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giovedì 27 ottobre 2022

Occhiali cinesi (riparazione plastica)

Devo tornare sull'argomento, già trattato, per documentare l'evoluzione degli interventi di riparazione su oggetti di scarso valore (scarso per i benestanti ovviamente). Non potendomi permettere delle lenti progressive, dato che un rene l'ho già speso e quello rimasto mi serve proprio, devo ripiegare su soluzioni fai da te, ovvero aggiungere degli occhialini per amplificare la gradazione prescritta dall'oculista ed ovviare la presbiopia che colpisce tutti a partire dai 50anni di età. 

Se qualche anno fa si potevano trovare degli occhialini di plastica ad un paio di euri, oggi, stranamente, le cose sono cambiate... dai cinesi gli occhialini costano mooolto di più, sempre meno di quelli che si trovano in farmacia (che sono fatti sempre in "ciaina" ovviamente). Ci si accorge così che la speculazione è trasversale e che nel tanto osannato commercio, linfa dei popoli, si infilano avidi approfittatori senza scrupoli. 

Fatto sta che, disquisizioni sulla qualità a parte, in caso di rottura occorre valutare bene se si può riparare o meno. Per chi come me ha il testone grosso come un cocomero XXL, quando mi tolgo gli occhialini per metterli sopra la testa, le aste si allargano e la sollecitazione provoca inevitabilmente la rottura (plastichetta). Ma, essendosi sparsa la voce che io tento di riparare tutto, anche l'impossibile, stavolta mi arrivano un paio di occhiali non miei, presi sempre dai cinesi, e che val la pena di considerare.

Il primo presenta la classica cerniera dell'asta spezzata. Soluzione? supercolla! A ben ragionare, ho pensato anche di creare un rinforzo metallico, affogando nella plastica un filo di rame riscaldato dalla corrente elettrica. Purtroppo le tolleranze in gioco sono molto ristrette e le dimensioni della cerniera davvero minuscole, per cui desisto. Con la supercolla si riesce ad attaccare le due parti in modo abbastanza solido. Nel caso non si riesca a far combaciare perfettamente le parti (quasi sempre), si procede con una limetta e pazientemente si modella l'asta in modo che entri nella cerniera. Un accorgimento furbo è quello di mettere un pò di grasso lubrificante per agevolare l'attrito ed impedire che delle aste troppo dure da aprire si rompano per "fatica".  

Il secondo modello di occhialino è di quelli pieghevoli, molto comodi da portare in giro nella loro custodia. In questo caso si è rotto il ponte che unisce le due lenti, in prossimità di un asola dentro la quale passa la vitina di fissaggio. In questo caso è più pratico ricostruire il pezzo, a mano. Si parte da un foglietto di plastica tagliato a misura. Ho utilizzato un supporto delle batterie alcaline rimasto orfano dopo la conversione al litio....perfetto, dello spessore giusto (che chiulo). Si unisce il pezzo rotto con del bi-adesivo al pezzettino da sagomare e lo si usa come dima. Con una limetta poi si sagoma sino ad arrivare a filo dell'originale, ottenendo così il pezzo nuovo delle stesse dimensioni dell'originale. 

Per forare il ponte così ottenuto, lo si infila nell'alloggiamento dove dovrà stare e con un trapanino a penna (catturato all'Aldi) si praticano i due forellini delle viti di fissaggio (punta da 1,2mm). Perfetto. Date le dimensioni minuscole, occorre aiutarsi con una piccola morsa da banco, meglio se di precisione. Io sono riuscito comunque a forarmi un dito oltre che infilare la punta del trapano sotto l'unghia... niente maale faccia di maiaale, fatto nieente faccia di serpeente. 

Si prova lo snodo e se del caso si aggiustano le dimensioni con dei colpetti di lima, mettendo alla fine un pò di grasso lubrificante. Fatto e sono pure soddisfatto. 

Un trucchetto: come fare se il foro della vitina non tiene più a causa di togli e metti ripetuti? Si cerca di riempire il foro con del bicarbonato in polvere (o anche pomice finissima o cotone o...) e si gocciola un pò di supercolla. Si ricrea il forellino delle dimensioni giuste e la modifica terrà come il cemento. Alla prossima. 

P.S. Il bue è grasso. Ripeto: Il bue è grasso.

martedì 25 ottobre 2022

Riparazione parti in plastica

Stanchezza (tanta), fretta (troppa), l'età che avanza ed un uso quotidiano... tutti elementi che preludono la rottura degli oggetti che usiamo e manipoliamo ogni giorno. Qualche giorno fa è stato il turno di una bacinella per il bucato, oggi un porta vivande che serve per la pausa pranzo in un azienda dal braccino corto che non prevede la mensa aziendale (<modalità padrone on>fottetevi schifosi dipendenti, arrangiatevi<modalità padrone off>). 

Il contenitore cade a terra ed il coperchio si scheggia. Il coperchio trasparente di questo porta vivande è fatto di una plastica rigida, molto simile al coperchio dei CD o DVD. Basta un colpetto ed essendo poco elastica si scheggia in più punti. 

Il primo pensiero è quello di usare la super colla cianoacrilica. Per un pò può anche funzionare, ma cè un problema. Il porta vivande deve contenere alimenti (cibo)... mettereste l'insalata a contatto con una colla che rilascia vapori tossici? io no di certo. Ed allora?

Tutorialando in giro, si scopre che esistono delle specie di "pistole" che riscaldano un filamento metallico di varie forme da affogare nella plastica per irrigidirla. Ottima idea. I più poveri si sono ingegnati con le pistole salda stagno (per l'elettronica analogica), altri con pinza, accendino e le graffette che si usano per pinzare assieme i fogli di carta. Altre soluzioni prevedono di affogare delle retine metalliche ed altre di procedere con la fusione delle parti con delle punte speciali riscaldate alla giusta temperatura, magari usando del materiale di apporto. 

Sia chiaro... graffe sagomate, retine metalliche, pistole riscaldanti, materiali.... costo? non mi interessa, preferisco ingegnarmi da solo e non spendere nulla. Tempo fa ho acquistato un pirografo per legno con a corredo una serie di punte. Una in particolare, a scalpello, mi sembra adatta.

Fatto riscaldare il pirografo, lo si appoggia sulla crepa e con dei movimenti alternativi si cerca di fondere le due parti in modo che la plastica quando si raffredda, unisce le due parti in modo stabile.  

Funziona...a patto che:

  • non si deve esagerare con la temperatura ed indugiare nei movimenti
  • non si deve premere troppo altrimenti si fora il pezzo

Con molta manualità ed esperienza su delle parti sacrificali, si riescono ad ottenere dei buoni risultati, meccanicamente parlando, considerando che questo coperchio è molto sottile. Per l'estetica è un altro discorso. Inevitabilmente si vengono a creare delle asperità. Queste sono livellabili con dei rapidissimi movimenti dell'utensile, appoggiando la punta piatta, cercando di spianare il più possibile. Per quanto si riesca a ridurre le asperità della saldatura, sarà comunque inevitabile "rovinare" le due parti assemblate. C'è poi il problema, in questo caso, della trasparenza della plastica.

Per esagerare si potrebbe procedere con dei passaggi a carta vetrata da 120 grit sino a 1000grit per poi lucidare la parte a specchio... comunque il crepo si vedrà, per cui arrangiamoci con saldatura e stop, basta che meccanicamente il coperchio tenga. Le riparazioni invisibili lasciamole ai giapponesi ed alle loro tecniche millenarie.

Questo porta vivande però, per come è fatto, ha un altro problema. Il tappo grigio, dotato di una guarnizione siliconica trasparente, non sta su e cade all'interno della ciotola bianca quando si richiude il coperchio... allora? nessun problema. si toglie la guarnizione ed attorno al tappo si incolla del nastro alluminio, quanto basta a creare lo spessore necessario ad allargare il diametro interno e garantire la tenuta. Fatto, funziona. Alla prossima.

P.S. la dispensa è chiusa. Ripeto: la dispensa è chiusa.

 

mercoledì 30 marzo 2022

Una rara bicicletta d'epoca (Bianchi - restauro)

Sono tempi davvero brutti ed il peggio deve ancora arrivare. Con l'aumento dei costi del carburante all'utente finale, con conseguente affollamento di ciclisti dell'ultimo minuto, è presumibile che ci sarà un aumento delle richieste di biciclette. All'aumentare della domanda consegue naturalmente un aumento degli utenti e di conseguenza dei furti (e degli incidenti), è statisticamente provato. Per le commissioni che devo svolgere sul territorio, che richiedono l'abbandono in strada del mezzo, in rastrelliere installate in posti nascosti (dove non intralciano ovviamente) è meglio girare con una bicicletta vecchia, scassata ed arrugginita, sperando nella fortuna di  imbattersi in quella tipologia di ladri che rubano solo biciclette di lusso, per dei poveracci disonesti che vorrebbero ma non possono. Purtroppo esistono anche delinquenti ed incivili che prendono la prima bici che gli capita a tiro, solo per uno spostamento e poi la abbandonano chissà dove. Sperare che i vigili poi pensino di adoperarsi per avvisare del ritrovamento è una vana speranza... figuriamoci. 

