buchi dei tarli (ho sentito che danno valore al pezzo). Ci passo però delle abbondanti pennellate di "tarlistop" per porre fine al banchetto a sbafo. Per i piedini, non ho attrezzature e legni da restauro. Decido di stuccare e ricostruire.
Il legno e la struttura sono comunque solidi e ben fissati da non richiedere incollature extra o fissaggi particolari. Lascio tutto com'è e ci passo un paio di mani di vernice impregnante all'acqua. Poi due mani di vernice satinata e dovrei riuscire a conferirci un aspetto decente per arricchire l'arredo della casa della mia compagna (tat). Nelle prossime puntate alcune foto e i passi di come procede il lavoro. In attesa..un abbraccio.

P.S. La mensa è imbandita. Ripeto: La mensa è imbandita.

lunedì 12 maggio 2008

Cornici fai da te


Devo proprio essere stressato in questo periodo, se per pensare ad altro mi sono impegnato nella costruzione di alcune cornici di legno. Ho, da non ricordo quanto tempo, delle riproduzioni di alcune foto d'epoca, ricavate da un calendario che mi era stato regalato tempo fa da un fotografo. Saranno i soggetti, la pergamena ingiallita, lo stile retrò..mi piacciono ed ho deciso di incorniciarle. Non fate caso alla qualità delle foto. I quadretti hanno ancora la pellicola protettiva (si nota). Ho dovuto inoltre, per ragioni di spazio, ridurre la risoluzione ad un livello accettabile per dare un idea del lavoro finito.

Per fare le cornici, la cosa più importante è fare i tagli perfettamente a 45 gradi. Senza una troncatrice non è facile. Seghetto a mano, tanta pazienza e precisione. Nonostante il lavoro manuale, le giunture sono venute benissimo, senza fessure o antiestetici spazi. Per fissare i lati mi sono aiutato con un attrezzo che mi sono auto costruito (copiato da uno che avevo visto al brico e che costava uno sproposito). Quattro angoli a 90 gradi, dove all'esterno passa un filo di nylon (resistente) che parte da una molla di tensione e termina su 3 viti sporgenti che mi permettono di fissarlo. Il tutto assicura una buona pressione, adatta a far uscire la colla in eccesso (che va ovviamente rimossa accuratamente altrimenti la vernice "non attacca"). Per finire, una mano di vernice, color noce ovviamente (ne vado matto) anche se il legno utilizzato aveva una tonalità più che ottima.

Per finire una passata di cera d'api per proteggere il tutto. Al posto del vetro ho utilizzato del plexyglass, tagliato a mano con un taglierino professionale. Il fondo nel retro è fatto con materiale di recupero, salvato anche questo dalla discarica. Completa la copertura posteriore un foglio di carta da pacchi marrone, con dedica e firma autografa.
Ne ho approfittato anche per incorniciare il calendario dell'anno bisestile 1988 di una notissima azienda che produce grappa (che però non bevo, in quanto non mi piace). Anche queste, come gli oggetti restaurati in precedenza, le darò alla mia compagna, che si deve ri-arredare la casa dopo l'incendio che l'ha distrutta. Il nido sta venendo proprio bene, pian piano, pezzo per pezzo, con tanta pazienza e nonostante le finanze limitatissime. Sono contento di poterle dare una mano, che di sfortuna ne ha avuta davvero tanta. A presto e...un abbraccio.

P.S. Nuvole e venti da sud-ovest. Ripeto: Nuvole e venti da sud-ovest.

Riparazioni IV

L'informatica, lo sviluppo di software, l'elettronica e la progettazione... sono lavori stressanti se protratti per lungo periodo senza riposo. Allora, per distrarmi, ho deciso di restaurare una vecchia sedia di legno che la mia compagna, sapendo dei miei hobbyes e dei miei interessi nel lavoro manuale, mi ha affidato "per darci una sistemata".
Il mio carattere estremamente pignolo e metodico, il perfezionismo e la mania di strafare hanno scatenato una serie di scelte che hanno prodotto un buon risultato.
Di ri-impagliare la vecchia sedia nemmeno a parlarne. Non lo so fare (per ora). Decido allora di restaurare il legno e dargli una tonalità noce. Smontaggio pezzo per pezzo (facilitato dal fatto che una volta non si usavano le colle sintetiche di oggi) e carta vetrata. Dopo aver riportato il legno al suo stato naturale (togliendo anche alcune macchie di vernice) mi accorgo che la parte delle gambe che poggia a terra è rovinata dall'umidità. La seggiola (che usava la mia compagna per giocare quando era piccina) è rimasta per molto tempo a contatto con la terra battuta, accanto una cisterna di acqua potabile (cisterna che non tiene nemmeno tanto bene). Il legno pertanto tende a sgretolarsi. Decido di adottare la tecnica conservativa e impregnare il tutto con un prodotto apposito, che dovrebbe dare un pò di consistenza. Una mano finale di vernice color noce ed il tutto è fatto. Manca la seduta. La seggiola si dovrà inserire in un arredamento rustico. Travi (a vista) e pavimento in legno. Pareti in arancio anticato veneziano (un lavoraccio che per regalo ho fatto da me in un paio di giorni) in un salotto con arredamento in ferro battuto. Serve una seduta importante, antica e preziosa allo stesso tempo. Vado dal mio tappezziere/fornitore e mi procuro uno scampolo di stoffa rosa damascato (spettacolare). Già che ci sono mi faccio regalare anche una fettuccia per il bordo e la stoffa per coprire la parte inferiore della seduta. Un paziente lavoro di intaglio del legno, posizionamento della gommapiuma e conseguente fissaggio della stoffa con la graffettatrice, completa quello che per me è un vero capolavoro.
Ancora una volta una vecchia sedia che a vederla veniva voglia di buttare in discarica, diventa un pezzo d'arredamento prezioso e stupendo. Ne sono orgoglioso e quasi quasi mi dispiace di restituirla. E' una sorpresa che farò alla mia donna. Ci è affezionata a quella seggiola. Amore mio....quanto ti amo.

P.S. Le fragole sono mature. Ripeto: Le fragole sono mature.