Ecco che allora per evitare di girare con la mia MTB attrezzata (che per me è come per gli altri l'automobile), mi viene in mente di dotarmi di un mezzo di trasporto quasi a costo zero, usa e getta, che se me la rubano non ci faccio poi una tragedia, anche se alle cose mi ci affeziono. L'occhio mi cade su una pila di vecchie bici, accatastate ad arrugginire per bene nel solito garage umido che accoglie il ciarpame riposto con l'idea di usarlo un domani, si sa mai... e così ci si dimentica di averlo. Non è stato un facile recupero, specie quando all'oggetto il proprietario associa ricordi che difficilmente è disposto a "cedere" o rinunciare. Alcuni modelli d'epoca sono stati trattenuti con l'idea di un restauro che non ci sarà mai, lasciando in pace la ruggine che nel frattempo, pazientemente, continuerà a fare il suo lavoro. Riesco a recuperare una Bianchi degli anni '60 /'70 un marchio storico, in condizioni pietose. Copertoni andati (ovviamente), sellino sfondato con la pelle rinsecchita, pastiglie dei freni inesistenti che si sbriciolano, ossido ovunque ed una tana per topolini dentro il carter. La bici mi serve abbastanza urgentemente, trovare i pezzi per mè e difficile e non ho molto tempo. Cerco allora un officina dove portare il mezzo e "restaurarlo" solo per ciò che serve per renderlo circolante. Trovare un riparatore di biciclette oggigiorno è davvero difficile. Alcuni trattano solo bici da corsa e mountain bike da 2000 euro in su, altri sono più accomodanti, pigliano di tutto, ma sono dei veri banditi disonesti (e pure nemmeno tanto bravi a fare il loro mestiere). Moltissimi hanno chiuso e proseguono l'attività a nero, a tempo perso, che ci tocca suonare il loro campanello di casa e se non ci conoscono nemmeno ci fanno entrare a casa loro (giustamente direi). 

Allora? cerco in rete e mi imbatto in alcuni artigiani che hanno copiato una mia vecchia idea che avevo messo in pratica. Se la montagna non va da maometto... l'officina mobile, un camper o un furgone attrezzato, parcheggiato un giorno fisso della settimana in un posto strategico di passaggio e gli altri giorni servizio a domicilio. Fantastico, viene lui, ritira il mezzo e lo riporta quando pronto. Affido la bici ad uno di questi e la rara bici Bianchi torna rimessa in sesto. Freni nuovi, sella d'epoca (Royal), gomme, cavi dei freni e manopole bianche. La ruggine l'abbiamo lasciata (è solo superficiale), solo una passata di abrasivo leggero (1000grit), che la patina di vecchio conferisce valore al manufatto (solo da voi in itaglia). Niente impianto elettrico (non la uso all'imbrunire o di notte), tanto la dinamo è esplosa, i fanalini distrutti...non vale la pena di spenderci altri soldi, altrimenti trovavo al supermercato quelle bici di cartone da 70 euro... no, no, a me serve un telaio che duri a lungo, molto a lungo... almeno per l'aspettativa di vita che ho davanti, vista l'età avanzata.

Per quello che manca vedrò pian piano se riuscirò a recuperare qualcosa o riparare degli accessori. Al mercatino dell'usato ogni tanto si trovano delle bancarelle con parti di vecchie bici.... il problema è che certi commercianti approfittatori propongono dei prezzi stellari, meglio di no nel mio caso, non devo spendere, non voglio spendere, non posso spendere. Alla prossima.     

P.S. bici=cici. Ripeto: bici=cici.

giovedì 30 luglio 2020

Pubblicità non gradita

Sono stato vittima di un "offerta" strepitosa, reclamizzata con un poster grande come un lenzuolo matrimoniale, posizionata strategicamente proprio alll'ingresso dell'ipermercato dei poveri, enfatizzata dalla presenza di una quantità industriale di bancali pieni di bottiglie dal contenuto accattivante... sto parlando di una bevanda. Sembrava succo di frutta, o meglio un mix di succhi, tipo mirtillo, mora e mela o melograno e lampone, per non citare zenzero, curcuma, limone e via dicendo nelle varie combinazioni. Per provare ne ho prese una per tipo, incuriosito. Scopro poi che in realtà è solo acqua aromatizzata, un "succo di frutta" diluito in dosi omeopatiche, vabbè... già questo mi ha indotto a desistere per futuri approvvigionamenti
Scioccamente la fretta mi ha intorpidito il cervello impedendomi di leggere gli ingredienti. Allora a casa mi siedo con calma, la mattina presto, ora della colazione che mi suggeriscono deve essere abbondante e che occorre reintegrare i liquidi con generosità. Leggo l'etichetta... "Azzera la sete"... prima menzogna... l'unica cosa che azzera la sete è l'acqua senza additivi, zuccheri o aromi vari che in realtà ne fanno venire di più (e questo i maghi maledetti del marketing lo sanno eccome).
Nel retro un avvertimento "ATTENZIONE! Questo prodotto è altamente dissetante"... c'è da crederci dato il messsaggio così ben enfatizzato?
Seguo le scritte con lo stesso font e trovo  la raccomandazione "SOLO CON INGREDIENTI DI ORIGINE NATURALE" il che lascia forse ad intendere che la concorrenza non sia così scrupolosa ed aggiunga ingredienti "artificiali", "sintetici", dieri quasi inorganici.
Scendo con l'occhio verso le tabelline in font clausola assicurativa, zero grassi, zero proteine, 2,4 grammi di carboidrati che comprendono 1,4 grammi di zucchero (della frutta) che danno alla fine facendo la sottrazione 1 grammo di carboidrati su un litro. ancora più sotto la scritta VEGANOK azienda 0895... approfondiremo cosa significa).
Più a destra sullo stesso piano gli ingredienti in 4 lingue, italiano, tedesco francese ed inglese. acqua, 20% di frutta ovvero per la tipologia "mirtillo mora e mela", succo di mela da succo concentrato al 12%, purea di mirtilli neri concentrata al 4%, purea di more neri concentrata al 4%, concentrato di carota nera e ribes nero (non citati in etichetta frontale), aromi naturali (quali non si sa) e 0,004grammi di sale. Se fossi allergico alla carota o al ribes sarei morto in quanto la bevanda viene pubblicizzata come contenente mirtillo mora e mela e mi aspetto che contenga SOLO mirtillo, mora e mela, non altre schifezze nascoste nel retro dell'etichetta.
Ma poi l'occhio mi cade su un area che avevo ignorato, preso più dalla voglia legittima di sapere cosa stavo bevendo, giusto per la MIA salute, mica per altro.
Leggo:
"Sul serio? Stai leggendo una bevanda?

Cioè stai leggendo una bevanda quando potresti leggere qualunque altra cosa o parlare con persone vere  o vedere comè la vita là fuori? Dai vai a viverla e, se non ti dispiace,  ci piacerebbe venire con te.

E se proprio non vuoi uscire, seguici sui social. Noi per te lo faremmo."
Seguono gli immancabili hashtag, per dare un piglio di modernità e strizzare l'occhiolino ai ggiòvani.

Mi chiado: chi è sto @#!!!%%!!one che si è inventato un uscita del genere? Sto @#!!!%%!!ino che si stupisce se mi metto a leggere gli ingredienti... forse dimentica che quella roba la devo bere io e che ci tengo a sapere cosa ingerisco? Forse ignora che del mio tempo decido io, delle mie priorità decido io, di cosa vale o meno fare lo decido io e solo io, senza imposizioni o suggerimenti idioti. 
Personalmente trovo anche il tempo per le alternative suggerite, ma mi irrita non poco che qualcuno me le proponga come sostitutive alla lettura degli ingredienti. Ho capito che mi stai vendendo dell'acqua aromatizzata ad un prezzo esorbitante (sempre "in offerta" però e qualcuno l'ha definito pure "superdrink"), ma il goffo tentativo di distrarmi dall'appprofondire cosa mi stai proponendo lo trovo veramente denigrante ed offensivo. Spero non sia stato un team di esperti di marketing a partorire questa uscita infelice. Spero non sia stato un AD strafatto di radicchio ad imporre un tale messaggio davvero idiota. Magari la colpa è della solita ultima ruota del carro. Magari la bevanda è destinata ad un target di età nella quale si è "spensierati" ma questo non giustifica. Giovani o vecchi, la cultura dell'approfondimento, la lettura degli ingredienti, la ricerca di cosa fa bene e cosa fa male, l'attenzione alla propria salute dovrebbe essere a mio avviso agevolata e promossa dalle aziende serie. Quelle aziende che in modo trasparente enfatizzano la caratteristiche peculiari del prodotto che reclamizzano, senza bisogno di aggiungere "senza glutine", senza olio di palma, senza litio, senza questo o quell'altro per distrarre su ciò che realmente c'è dentro il cibo o le bevande.
Fatto sta che quel messaggio è sbagliato, stupido, manipolatorio e come singolo consumatore non solo non acquisterò mai più quel prodotto, ma mi guarderò bene dall'aquistare qualsiasi prodotto di quell'azienda...FATWA!! per il resto della mia breve vita. Non sono un "influencer" ma già qualcuno l'ho convinto a seguirmi semplicemente dando il buon esempio e so che la cosa è contagiosa, pensateci.
Concludendo, giusto per non passare per il solito brontolone, propongo io un alternativa, più sana, ecologica, economica. Se proprio vogliamo aromatizzare l'acqua, basta fare degli infusi a freddo mettendoci dentro magari delle foglioline di menta, delle gocce di limone premuto, quanche goccia a piacere di un centrifugato preferito... magari alle stesse percentuali dell'etichetta o a piacere, come piace ad ognuno di noi, più libero di scegliere e libero da questi peracottari magnaschèi. alla prossima.

P.S. Piero ha risparmiato assai. Il pozzo è profondo. Ripeto: Piero ha risparmiato assai. Il pozzo è profondo.

mercoledì 20 maggio 2020

E-cig holder (DIY experiments)

Da un pò di tempo ho cambiato totalmente modello di e-cig, abbandonando definitvamente la serie EGo, causa atomizzatori fragili al minimo starnuto. Con il cambio però ho dovuto inventarmi un porta batterie nuovo, per tenere sempre appeso al collo il dispositivo. Già, tenerle in tasca nemmeno a parlarne, si riempiono di pelucchi e se ci si siede si rischia di spezzare il costosissimo inalatore salva vita. Nel taschino poi decisamente no, se ci si china la si fa cadere a terra. Per non parlare poi di appoggiarla da qualche parte... tempo un paio di distrazioni ed inizia la ricerca...oddio, dove l'ho appoggiata stavolta?. No, è tempo di organizzarsi e costruire un qualcosa che possa essere appeso al collo in modo da poterla avere sempre a portata di mano, anche in auto senza che finisca nel buco nero fra un sedile e l'altro, assieme a centinaia di oggetti smarriti irrimediabilmente (chiavi, bottoni, batterie, monetine, scontrini, gettoni del carrello della spesa, chewingum usati, preservativi, lenti a contatto,  ecc.ecc.).
Di soluzioni ce ne possono venire in mente tantissime, dipende da molti fattori:
  • materiali disponibili in casa,
  • dimensioni di contenitori precedentemente destinati ad altri usi,
  • colore del materiale,
  • rigidezza del supporto,
  • facilità di lavorazione,
  • attrezzi a disposizione
e via dicendo. Ma vediamo cosa mi è venuto in mente nel giro di una mezza giornata.

E-cig holder prototipo 1
Prototipo 1: Decido di partire con delle cinghie di nylon, recuperate da alcuni marsupi di quelli che si portano in vita e da una borsa griffata, passata di moda da molto tempo, l'importante è che sia materiale di recupero a cui dare nuova dignità.
Inizio intanto a crearmi un modellino di legno, di dimensioni leggermente più grandi del mio dispositivo, giusto per evitare di creare un vano troppo piccolo nel quale l'e-cig si infilerebbe con difficoltà. L'idea è quella di creare un supporto minimale, una specie di sacchetto aperto, che lasci spazio per il cavo di ricarica, per la finestrella del display ed il pulsante di accensione. Ovvio, è un lavoro su misura ma non prevedo di cambiare modello a breve. Per unire le striscie, uso dei ribattini forati, così posso farci passare il laccio in cui infilare la testa. Con un punzone si praticano i fori nelle posizioni volute e si crimpano i ribattini con l'apposita pinza... la pinza... ovviamente in materiale fragilissimo che si rompe appena si inizia ad usare il suo punzone incorporato della misura esatta calcolata sui ribattini in dotazione.

Il primo prototipo mi viene troppo grande e il dispositivo balla all'interno. Forse potrà essere adattato ad un altro modello di batteria più grande che usa la mia compagna. Con la mia no, rischio di perderla. Ne realizzo un altro, con alcune migliorie, con le dimensioni più accurate e la cosa sembra funzionare alla grande (sto eseguendo il collaudo sul campo e sembra andare bene).

Prototipo 2
: Poi, spinto dalla fantasia, provo ad usade del "pellame" recuperato da una borsetta scippata ad un anziana per strada (no dai, scherzo), anche se il colore non mi piace, così provo anche ad usare il lucido da scarpe..uno schifo, meglio di no. Per chiudere l'involucro penso al velcro come soluzione semplice, adattabile e regolabile. La tenuta dipenderà da quanto bene e stretta lo si avvolge attorno alla batteria essendo il fondo aperto...l'attrito ci darà una mano... mancano ancora i fori per display e pulsante, da eseguire su misura. Pare funzionare, a patto di cucire il velcro e non tentare, come fatto inizialmente, di incollarlo con la colla artiglio... tiene ma non abbastanza per l'uso quotidiano. In mancanza nell'hack lab di una macchina da cucire, questo modello è un work in progress, in attesa che vada presso un altro laboratorio segreto dove poter completare il lavoro.

Prototipo 3: Ma non mi fermo qui. Voglio qualcosa facile da realizzare e replicare, esteticamente carino da vedere, semplice da utilizzare, adattabile a millemila modelli di e-cig. Recupero il rivestimento nero della mia mitica valigetta 24ore, acquistata con immenso sacrificio (economico) più di trent'anni fa da studente sbarbato e squattrinato (oggi le cose sono cambiate, la barba mi cresce). Non è pelle ovviamente (magari) ma è morbida, nera, flessibile, resistente. Si parte da un rettangolo alto quanto la batteria e lungo "un pò meno" della circonferenza della batteria. Tutto attorno, a intervalli regolari si praticano i fori e si ribattono gli occhielli. Con un laccio da scarpe poi si chiude il tutto, compresa la parte inferiore. Ho usato la legatura incrociata ma in rete si trovano un infinità di tutorial su come allacciare le scarpe, con effetti estetici davvero interessanti. Si può poi usare la fantasia nello scegliere i colori dei lacci, essendo molto vasta l'offerta. Io uso quelli neri, rigorosamente usati e mai buttati (tanto lo sapevo che prima o poi tornavano utili)... meglio scegliere quelli lunghi da anfibi, presto si fa ad accorciarli.
Prototipo 4: ne ho in mente altre di soluzioni ma per ora mi fermo qui.
Ora sto cercando dove cavolo ho messo quelle palline a molla che servono a fermare i lacci... so di averle conservate ma non ricordo proprio dove cavolo le ho messe... al limite mi inventerò qualcosa di particolare, per ora... annodo.
Ok, alla fine sono soddisfatto. So che qualcuno copierà le mie idee e le farà proprie in cambio di inutilissimi like e so che qualcuno si metterà a produrre porta e-cig da collo, così come accaduto con le mascherine che tanto alimentano il loro mercato nero, alimentato da mille criceto-massaie, fortunate "possessrici"... "possessore"..."possedenti"... che possiedono una macchina da cucire, da troppo tempo riposta in cantina ed utilizzata pochissimo... se ve ne avanza una, vi prego buttatela che la vengo a prendere. Alla prossima.

P.S. la pantegana è nella fogna. Ripeto: la pantegana è nella fogna.

mercoledì 25 marzo 2020

Pietra domestica


"Hai scambiato il mio futuro con una pietra domestica?!!?" E fu così che alla mia veneranda età ho scoperto di non aver mai avuto una pietra domestica, per prendermene cura, darle da mangiare, educarla, insegnarle a nuotare... Poi scopro anche che non è una novità. C'è una spiegazione su wikipedia...pet rock... che tardone che sono. Scopro inoltre che il suo ideatore è diventato milionario, il che mi ha profondamente deluso in quanto, senza saperne nulla, stavo già pensando di produrle in serie e venderle io, ma sono arrivato tardi...peccato.
Fatto sta che sono a ridosso di un paio di compleanni speciali e non ho proprio il becco di un quattrino, quindi di comprarle già fatte... manco a parlarne. Così, ideona, decido di cercare una pietra domestica, speciale, unica, particolare, bellissimissima.
Un pomeriggio di una domenica, invernale ma assolata, quel tiepido sole che ti anticipa il profumo della primavera, ne approfitto per portare i cani, con la compagna, a passeggiare. La scelta della "lochèscion" ricade sul fiume che passa non lontano. Ci si avventura in mezzo ai rovi, dentro ai rami secchi del letto del fiume, fuori dai passaggi convenzionali, andandoci a ficcare dove non passa nessuno mai, dato che la morfologia del territorio cambia ad ogni piena ed a me non piace andare dove vanno tutti gli unani.
Sembrerà strano, ma fra milioni di sassi non è facile trovare quello giusto, quello speciale, da regalare col cuore. La pietra domestica non è per niente facile da trovare, deve essere lei a chiamarti quando passeggiando ci arrivi vicino, lei ti guarda e sembra dire "accudiscimi ti prego" "portami a casa tua"...  Fatto!... in realtà non me la sono sentita di lasciarne altre abbandonate sul greto del fiume, senza una casa calda ed accogliente... così ho preso mamma, papà, figli e nipotini... più una a forma di lumaca... in realtà la lumaca è dentro e devo solo tirarla fuori. 
Per le pietre domestiche portate a casa, ho costruito delle scatole di cartone per contenerle. Recupero dei vecchi porta riviste neri, taglio, piego, incollo et voilà, una bellissima scatola 1.0 col coperchio. Il fondo di paglia, un etichetta carina ed il regalo è pronto, un paio di giornate regalate volentieri. Non sarà una cosa glàm o griffata ma è sempre un regalo, unico, fatto a mano, di riciclo, spero gradito... potaaaaaa. Alla prossima, contagiosi!.

P.S. Paoli è in salita, Ruggero in piano. Ripeto: Paoli è in salita, Ruggero in piano  

sabato 7 marzo 2020

Scatole e contenitori fai da te

In un post precedente ho realizzato al volo un reggi-smartphone, utilizzando degli scarti di cartone. In realtà il grosso dell'attività si è concentrato nello sperimentare delle tecniche per la realizzazione di contenitori di cartone, delle scatole in grado di contenere tutta la minuteria domestica che altrimenti andrebbe smarrita. Sto parlando di tutti quegli oggettini che girano per casa e che inevitabilmente finiscono, nei casi più ottimistici, tutti assieme alla rinfusa sparpagliati nei cassetti. Di cosa sto parlando? Quale minuteria?: viti e vitine, elastici, pezzi di spago, interruttori, portalampade, guarnizioni per rubinetti, bottoni, inserti per cacciaviti, laccetti chiudi-sacchetti, tappi, batterie, fermacravatte, gemelli, monetine e spiccioli che i negozi ormai non accettano più, gettoni per il carrello della spesa, penne, matite, tasselli da muro, pennarelli, nastro adesivo, colla, soprammobili di m*rda utili solo a prendere polvere, calamite da frigo rotte, souvenir, cartoline, accendini, cuffiette e millemila altre paccottiglie, vado avanti?....
Per chi poi ha la passione per l'elettronica... a cui aggiungere una passione per il recupero ed il riuso... son dolori. Per trovare le cose quando servono, occorre riporle tutte in modo ordinato e coerente. 
Esistono in commercio dei porta minuterie di plastica con tanto di divisori fissi e/o mobili per le minuterie di casa, ma... costano parecchio, non si trova mai quello della misura giusta, non ce ne sono mai abbastanza di uguali ed ad ogni riordino del commerciante arrivano dei modelli diversi che male si impilano l'uno sopra l'altro. Per me che amo le cose tutte in ordine, è un incubo.
Una prima soluzione per risolvere agli inconvenienti di cui sopra, consiste nel recuperare le confezioni di cartone dei prodotti da supermercato (sapone, dentifricio, caffè, integratori, collutorio...) o dei medicinali o di qualsiasi prodotto, avendo cura di aprirli e girarli "il dentro per fuori", giusto per avere all'esterno un contenitore senza scritte colorate. 
Per molto tempo è stata la mia soluzione preferita, agevolata dal fatto che sono un consumatore abitudinario, ovvero, una volta trovato il prodotto che mi aggrada, tendo a ricomperarlo per moltissime volte, ritrovandomi con dei contenitori tutti uguali che alimentano il senso di ordine necessario al mio autismo. Quando voi vedete un rifiuto sotto forma di confezione, io vedo dei contenitori.
Il problema delle "scatole girate" è che spesso nell'aprirle, si strappano male (troppa colla), mentre nel migliore dei casi la nuova incollatura, oltre ad evidenziare il lato un pò strappato, non tiene a lungo, richiedendo altra colla od un rinforzo con un antiestetico nastro adesivo. Per ovviare a tutto ciò, si può pensare di realizzare una serie di template di cartone da piegare, così si risolve per sempre anche il problema delle dimensioni che, nelle scatole già fatte, non vanno mai bene al 100%.
La forma:  si parte da un pezzo unico da piegare ed incollare, uno per la scatola vera e propria e l'altro per il coperchio che si infila sulla sommità. In realtà, a vedere come sono realizzate le confezioni che ci passano per le mani, le soluzioni sono davvero tantissime, basta scegliere quella che più ci piace, copiarla e ridurre od aumentare le dimensioni a piacere, dipende da quanto grande è il cartone di partenza. Sto pensando di realizzarmi un software che agevoli la progettazione, il taglio e l'assemblaggio.
L'alternativa è creare un pezzettino per ogni lato, ne serviranno in tutto 6 (si pensi alle facce di un cubo) a coppie di dimensioni per i parallelepipedi (eh? parallelepipedo??)
Il materiale: Per la scelta del materiale poi c'è l'imbarazzo della scelta. Il cartone ondulato può andare bene, lo si trova in abbondanza anche nei cassonetti della carta da discarica (se il giorno prima non ha piovuto) anche se a volte un pò problematico da piegare esattamente dove si vuole. Se si desidera quello più spesso, senza anima ondulata, ma molto rigido (molto), si può optare per i raccoglitori ad anelli a copertina rigida (a volte coperti da plastica termosaldata ai bordi). Più rigido è e più "difficile" sarà piegarlo. Al limite si possono creare dei tagli a "V" in prossimità delle linee di piega. Il cartone lo si può trovare anche come fondo per le valigette 24ore, quelle più economiche che finiscono più spesso in discarica. Le cassette per la frutta offrono cartone ondulato molto resistente ma di dimensioni ridotte in quanto il fondo, spesso, è forato e quindi inutilizzabile per contenere minuterie.
Gli attrezzi: è sufficiente una forbice, ci si aiuta con un righello lungo ed una matita. Per una maggiore precisione si possono usare i taglierini a lama, le taglierine a ghigliottina (io ne ho rigenerata una tutta arrugginita che stava per essere gettata via), righello a squadra, goniometro, compasso...
La tecnica: Il problema è unire i bordi e tenerli assieme. Il materiale più facile e versatile è la termocolla. Permette un breve tempo di riposizionamento in caso di errori e non richiede tempi lunghi di assemblaggio rispetto alla colla. Serve una pistola per colla a caldo con il dispenser sottile e lungo, per arrivare anche nei posti meno agibili. Una volta piegato il cartone, lo si può eventualmente fermare con delle mollette da hobby o anche con quelle per il bucato. Per facilitare la piega a tre sponde può essere utile, con un punzone di diametro adeguato, effettuare un foro in coincidenza con le tre linee di piega (il foro poi verrà chiuso dalla piegatura e dallo spessore del cartone). Fermate le parti da incollare, si passa una volta con la termocolla e poi si ripassa con la punta della pistola (senza aggiungerne altra colla fusa) per "lisciare" il cordone, facendolo aderire un pò sulle superfici, ottenendo una cosa simile ad un cordone di saldatura MIG su due facce a 90°. Per le giunture a 90° è meglio usare dei supporti in 3D, qualcosa che tenga verticale, orizzontale ed in squadra le tre parti da unire (l'interno di un altra scatola più grande può essere perfetta. Altrimenti ci si costruisce una struttura, sempre di cartone, di riferimento campione... dai, un pò di fantasia ce la vogliamo mettere? Per i giunti "di testa"? sono quelli necessari quando si devono unire due pezzi (a 180°) che stanno su un piano...abbastanza rari, ma se si desidera spingere il recupero.... Se lo spessore del cartone lo permette, si spalma la colla su un bordo e poi si unisce tenendo le parti su un piano orizzontale (meglio uno specchio o vetro così non si corre il rischio che le parti restino incollate al piano di riferimento). Se l'operazione lo permette, meglio passare con una spatola molto calda per spianare il cordone di incollaggio e spalmarlo sulle superfici piane per aumentare la superficie di adesione. 
Per il coperchio si può optare per quello "ad infilare" di dimensioni leggermente più grandi della scatola da chiudere, o la soluzione "a cerniera". La cerniera altro non è che un pezzo di nastro adesivo, nastro isolante, nastro telato (bellissimo) o qualsiasi materiale flessibile che si possa attaccare al cartone senza dover impazzire. In teoria, per i più evoluti, dei micro rivetti a ribattere dovrebbero andare bene se il cartone è abbastanza rigido e compatto. Volendo si possono costruire anche i rinforzi per gli angoli (di cartone o di materiali diversi) e la chiusura, quest'ultima con simil pelle sottile, delle strisce velcro o delle micro calamite che si trovano nelle testine dei lettori CD e DVD.
L'interno delle scatole può essere suddiviso a piacere con delle strisce di cartone (ma anche la plastica sottile può andare, dipende da cosa si ha). 

Con un pò di fantasia, manualità, creatività si possono realizzare delle cose molto interessanti, a costo praticamente zero. Ora devo studiarmi come realizzarmi della termocolla fai da te... altro non è che plastica che fonde a basse temperature... parte la ricerca... he he he... alla prossima.

P.S. Giovanni dice All'alba vincerò. Ripeto: Giovanni dice All'alba vincerò.

lunedì 17 febbraio 2020

Acer Aspire 8930G repair

Un lavoretto facile facile, per me, ovvio ;-)  
Tempo fa, ho interrotto in extremis uno degli sport preferiti, praticati dai consumatori compulsivi... il lancio del portatile nel cassonetto del RAEE
Con mia sorpresa mi ritrovo per le mani un Acer Aspire 8930, non certo un PC da buttare, ancora ben quotato. Quad core, lettore di impronte, schermo di dimensioni generose per l'home teather, porta infrarossi, blue tooth, touch pad multimediale, Dolby ed altri accessori che lo promuovono al rango di "ancora sfruttabile" per qualche anno. I motivi della sua dismissione? Non pochi in realtà ma tutti risolvibili con poca spesa. 
  • La batteria ovviamente è andata ma si può fare senza. 
  • Alla tastiera mancano 5 tasti e per fortuna il ricambio si trova a poco, e poi il layout lo conosco a memoria, tanto che non mi servono nemmeno le serigrafie. 
  • Il lettore DVD sembra avere dei problemi ma lo si può sostituire senza difficoltà (è estraibile come una cartuccia) con qualcosa di usato. 
  • Uno dei due hard disk da 320Gb ha dei cluster guasti, basta toglierlo o trovarne uno anche usato, magari un paio da 1Tb ciascuno . 
Forse questo cumulo di piccoli problemi ha stuzzicato l'avidità del rivenditore che auto proclamatosi "consulente informatico" ha consigliato al facoltoso cliente babbeo l'acquisto del nuovo, con la solita motivazione... "conviene buttare e prenderne uno più aggiornato" (non dicono mai a chi conviene realmente). 
Il SO è winzozz 7 (aggiornabile gratuitamente a W10). Lasciamo perdere i dati memorizzati sui dischi... so di chi è e so una miriade di informazioni private che francamente poco mi interessano, per rispetto della privacy più che altro ma anche per onestà ed un senso etico professionale profondamente radicato... stavolta al cliente babbeo è andata bene.
Fatti due conti, vista anche la quotazione attuale ad oggi ancora "importante", essendo il modello di fascia medio alta, con meno di cento euro tutto compreso il portatile torna come nuovo. 
Ma io che ho il braccino corto (non è vero! sono solo povero!), lo uso così com'è, a spesa zero. Ho dovuto solo riparare un difetto alquanto fastidioso: lo spinotto di alimentazione ha dei problemi che spengono ad intermittenza il PC e nel bel mezzo di un installazione non è certo una bella cosa. 
Preoccupato di dover scomodare dei cinesi per un nuovo componente e sostituire il vecchio, procedo con smontare la copertura plastica (della spina) tenuta in sede da una sola vite. Il problema appare subito evidente: il cavo di massa è attaccato con lo sputo e solo lo spazio ridotto interno, accanto alle cerniere, permetteva di tenere il cavetto in contatto (instabile). Niente di complicato. Procedo con saldare il filo al suo posto ed anche questo difettino da poco è risolto "agratis". Bene. Ed ora? Ci installo la Kali 2020 di gennaio e tengo il PC come muletto, per le prove generali del mio piano di distruzione di massa dell'umanità (scherzo, lo devo dire per i tremebondi deboli di mente e per i servizi segreti che monitorano i miei scritti deliranti :-). 
Un grazie sincero all'imprenditore babbeo, fossero tutti come te...(e lo sono)... magari la prossima volta pensa di donarlo a chi ne ha davvero bisogno non certo per giocarci e ricordati di eliminare i dati... è un obbligo di legge, babbeo!.
Ok, anche questo è a posto, metto in pensione il muletto che ormai non ce la fa più nemmeno con LXDE (un Acer 5620...lo so... ne buttano un casino di Acer, chissà perchè) e procedo con altri progetti, presi da una todo list ormai infinita. Alla prossima.

P.S. Gianmario ha i denti blu. Ripeto: Gianmario ha i denti blu.

martedì 5 novembre 2019

5 lire del 1954

5 lire delfino del 1954
Rovista, rovista, ribalta, ribalta, sposta, accatasta, cerca di fare ordine del ciarpame che si accumula impulsivamente senza un apparente motivo... ed ecco che da una soffitta compare una scatola piena zeppa di monetine e banconote. Un classico. Sembra che l'accumulo di monete e più in generale di danaro sia una caratteristica dell'unanità che per paura del futuro, forse per mera prudenza e buon senso, spesso per avidità e mania di misurare le persone solo in base alle loro "ricchezze", accumula soldi e li nasconde nei posti più banali e scontati (soffitta, mattonella, materasso, vasi da fiori ecc...).... per non parlare di quelli che si dimenticano di averli messi da parte.
In questo caso, conoscendo il vecchio proprietario passato a miglior vita, si trattava solo di collezionismo, di un hobby, vista la sterminata vastità di tipologie di monetine provenienti da tutto il mondo... pezzetti di metallo e foglietti di carta variopinta che per convenzione ormai universalmente riconosciuta rappresentano una valutazione condivisa per lo scambio di beni e servizi. 
Preso dalla curiosità, complice la comparsa in questo periodo di alcuni articoli di giornale, mi faccio prendere dalla cupidigia di cercare la classica moneta rara, ambita dai collezionisti più attenti, magari la vecchia 10 lire del 1954 o la 5 lire uva del 1946/47 o del 1956 che pare valgano oltre i mille euro (cifra diversa da quella alla quale sono disposti a pagare certi collezionisti)
Da una rapida cernita (ancora in corso) non sono stato fortunatissimo e mi pare che non ho fatto il colpaccio che mi cambia la vita. 
Ho per ora trovato un "pezzo unico" (per me ovviamente), una 5 lire delfino del 1954, abbastanza comune essendo stata coniata in grandi tirature dal '51 al '55. in buone condizioni sembra valere oggi attorno agli 8 euro (alla faccia di quello che ne chiede 80€ spacciandola per "rara" e nemmeno Fior di Conio). Il guaio ora è trovare un compratore. I collezionisti non sono numerosi come la quantità di monete in circolazione e sicuramente avranno già un esemplare sicuramente in condizioni migliori del mio... ed allora? lo svendo a 4 euro, 1 euro? mi sa di no. Sto pensando, come sempre, ad un uso alternativo che lo possa valorizzare, magari assieme ai buoni da 1 lira, alle 500 lire d'argento (ne ho trovate un paio) ed a tutte le lire (anche di carta) che ho trovato nella scatola. Se valgono poco occorre valorizzarle e trovare un destino diverso, si fottano i collezionisti. Alla peggio fondo il blocco per recuperare la lega di alluminio e farci dei pomelli, delle maniglie o dei ganci, posso permettermelo di bruciare i soldi. Così facendo, riduco il numero di quelle in circolazione, aumentando il loro valore... ringraziatemi e mandatemi una ricompensa, stupidi ingrati. Se invece vi interessano... andate qui https://vecchiemonete.blogspot.com/2019/11/5-lire-delfino-dal-1955-al-1953.html
Per chiudere, mi ricordo quando ero veramente piccino, che c'è stato un periodo, attorno agli anni '60/'70, nel quale gli spiccioli erano quasi scomparsi dalla circolazione. Ai quei tempi hanno iniziato a girare i mini assegni ed il resto veniva convertito dai soliti commercianti disonesti in gettoni telefonici e caramelle dalle dubbie proprietà. A quei tempi con 10.000 lire si passava un weekend da sceicchi... altri tempi. Alla prossima. 

P.S. la volpe ha preso l'uva. Ripeto: la volpe ha preso l'uva.

P.P.S. interessato a monete di antiquariato a prezzi "umani"???
https://vecchiemonete.blogspot.com/ 

giovedì 25 luglio 2019

Termoconvettore ARDES mod.465 (AGAIN!!!)

No, ormai è diventata una questione di orgoglio, o me o te maledetto ciòttolo mal progettato. E' la terza volta che ci metto le mani ma l'intuito mi dice che non sarà l'ultima. Ne ho parlato nel 2013 https://sfogobenefico.blogspot.com/2013/06/termoconvettore-ardes-mod-465.html, poi nel 2017 https://sfogobenefico.blogspot.com/2017/11/termoconvettore-ardes-mod465-another-one.html ed ora mi ritrovo con l'ennesima rottura. Le precedenti riparazioni "provvisorie" vista la fragilità dell'apparecchio sono comunque durate più di 4 anni... di termoconvettori ne ho due uguali ma stavolta il guasto si è presentato contemporaneamente su entrambi ... stesso problema, i supporti del motore... mi sa che questi apparecchi si parlano fra di loro. 
Stavolta deciso di affrontare il problema alla radice: sostituzione (o meglio rifacimento) dei supporti. Qualche scarto di legno, tanto lavoro di fresatura per eliminare la struttura plastica, fiumi di colla epossidica, qualche vite autofilettante a mezzo filetto (per "tirare" i pezzi") ed alla fine vinco io, per ora. 
Non sono poche le difficoltà da affrontare. Innanzitutto occorre calcolare le misure adatte per tenere in asse il motore con la ventola tangenziale altrimenti si creano delle deformazioni ai supporti in gomma che sospendono le pale cilindriche e col tempo, per "fatica", corrono il rischio di rompersi ( ed alcuni segni di cedimento erano già stati affrontati tempo fa). Poi, irrigidendo il supporto si causerà inevitabilmente che le vibrazioni si scaricheranno da qualche altra parte. Sotto i supporti in legno è stata incollata ed avvitata una piastrina di alluminio... vedremo se l'idea è buona o meno col tempo e con l'uso prevalentemente invernale. 
Finisco il secondo ciòttolo e stiamo a vedere. Come step successivo, dato che non ho intenzione di mollare, ci sarà da rifare totalmente il case, in lamiera di alluminio battuto (che so fare anche il carrozziere battilamiera fra le tantissime cose che so fare). Staremo a vedere pezzo di plastica. alla prossima. 

P.S. testa di cocco e cuore di burro. Ripeto: testa di cocco e cuore di burro.

lunedì 8 luglio 2019

Accumulatori compulsivi ed unani

La caratteristica essenziale del disturbo da accumulo (Hoarding Disorder) è la persistente difficoltà di gettare via o separarsi dai propri beni, a prescindere dal loro valore reale.
Ho trovato questa definizione che mi ha incuriosito. E' noto che sono affetto, seppur in modo molto lieve, da questo "disturbo". Non so perchè poi sia un "disturbo" e per chi. Forse per coloro che conformati ed omologati in una società conformista si sono adeguati solo per obbedienza derivante dalla sindrome dello zerbino?  
Disturbo qualcuno quando conservo qualcosa che poi va riparato o restaurato o riciclato o trasformato o migliorato? Forse sì, sicuramente "disturbo" i mafiosi delle discariche o chi si arricchisce con il consumismo compulsivo altrui.  Forse il "disturbo" si manifesta quando si arriva al limite, ovvero quando si manifestano seri problemi di mobilità ed igiene, solo su questo posso essere d'accordo. 
Ma la cosa che più mi irrita è il riferimento al "valore reale". Chi ha deciso a quanto ammonta il "valore reale" degli oggetti accumulati??? Il valore reale è forse determinato dai soliti idioti che misurano la vita con il valore economico dei beni posseduti? Lasciamo stare il valore affettivo, che ha a che fare più con i bei ricordi . Parliamo del "valore reale"... che non ha alcun senso e che sicuramente è una stima estremamente soggettiva. Il valore di un oggetto è sempre soggettivo e non calcolato da un agenzia di rating o da un perito estimatore, il quale quest'ultimo lo fa sulla base di precisi criteri economici di mercato correlati al livello di corruzione personale. 
Ciò che è diventato MIO, l'oggetto sul quale vanto dei diritti di proprietà, che ho acquistato con i miei soldi, con il mio tempo e che non ho intenzione di vendere, ha un valore MIO, esclusivo, personale, privato, indiscutibile, insindacabile ed inopinabile. Io vedo cose che voi unani non potete vedere, in quanto unani dell'unanità (trad."umani ridotti").
Faccio un esempio così è più semplice e la semplicità è il pane degli unani sempliciotti. Prendiamo ad esempio un vecchio tagliaerba elettrico destinato alla discarica. L'unano vede un vecchio attrezzo che "funziona male" rispetto ad un nuovo modello nuovo di fabbrica con mille mila funzioni in più. L'unano nel vecchio vede solo difetti e motivi per disfarsene, e se ne disfa, io invece lo accumulo perchè vedo oltre. Vedo un motore da riutilizzare per altre funzioni, vedo una lama in acciaio che può diventare coltello, machete o altro attrezzo da taglio, vedo una fioriera, vedo un copri rubinetto esterno da giardino, vedo dei fili conduttori, vedo dadi e bulloni, vedo dei tubi in ferro da tagliare e saldare assieme per creare altri oggetti a costo zero per me e per l'ambiente, vedo il divertimento di trasformare, progettare, riutilizzare, risparmiare... quante cose si perde l'unano. Preferisco essere definito "disturbato" che apparentemente "sano" come un unano (per definizione diversamente sano). Alla prossima, ma anche no.

P.S. il ramarro è verde. ripeto: il ramarro è verde.

martedì 25 dicembre 2018

Regali alternativi (parte 1)

Come ogni anno, a dicembre, mi diverto a produrre i regali con le mie mani, con fantasia, creatività e voglia di boicottare l'industria del consumismo. Francamente trovo inappropriata, per una società che suole auto definirsi "civile", la frenesia senza senso negli acquisti di regali spesso poco graditi. Peggio ancora quando vedo le file davanti ai negozi dalle 18 di sera (con notte all'adiaccio) per l'apertura del giorno dopo alle ore 10, magari solo per un paio di scarpe griffate. Peggio ancora le zuffe al supermercato per accaparrarsi il prodotto scontato. Uno schifo. Se proprio si vuole regalare qualcosa, che venga dal cuore, conoscendo bene i desideri ed i gusti del destinatario, così sì è un gesto di affetto "tipico" di questa festività del caxo che vorrebbe celebrare la nascita del figlio dell'uomo invisibile e per un solo giorno sentirsi più "buoni".
Comunque... ad un paio di persone su questo pianeta ci tengo, per cui devo conciliare un saldo a zero (causa due maledette schifose che non mi hanno pagato) con l'obbligo sociale di ricambiare la brutta abitudine degli unani di mettere a disagio chi i regali, per ricambiare il gesto, non se li può permettere proprio. 
Alcune assi da dei vecchi bancali destinati alla discarica, una vite di ottone proveniente da un mobile distrutto, un lamierino di ottone trovato a terra e completamente ossidato... poche ore di manualità sottratte ad altri impegni inderogabili ed il regalo è fatto... stupendo. Due cavalletti porta foto o porta ricette in cucina o perchè no per dipingere delle tele con colori ad olio o acquerelli... lasciate libero sfogo alla vostra fantasia, sempre. Alla prossima.

martedì 31 luglio 2018

Manico nuovo e tornio KO

Non vedevo l'ora di provare il nuovo tornio da legno che ho realizzato nei ritagli di tempo libero, utilizzando materiale che per altri è "di scarto". Oggi ho ricostruito due manici per due raspe da legno, uno per una limetta triangolare e l'ultimo per un traccino da falegname che uso per segnare i punti di taglio (anche nel metallo) o gli incastri a coda di rondine che mi piacciono tantissimo.
L'ultimo perchè l'alimentatore, collegato al motore in cc da 48 volts 6A, ha tirato le cuoia. Mi sa che sotto sforzo l'assorbimento prolungato ha sovraccaricato l'alimentatore, facendo saltare il fusibile interno e sicuramente qualche altro componente...pazienza, vedrò se si può riparare. 
Il manico non è terminato purtroppo. E' leggermente più grosso dell'originale, manca il mordente per il colore scuro, manca la finitura a carta vetrata e cera d'api per renderlo lucido ed impermeabile....faremo a mano dai.
Per il ferrulo ho utilizzato un tappo da 16, di rame, di quelli usati per gli impianti idraulici, giusto per una finitura "elegante" ed anche perchè ad utilizzare i tubi aperti mi resta scoperta la parte terminale (è solo un problema estetico). Legno utilizzato? Nocciòlo, mi avanzava un ramo, messo da parte proprio per questo scopo. Dovrebbe essere duro abbastanza per resistere anche a lavori "pesanti".
Ora, per il tornio, sto pensando di tornare all'idea originaria, ma migliorata, ovvero di utilizzare, al posto del motore, un trapano. Dovrò solo creare un supporto ed una contropunta adatta, che spinga il pezzo in direzione del mandrino, facendolo così lavorare in pressione (è un trapano) e sperando di attenuare le vibrazioni, vedremo. Per ora mi fermo un pò che sono sudato, e stanco per la canicola. Alla prossima.

P.S. a nord di Belgrado si respira, due per due fa quattro. Ripeto: a nord di Belgrado si respira, due per due fa quattro. 

lunedì 16 luglio 2018

Stevia in polvere (DIY fai da te)


Un paio di piantine di stevia che superano miracolosamente l'inverno (sembravano morte ad inizio primavera) ed una germogliazione rigogliosa... da non credere. Sono bastate esposizione al sole e innaffiature regolari. Cresciute oltre il limite del loro vaso ho dovuto potarle quasi a raso e mi ritrovo con quasi mezzo kilo di foglie di stevia. Masticate a crudo, ancora verdi, lasciano in bocca un buonissimo sapore dolce, con un fondo di liquiriza. Un paio di foglioline e passa subito quel languorino pre-pasto che ci dirotta sempre verso l'aperitivo con salatini od altre schifezze. Sono un dolcificante potentissimo (e buonissimo per me).
Decido allora di trasformarle come dolcificante da usare al posto dello zucchero. Ma dato che non posseggo un impianto idustriale per raffinarla e portarla allo stato bianco cristallino (e dio solo sa che schifezze di processi utilizzano), mi basta polverizzarla ed usarla "tal quale", un pò come lo zucchero di canna grezzo (non quello marrone col caramello che fa da colorante).
Il procedimento è semplicissimo e prevede solo poche fasi:
  • potatura
  • essiccazione delle foglie
  • micronizzazione 
Potatura: gli steli di stevia si diramano un pò come le piante dei pomodori. In prossimità di una coppia di foglie si diramano due rametti. Basta tagliare appena sopra e la piantina col tempo diventerà più folta. Potare all'alba.
Essiccazione: si sceglie per il metodo naturale o forzato. Il primo prevede il raggruppamento dei rametti legati a testa in giù o distesi sparpagliati su un ampio piano, che verranno esposti al sole. Il secondo prevede l'uso di un essiccatore a torre e 8-12 ore di energia elettrica, possibilmente proveniente dai pannelli solari (così la stevia diventa più buona). L'importante è che sia ben essiccata e croccante da polverizzarsi con le mani. L'essiccazione appena dopo colte le foglie conserva meglio il colore verde che tende a diventare un pò più scuro con il metodo di essiccazione all'aria. Di quale sia il metodo migliore non ne ho idea.
Micronizzazione: ovvvero riduzione in polvere sottilissima, per evitare di veder galleggiare sul caffè dei pezzettini di foglioline. Basta un buon tritatutto, con le lame affilatissime, affilate a pietra 8000grit o più poi lappate con la pasta diamantata. Occhio ad usare un buon sminuzzatore a tenuta stagna, altrimenti la polverina verde micronizzata vi trasformerà presto in un ramarro.
Con un passino delle dimensioni desiderate si ottiene la "grana" desiderata. Quello che resta (rametti duri) io l'ho buttato (ma ne resta davvero poco

Costo totale? Praticamente zero. 

False controindicazioni: Ad alcuni puristi del gusto ma divoratori di zucchero, ed obesi come balene, non piace il retrogusto della stevia grezza, che assomiglia un pò alla liquiriza e va inevitabilmente ad alterare il gusto della bevanda che si intende dolcificare. In realtà anche lo zucchero altera il sapore ma ci siamo abituati. Dopo un pò che si usa la stevia naturale non ci si accorge nemmeno. Personalmente a me non dispiace (de gustibus), anzi, rafforza il caffè appena macinato. Piace anche sapere cosa sto ingerendo...foglie tritate (bio-compatibili), non certo della polverina bianca trattata non si sa bene con cosa, a che percentuali e soprattutto come, alla faccia dei segreti industriali. Volete tenere segreto il metodo di raffinazione e gli additivi? nessun problema, noi non si compra e tenetevelo per voi. Alla prossima.

P.S. Il protocollo si è rotto. L'etichetta è bianca. Ripeto: Il protocollo si è rotto. L'etichetta è bianca.

lunedì 9 aprile 2018

E-cig fai da te (parte 21 rigenerare i justfog)

Ero felice per il gesto ma un pò preoccupato, quando mi hanno regalato a Natale un atomizzatore  Justfog P14A.... o cartomizer o vaporizer o clearomizer... boh, ormai con i nomi non ci capisco più nulla essendo usciti un infinità di modelli e marchi da quando 18 anni fa ho iniziato, fra i primi, all'epoca derisi pionieri, a svapare per smettere di fumare. 
La preoccupazione era la spesa per gli atomizzatori di ricambio. Ogni atomizzatore Justfog di ricambio venduto dal tabacchino di zona (un cretino sapientone maleducato e scorbutico) mi sarebbe costato 4 euro... eh? possibile? 
Fosse che durano anche una settimana, nella migliore delle ipotesi... 16 euro al mese... circa 200 euro l'anno... no no no, così non va bene. Allora...una rapida ricerca in rete e gli stessi identici atomizzatori si trovano a 99 centesimi l'uno... 50 euri l'anno... ancora troppo però. Preferisco risparmiare ed ecco che inizio a pensare come poter rigenerare più o meno come facevo con i Phantom ai quali cambiavo solo lo "stoppino". 
Gli atomizzatori Justfog sono apribili e smontabili credo un numero limitato di volte. Occorre infatti far "saltare" il coperchietto ad incastro che si trova sulla sommità, dalla parte dove esce il vapore, dove si trova la piccola guarnizione cilindrica nera o rossa. E' sufficiente infilare un perno e fare leva. Non so quante volte si potrà fare affidamento sull'incastro a scatto... togli e metti, togli e metti... boh.
Tolto il coperchietto, si nota l'interno formato da una scodellina ceramica attorno alla quale c'è una strisciolina di cotone. All'interno della scodella vediamo la resistenza, i cui terminali sono infilati verso la parte che si avvita all'adattatore, dove si nota una piccola guarnizione isolante bianca. Con le unghie si toglie il contatto centrale, una specie di chiodino, si toglie la guarnizione isolante e si infila un perno per spingere fuori la resistenza avvolta attorno a del cotone (e probabilmente le solite incrostazioni alle quali siamo abituati). 
Il cotone avvolto attorno alla scodella preferisco lasciarlo dov'è e procedere ad un abbondante lavaggio ad ultrasuoni in acqua distillata... niente sgrassanti o altri prodotti. 
Con una punta di trapano da 2mm (o un attrezzino apposito a scalini per vari diametri) si avvolge il filo resistivo del valore desiderato (1,3 - 1,5 - 1,7 ohm dipende da cosa si preferisce e da cosa si trova in rete) . 
Il filo resistivo deve essere quello NR-R-NR. In pratica è una resistenza con i terminali finali più spessi, che non diventano incandescenti contrariamente al tratto centrale che andrà a costituire la parte che vaporizza il liquido usato... in questo modo il calore si concentra solo nella scodella ceramica e non verso i contatti. 
Una volta avvolto il filo, ci si infila del cotone idrofilo e si tagliano le estremità con un tronchesino di precisione. Meglio lasciare il cotone un pò fuffoso, soffice, per permettergli meglio di assorbire per capillarità il liquido. 
Poi si prendono i due terminali e li si infilano dentro l'alloggiamento, avendo cura di separarli con la guarnizione bianca che andrà quest'ultima rimessa dov'era. In pratica un capo della resistenza è a contatto con il chiodino centrale, l'altro capo con il corpo metallico. Prima di tagliare i fili in eccesso, con un tester si misura la resistenza (attorno ai 2 ohm circa) per verificare di non aver fatto un cortocircuito con il chiodino. 
Alla fine si fa scattare il coperchietto tolto per primo, con una pinza, e l'atomizzatore torna come nuovo. Ecco alcune foto in sequenza:

Spesa totale? 100 resistenze credo di averle pagate poco più di 3 dollari (Kanthal Nichrome Pre-made Welded Wires - NR-R-NR )... ne ho prese 500 da 1,7 ohm... così si ragiona. 
Alcune accortezze, giusto per rispondere ai soliti dementi da forum in pieno delirio da onniscenza. Io uso il cotone idrofilo quello in confezione da farmacia, non quello "organico", "bio", "giapponese", "non trattato"... il mio è sterile, costa meno ed è quello che mi basta. Tutto il resto sono solo argomenti da imbecilli convinti di essere più sapienti degli altri (e guai a contraddirli... mai dare da mangiare ai trolls). Il cotone ha un unico inconveniente... brucia... per cui non va mai usato senza liquidi (uno lo sa e ci sta attento). Se poi, per non pensare, si preferisce la mesh ossidata, il silica whick ed altre porcherie... siete liberi di mettervi in bocca quello che vi pare e buttare i vostri risparmi come vi pare, poveracci. 
Questo modello di atomizzatore, rispetto a ciò che usavo io... "è più meglio"? Pare di si. Non ha il problema della condensa e la rigenerazione è decisamente più facile e rapida rispetto ai phantom. Poco importa se sono nati come usa e getta. Se si possono rigenerare lo stesso tanto meglio. Devo dire che a me non piace cambiare modello di atomizzatore in quanto una volta che mi attrezzo per la rigenerazione non voglio altre attrezzature ad ingombrare il laboratorio. Ora per un pò andrò avanti con questi e chissenefrega se c'è "di meglio". A me basta spendere poco, spippettare in santa pace e produrre meno rifiuti. Poche ciance, tanta ciccia.
Alla prossima.

P.S. il pollo è crudo. Ripeto: il pollo è crudo

giovedì 8 marzo 2018

De Longhi espresso ECO310.V (Rigenerazione totale)

Pulizie di primavera e si inizia dalla macchinetta del caffè, ovvero il prezioso nettare indispensabile alla sopravvivenza umana, oltre che diritto fondamentale dell'umanità. In verità ho dovuto mettere le mani sulla mia DeLonghi ECO310V  per un problema di pompa (già ne parlavo a marzo 2015, tre anni fa). La macchinetta ha iniziato a fare un rumore diverso dal solito, ma non esce nulla. Urge riparazione. Con l'occasione ne approfitto anche per un disassemblaggio totale, già che ci sono, per ingegnerizzare lo schema elettrico e lo schema idraulico e per una super mega ultra iper decalcificazione. 
Le operazioni di smontaggio sono abbastanza agevoli ed a non saper nè leggere nè scrivere, si procede con allentare tutte le viti a vista, con calma, catalogandole in una vaschetta a scomparti con un foglietto sottomano ove annotare la loro posizione. Se si ordinano i ricambi in rete, potrebbe accadere che i tempi di attesa affievoliscano la memoria e si rischia di dimenticare cosa avvitare e dove posizionare le viti.
Può essere utile avere sottomano l'esploso del prodotto, che elenca nei minimi dettagli ogni parte che lo compone ed agevola notevolmente lo smontaggio.


Si parte dal coperchio, poi l'interno, la base, per estrarre tutto il gruppo caldaia/pompa + pulsantiera. Tutto è smontabile ai minimi termini.
Vediamo pezzo per pezzo i componenti:
La pompa: ULKA Model E Type EP5 230V 50Hz 48Watt è sorretta da due alette di gomma e poggia su un piedino pure lui di gomma solidale ad un supporto in lamierino metallico che fa da base di appoggio anche per la caldaia. Per sfilare i tubicini di silicone che portano l'acqua dal serbatoio non si deve tirarli sperando si sfilino (in realtà tirando si strozzano e si rischia di strapparli). Occorre spingerli dalla parte terminale verso l'esterno. 
Questa pompa ha anche un diodo al suo interno (ne ignoro la funzionalità) ma il collegamento dei due fili non è critico (si possono anche invertire). A volte il problema che si presenta con queste pompe è dovuto a formazioni di calcare che si possono sciogliere in aceto o acido citrico. Ci si accorge quando vibrano poco indicando il pistone poco libero di muoversi (bisogna avere orecchio anche per questo).  Raramente (mooolto raramente) si rompono per usura. Sono di una semplicità meccanica disarmante e molto spesso (ripeto:MOLTO SPESSO) il problema non è la pompa ma la caldaia intasata di calcare responsabile del caffè che esce a stento. Ho comunque preferito sostituire. Casomai se riesco a ripararla la tengo di scorta, si sa mai che in altri progetti la possa recuperare.

Il filtro anti impurità: è un bene smontare tutto completamente, per rendersi conto se ci sono ulteriori componenti da sostituire. Nel mio caso il filtro anti impurità presenta delle caccole nere al suo interno e va sostituito con uno nuovo. Ha la funzione di impedire che eventuali corpi estranei (zanzare, polvere...),  eventualmente finiti nel serbatoio vadano nella caldaia dalla quale non potrebbero più uscire (od otturarla definitivamente)... berresti il caffè la cui acqua è passata attraverso un filtro sporco?
La guarnizione porta filtro: si toglie il filtrino metallico e si toglie pure la caldaia per farla uscire. Date le sue dimensioni generose, è difficile che la guarnizione si usuri facilmente, ovvero dura un casino, più di altre marche. Ad ogni modo, dato anche il suo costo irrisorio (2/3 euro), con l'occasione la si sostituisce. La guarnizione è appoggiata su uno strato di kapton resistente alle alte temperature che la separa dalla caldaia in acciaio inox. E' uno strato giallo/arancione e non va rimosso per nessun motivo.  Il filtrino metallico va lavato e spillato (con uno spillo) controllando controluce che sia perfetto.
La caldaia: è in acciaio inox e non sembra apribile per un ispezione interna...peccato davvero. Se si guasta la resistenza occorre cercare il pezzo intero (e non so se si trova). Vedremo di decalcificarla con acido citrico (1 euro) o con qualche prodotto specifico ( 17 euro... che contiene acido citrico il più delle volte). Meglio ripetere di non rimuovere la parte arancione dove si poggia la guarnizione del porta filtro. Già che ci siamo... svuotiamola, così verifichiamo se è bloccata e piena di calcare. Si apre la valvola del vapore e si lascia uscire l'acqua dal tubicino di mandata che era attaccato alla valvola antigoccia. Magari, raccogliendola in un bicchiere...vedrete se presenta dei sassolini bianchi per non parlare del colore giallino torbido. Shakerate per bene e svuotate ancora. Nel mio caso ho dovuto infilare un sottilissimo fil di ferro nel tubicino di mandata per disotturarlo. A vedere le condizioni dell'acqua all'interno della caldaia (ed il colore giallino torbidissimo) fa venire la voglia di decalcificarla una volta al mese.
Il porta filtro: va aperto e pulito per bene. Non credevo all'interno fosse ridotto così. Il peso artificiale nel manico... unico neo... forse era il caso di ricoprirlo o verniciarlo per impedire la ruggine. Togliere la ruggine, passarci del Ferox e verniciarlo per bene (una volta per sempre). Anche delle viti inox non sarebbero male.  Secondo alcune scuole di pensiero (la moka non va mai lavata all'interno dove si raccoglie il caffè) si potrebbe evitare di lavare il percorso che porta il caffè nei due scoli. Io preferisco pulire senza esagerare troppo, senza grattare la plastica, con uno spazzolino da denti (non lo buttate in discarica lo spazzolino usato vero?).
Il fusibile termico: è progettato per interrompere l'alimentazione alla caldaia in caso di eccessivo surriscaldamento ed è inserito dentro un tubicino di plastica poi posto a contatto con la caldaia tramite un aletta di acciaio che fissa anche i due interruttori termici. E' un fusibile...una volta fuso bisogna sostituirlo.
Il suo valore di intervento al momento non lo so, ho preferito lasciarlo al suo posto in quanto non ho la pasta termica adatta da inserire sotto gli interruttori termici. Se salta il fusibile termico, l'effetto sarà la spia di accensione accesa ma la caldaia non scalda manco a picchiarla. Nella sostituzione bisogna evitare di usare lo stagnatore per collegare quello nuovo (è un fusibile termico! non lo si deve scaldare!!). Ci si deve procurare una mini puntatrice per i contatti a saldare (vedremo di costruircene una in futuro)
Interruttori termici: ce ne sono due, normalmente chiusi, segnati nello schema come TH1 e TH2. TH1 è quello del caffè,  responsabile si staccare la caldaia al raggiungimento di 105° (valore nominale, temperatura dell'acqua per fare il caffè), mentre TH2 sarà quello che stacca la caldaia per il vapore del cappuccinatore o montalatte come lo chiamano in giro (120° valore nominale). I valori nominali sono indicativi, desunti dalla scarsa documentazione presente in rete. Francamente c'è una cosa che non mi è chiara. L'acqua bolle a 100° a livello del mare. Qualche grado in meno in montagna... perchè 105°?? si vuole far bollire l'acqua dentro la caldaia? e perchè il vapore a 120°?? Forse questi valori non sono corretti o forse le tolleranze, o forse la trasmissione del calore all'esterno...boh.
Ciò che fa testo è il valore stampigliato nel componente. Attenzione nella sostituzione con interruttori che devono avere lo stesso valore, oltre ad utilizzare correttamente la pasta termo conduttiva.
Lo schema elettrico:  me lo sono ricavato seguendo uno ad uno i fili elettrici (non ho controllato se è corretto al 100%). Questo modello non ha parti elettroniche al suo interno e pertanto: meno possibilità di guasti e maggior semplicità nella manutenzione.
Non è difficile da capire. Il pulsante on/off accende la spia indipendentemente dallo stato del fusibile termico (secondo me andava attaccata dopo). La spia che indica il raggiungimento della temperatura si accende solo quando si apre  TH1.  Il pulsante del caffè ovviamente accende la pompa dell'acqua. Quello del vapore accende la spia relativa e si mette sempre chiuso al posto di TH1, in serie a TH2 (termico del vapore) che stacca la resistenza della caldaia al raggiungimento della temperatura di intervento.
Le parti di plastica ed il supporto di metallo: il tutto va messo a bagno in una bacinella grande, con tanto sgrassatore. Al termine, se necessario, un bagnetto nell'anti calcare per la base dove si incastra il serbatoio. Se serve, una buona spazzolata a setole morbide per rimuovere meglio eventuali incrostazioni di caffè o altro. Per gli angoli più annidati, si passa un pennello imbevuto nel viakal puro (funziona da dio) e si sciacqua. Il serbatoio trasparente va riempito di acqua bollente con diluito un pò di anticalcare e si lascia una notte a riposare (torna lucido come nuovo).

Il circuito idraulico:  può essere interessante capire il percorso dell'acqua, giusto per capire dove di ferma in caso di otturazioni ed individuare il colpevole...filtro, caldaia o pompa? E' semplice ma c'è sempre qualcuno che si perde nei ragionamenti e nei commenti fa delle domande un pò sciocche.  Basta sezionare i tubicini e vedere dove si ferma l'acqua (di solito in caldaia).

Ed ora parliamo di soldi dai. Oggi quanto costa questo modello? Dal sito ufficiale del produttore ho trovato una tabellina:

La tabella la dice lunga sui ricarichi dei rivenditori. E quanto verrebbe a costare una rigenerazione totale e con sostituzione di pompa e filtro? In negozio credo molto di più del suo valore attuale. Farlo a tempo perso per hobby ?... a parte il costo puro dei ricambi e dei prodotti usati servono minimo 3 ore (smontaggio, lavaggio, sostituzione, rimontaggio, decalcificazione) non costa nulla (se non il tempo) a farsi il lavoro in casa. E' un operazione alla portata di quasi tutti (per chi ci è portato ovviamente) ma la soddisfazione personale è alle stelle.
Per finire una "recensione" gratuita, non prezzolata, inutile, personale, soggettiva, opinabile: non lo faccio mai (anzi semmai il contrario) ma stavolta devo congratularmi con il progettista, pur in presenza di alcuni margini di miglioramento.
Questo modello ha dei pregi quali: la sua semplicità tecnica, zero elettronica e la possibilità di essere completamente disassemblata per manutenzione o per una pulizia a fondo. Le equazioni sono:
Più semplice = meno componenti che si possono rompere. 
Più smontabile = componenti da sostituire più piccoli e quindi meno costosi. 
Un ciclo decalcificante ogni 250/300 caffè è d'obbligo per farla durare a lungo (ma la frequenza è fortemente condizionata dalla durezza dell'acqua di zona). Con queste macchinette del caffè è IMPERATIVO decalcificare spesso. Ma il caffè lo fa buono? dipende dalla polvere usata, testina. Alla prossima.

P.S. Renato è tornato. Ripeto: Renato è tornato.